BMCR 2017.02.20

Ione di Chio: Testimonianze e frammenti (testo critico di Francesco Valerio). I Frammenti degli storici greci, 8

, Ione di Chio: Testimonianze e frammenti (testo critico di Francesco Valerio). I Frammenti degli storici greci, 8. Tivoli: Edizioni Tored, 2015. xxvii, 310. ISBN 9788888617862. €80.00.

Nel «clima di interesse» (p. v) fiorito recentemente attorno alla poliedrica figura di Ione di Chio,1 si inserisce questa edizione dei suoi frammenti storici, nella collana “I frammenti degli storici greci”, che, diretta da Eugenio Lanzillotta e Virgilio Costa, sta procedendo ad una edizione dei frammenti degli storici greci, con testo critico, traduzione italiana, introduzioni e ampio commento. Coerentemente, qui sono pubblicati solo i «frammenti storici», quelli provenienti con certezza o probabilità dalla Chiou ktisis e dalle Epidemiai (omesso, in quanto dubbio già per gli antichi, l’unico fr. del Synekdemetikos/Presbeutikos = FGrHist 392F8; assenti anche i frr. 10, 17-21 e 23 Jacoby, non riconducibili alle due opere in esame).

L’ampia «Introduzione» (p. 1-78) delinea un profilo dell’autore denso di spunti interessanti. Il «profilo storico» (p. 1-27) affronta varie questioni: la datazione della nascita («intorno alla metà o, al più tardi, nella seconda metà degli anni ’90»: p. 4), il significato ideologico del nome ‘Ione’, l’ambiente familiare e sociale («probabile» che il padre di Ione, Ortomene, «facesse parte di quell’aristocrazia anti-persiana che […] agiva “carsicamente” contro la politica filo-persiana praticata da opposti ambienti politici e culturali» di Chio: p. 8), l’ambiente culturale chio in cui Ione si formò, il rapporto con gli ambienti cimoniani, poi con l’Atene periclea (ove Ione è tragikos) e postpericlea, gli echi dell’opera ioniana nell’Atene del tardo V sec. a.C., l’identità e la collocazione politica del Tideo «figlio di Ione» menzionato in Thuc. 8, 38, 3.

Dopo un cenno alla produzione poetica e filosofica (p. 27-32), è delineato (p. 32-38) il crescente riconoscimento dello «Ione storico» negli studi fra ‘800 e ‘900 (mentre nel mondo antico «Ione apparve essenzialmente come un poeta tragico, non uno storico»: p. 34); infine ci si sofferma sulle due opere ‘storiche’ di Ione, Chiou ktisis (p. 38-55) ed Epidemiai (p. 55-78).

Per la prima, Federico segue le decisive considerazioni di Giovanni Cerri,2 nel ritenere tale opera una elegia storico-narrativa, quale la Smirneide di Mimnermo (perciò aggiunge F2, assente in FGrHist 392, un pentametro da Plut. Thes. 20.2: Oinopion, citato come ktistes di Chio, vi è definito Theseides). Tuttavia, per le «vistose varianti» e i «gravi silenzi» «in contrasto con la tradizione ufficiale di Chio» (p. 48),3 Federico ritiene che l’opera non fosse destinata alla recitazione in un contesto ufficiale, ma sia stata concepita per «un pubblico ristretto, come quello del simposio». Quale? In F2 Oinopion è considerato figlio non di Dioniso ma di Teseo, tipico eroe ‘cimoniano’; il lungo F1 (= 1 Jacoby = Paus. 7.4.8-10) mostra che la Chiou ktisis oscurava le presenze eolico-pelasgiche nelle origini mitiche di Chio, in sintonia con la propaganda filaide, memore dello scontro fra Milziade e Pelasgi a Lemno. Perciò Federico arriva a parlare di recitazione dell’elegia in «un banchetto di aristocratici chii alla presenza di Cimone» negli anni 470-465 a.C. ca. (cfr. p. 16). Idea indubbiamente interessante, ma molto ipotetica: la tragedia ateniese ci mostra con quanta libertà le tradizioni mitiche fossero rimaneggiate anche in opere destinate a contesti ufficiali. Pertanto, è rischioso trattare tale ipotesi come un dato utilizzabile per ulteriori deduzioni, come avviene ad es. a p. 51 e poi a p. 53, dove si parla di «datazione della Chiou ktisis alla prima metà degli anni’ 60», tanto che su questo ‘dato’ si sviluppa una discussione del rapporto fra Ione e il genere storiografico.

Riguardo alle Epidemiai, Federico osserva, persuasivamente, che i due frr. più ampi (quelli sui simposi presso Laomedonte ed Ermesilao), ricchi di flash-backs, mostrano come l’opera non seguiva, verosimilmente, un ordine cronologico, ma aveva una «struttura “a intreccio”»; nei due frr. citati, alla voce del narratore Ione si affianca e si sostituisce quella dei personaggi da lui citati, i quali a loro volta narrano vicende cui hanno preso parte o assistito (p. 61). Perciò, avverte Federico, resta sempre l’«eventualità» che i molti altri frr. (ben più stringati) in cui non è citata la partecipazione diretta di Ione all’evento narrato «siano stati desunti non dalla sezione in cui Ione compare in veste di voce narrante, ma dai resoconti degli altri personaggi citati nell’opera» (p. 62). Una osservazione importante, che raccomanda doverosa cautela nel trarre dati cronologici per Ione da eventi citati nei frr. delle Epidemiai, così come nel considerare l’opera una autobiografia o biografia ante litteram (p. 65-68). Come osserva Federico, giustamente scettico verso la tendenza ad inquadrare l’opera all’interno o agli albori di un genere letterario, «nei frammenti “biografici” delle Epidemie non vi è traccia di percorsi narrativi finalizzati a ricostruire lo sviluppo etico e paideutico dei personaggi ritratti, come nel genere biografico vero e proprio» (p. 68).

