Questo volume collettivo, scaturito dall’occasione di una conferenza parigina nel 2009, affronta un tema complesso ed intricato, quello dei rapporti tra logica e dialettica. Mentre la dialettica si presenta con un nome lessicale, dialektiké, sin da Socrate e Platone, un corrispettivo nome lessicale per la logica comparirà solo con Aristotele, come impresa analitica, e poi con gli Stoici che coniano la parola logica; tuttavia, se si guarda alla questione in una prospettiva neoplatonica, è difficile pensare a Platone senza evocare la categoria della logica. I curatori del volume osservano che la logica si enuclea quando le regole del ragionamento si staccano dalla forma dialogica, e dal contenuto concreto degli argomenti: in questo senso, aggiungo io, la logica formale, espressa in un linguaggio simbolico oppure in un linguaggio semi-simbolico (in parte naturale, in parte simbolico), si dissocia dall’ontologia, ossia pretende la sua validità indipendentemente dalle ipotesi ontologiche di ciascuno. Sin dalla definizione dell’implicazione – l’operatore logico equivalente al «Se …, allora …»- la logica classica si separa dall’ontologia, tanto che sin dagli Stoici si fa strada l’idea che quella definizione – la sua tabella di verità per dirla alla Wittgenstein – sia insoddisfacente, ed occorra un’altra definizione di implicazione che soddisfi le nostre intuizioni logiche. Lukasiewicz osservava che la logica degli Stoici è una logica delle variabili proposizionali associata a regole di implicazione, mentre quella aristotelica è una logica dei termini, simbolizzati nelle variabili, associata ad una costruzione assiomatica sillogistica – la tesi è contestata, ma a me pare che Lukasiewicz abbia sempre la capacità di cogliere l’essenziale. Nel volume recensito, a p. 15, si cita un contributo di John Corcoran, Aristotle’s Natural Deduction System, apparso in Ancient Logic and Its Modern Interpretation, Reidel 1974, che contesta la lettura di Lukasiewicz: per ricostruire appieno il dibattito storiografico, Corcoran va letto insieme a Mary Mulhern, Corcoran on Aristotle’s Logical Theory, che lo segue, e ne smussa giudizi troppo drastici, nello stesso volume del 1974. Ma mentre la logica separata da ogni ontologia aspira immediatamente all’universalità, grazie, se mi si passa l’anglicismo, all’irrilevanza dell’implicazione logica, la logica unita ad una ontologia, ossia una logica rilevante, genera problemi di non poco conto, anche se ha subito soddisfacenti sistemazioni formali nel secolo scorso sino ai giorni nostri. La logica formale è sempre un possibile strumento della filosofia, ma nella prospettiva in cui la logica rimanda ad una opzione ontologica la logica deve dotarsi di uno strumento che assicuri questo collegamento. In questo senso, la dialettica si candida ad essere una parte specifica della logica, con lo sguardo rivolto all’ontologia.
I contributi sono numerosi: Francis Wolff si interroga sulla portata generale della dialettica, e le sue considerazioni sulla contraddizione sono pregnanti. La contraddizione si gioca nella relazione tra i due parlanti, e nella relazione che le strategie argomentative hanno all’interno del discorso di chi replica. Nell’argomentazione dialettica ci si colloca in un terreno intermedio tra l’argomentazione retorica e la dimostrazione scientifica: la contraddizione, infatti, vi gioca un ruolo procedurale come nella retorica (parte da premesse opinabili), e un ruolo formale come nelle scienze (cerca la verità, non l’accordo). Le contraddizioni nel discorso retorico non possono essere eliminate una volta per tutte, mentre è proprio quello che accade nel discorso delle scienze: la dialettica sta tra questi due poli. Michel Narcy colloca lo stesso spazio di riflessioni nel contesto del Gorgia, e ci offre una utile introduzione al cuore significante di questo dialogo tra felicità e giustizia. Michel Gourinat affronta il tema della divisione, della diairesis, e la associa strettamente alla pratica della definizione, una associazione che fa giungere sino a Proclo quando commenta il Parmenide. Sullo stesso tema della divisione, Dimitri El Murr cerca di produrre uno spostamento di prospettiva storiografica, interrogandosi non tanto su quale sia l’oggetto della divisione platonica, quanto su come essa operi nei suoi passaggi procedurali che si pongono in una tensione finale che deve essere esplorata e analiticamente compresa.
Louis-André Dorion affronta il tema del progressivo indebolimento della tecnica della refutazione, dell’ elenchos, nei dialoghi platonici, a partire dalla sua formulazione nell’ Apologia di Socrate sino alla quasi-disparizione nella Repubblica; si tratta di una prospettiva importante, perché si collega all’importanza sempre più centrale della teoria delle Idee nella costruzione argomentativa platonica, ma anche di un ripensamento delle conseguenze della pragmatica di questa strategia della refutazione, che corrompe chi vi viene in contatto (cf. pp. 49-64), con una fluttuazione significativa nell’atteggiamento di Platone verso l’ elenchos. Il tema non è nuovo in storiografia (Vlastos se ne è occupato lungamente) ma Dorion si sofferma su un passaggio specifico della Repubblica che costituisce una sensibile integrazione al dibattito storiografico.
Con Jonathan Barnes ci trasferiamo nello spazio aristotelico, con un tema, quello dei sillogismi dialettici, trattato magistralmente e con precisione, fonte di preziosi spunti per l’antichista. La sua conclusione è draconiana: i sillogismi dialettici non hanno alcuna importanza per i principi della scienza, e la dialettica non ha per Aristotele alcuna importanza per la filosofia. Se hanno importanza, accade solo perché partono da premesse vere, non già perché sono dialettici. Christof Rapp analizza la coppia dialettica-logica sotto la lente della retorica, e Cristina Viano si occupa degli endoxa, un tema trattato con acribia, e che altri autori come Enrico Berti in altra sede hanno spesso trattato sotto il segno dei diritti fondamentali dell’uomo (per esempio, E. Berti, Incontri con la filosofia contemporanea, Pistoia 1978, pp. 255-256). Anche Juliette Lemaire si intrattiene con il rapporto tra sintassi e semantica, dato che il termine logikos è correntemente tradotto con “dialettico” in Aristotele, sebbene egli disponga del termine greco dialektikos : ne consegue un’analisi utile per la conversione della semantica del termine logikos in Aristotele. Annamaria Schiaparelli affronta il tema della diaphora nei Topici, Luca Castagnoli quello della petizione di principio, e così si chiude lo spazio dedicato ad Aristotele.
Troviamo poi il contributo di Paolo Crivelli dedicato al posto della logica nella filosofia stoica: sebbene le nostri fonti documentali sullo stoicismo siano carenti, gli Stoici sembrano essere stati i primi a porsi il problema della struttura stessa della disciplina filosofica, o almeno a porselo in maniera sistematica e non già sporadica, tanto da configurare una filosofia della filosofia. Suzanne Husson si dedica alla dialettica cinica, tesa a confutare la sfera del divino in tutte le sue espressioni; con piglio tecnico Katerina Ierodiakonou affronta lo sviluppo della tecnica della reductio ad impossibile nella logica post-aristotelica, un elemento che sarà centrale nel rapporto tra filosofia e teologia nel contesto medievale; Jean-Baptiste Gourinat identifica in Plotino un restauratore della dialettica platonica, a differenza di altri neoplatonici come Ammonio: in questa prospettiva di recupero del genuino sentimento platonico, a p. 381 mi pare centrale l’osservazione di Gourinat per cui in Plotino la dialettica è superiore alla logica, e questo non gli permette strategie filosofiche irenistiche, oppure detto in altri termini, i miei, la logica è per Plotino inevitabilmente ancorata all’ontologia, altrimenti è del tutto subordinata alla dialettica. Concludono Angela Longo con un contributo su Ermia d’Alessandria commentatore del Fedro, e Maddalena Bonelli sulla dialettica scientifica in Proclo, debitrice tanto del discorso teologico, quanto di quello matematico. La dialettica è il compimento della matematica poiché riconduce l’immateriale e il puro verso l’immaterialità e la semplicità dell’intelletto.
Questa raccolta di saggi è all’altezza della sua ambizione: contributi densi e pregnanti, un volume di riguardo nella biblioteca dell’antichista.