A chi e a che cosa serviva dunque tale opera? È condivisibile la conclusione (pp. 69-75): la partigianeria filo-ateniese e la prospettiva cimoniana, evidenti nei frr., mostrano con quale intento Ione compose l’opera, tutt’altro che priva di un impegno politico: ribadire l’importanza del legame con Atene, pur nella consapevolezza che la politica ateniese si fosse degradata passando da Cimone a Pericle (verso la cui ‘superbia’ Ione è ostile: FF 15 e 16 Jacoby). Appare invece meno convincente l’idea secondo cui la patina ionica della lingua «può essere indizio» che l’opera fosse «originariamente destinata a un pubblico ionico (l’aristocrazia di Chio)» e «oggetto di una pubblica lettura a Chio» (p. 70). In realtà, come Federico riconosce, per spiegare la patina ionica bastano l’origine dello scrittore e il genere prosastico (nelle Storie erodotee la patina ionica non giustifica certo una qualche idea di destinazione ionica dell’opera). Inoltre, nel contesto della Lega delio-attica, le aristocrazie e gli intellettuali che ne provenivano ragionavano in una prospettiva ‘internazionale’ ed al di sopra degli interessi della singola polis (è in una prospettiva internazionale che il Vecchio Oligarca interpreta la lotta politica, col demos ateniese nemico dei khrestoi e amico del demos in ogni polis : [Xen.] Ath. 1.14; 3.10-11): perché, dunque, Ione avrebbe dovuto rivolgersi in primo luogo ai propri concittadini, e non, fin dall’inizio, alla più ampia platea dei membri della Lega e/o dell’opinione pubblica greca? Analogamente, la critica alla élite ateniese condotta da Stesimbroto di Taso aveva senso solo se era destinata all’intera opinione pubblica dentro e fuori l’ arche ateniese. Insomma: l’originaria ‘pubblicazione’ dell’opera, in forma di pubblica lettura, poté avvenire nella stessa Atene, crocevia di viaggiatori provenienti da ogni parte della Lega e della Grecia (cfr. le pubbliche letture ateniesi delle Storie del non-ateniese Erodoto, attestate da Diillo, FGrHist 73F3; analogamente, autori ateniesi ‘pubblicavano’ le proprie opere ad Atene sapendo di rivolgersi ad un pubblico ben più ampio, come nelle rappresentazioni teatrali delle Grandi Dionisie, aperte agli stranieri: si ricorderà il caso dei Babylonioi di Aristofane). Se è improbabile un’originaria destinazione chia delle Epidemiai, cade anche una loro datazione agli anni 425-420 ca. (p. 70) sulla base del fatto che questo fu il periodo di permanenza più stabile di Ione sull’isola natale.

Dopo la densa «Introduzione», seguono le «Testimonianze» (TT 1-16, p.79-98, con testo critico e traduzione) e i «Frammenti» (FF 1- 23, p. 99-249), forniti di testo critico, traduzione, commento. Rispetto a Jacoby, per la Chiou ktisis Federico aggiunge il già citato F2; per le Epidemiai sono ben sei i frr. in più (FF 2, 5, 8-11, 16: in genere sono frr. anepigrafi, con tratti biografici che li accomunano al noto F6 Jacoby citato verbatim in Athen. 13, 603e-604d); di alcuni frr. viene ridiscussa ampiezza e struttura (F12 = 12 Jacoby è esteso a tutto Plut. Cim. 5.1-3; F15 Jacoby viene scisso nei FF 21-22-23). Chiudono il volume una ricca bibliografia (p. 251-278), concordanze complete, indici dei passi discussi e dei nomi (p. 279-308).

Le traduzioni – opera di Federico – sono sempre chiare e pertinenti. Per quanto riguarda poi il testo critico, esso è equilibrato nelle scelte, e l’apparato che lo accompagna risulta ben fruibile, in quanto non è né criptico per eccesso di sintesi né pleonastico: di ciò si è occupato Francesco Valerio (già editore, nel 2013, dei frammenti elegiaci e melici di Ione: vedi nota 1), mentre al curatore dell’intera opera, Federico, si devono attribuire gli altri aspetti dell’edizione, quali la selezione, la delimitazione e l’ordinamento dei frr. (ciò non è esplicitamente specificato, ma mi sembra che si debba ricavare tale divisione di compiti dal frontespizio, dalla «Premessa» a firma dello stesso Federico, p. viii, e infine dal fatto che le due pagine sui «Criteri dell’edizione», non firmate, debbano perciò attribuirsi al curatore).

In ogni caso, il vero pregio dell’opera è nel commento estremamente dettagliato ed accurato (150 pagine per 23 frammenti), particolarmente per la Chiou ktisis (52 pagine per FF1-4). Per alcuni testi esso assume le dimensioni di un piccolo saggio (vd. F1 = 1 Jacoby, p. 101-124; F2, p. 125-138; F9 = 6 Jacoby, p. 209-222; F20 = 16 Jacoby, p. 223-230;4 F21 = 15 Jacoby, rr. 1-3, p. 231-240). Impossibile qui dar conto del contenuto, che alla ricchezza di informazione aggiunge la ricchezza di osservazioni di sicuro interesse. Ne cito alcune a titolo di esempio, senza poter rendere giustizia alla ricchezza del commento: l’interpretazione di vari aspetti del F1 = 1 Jacoby (p. 114 ss., 118 s.); l’esegesi di F10 = 123 Leurini e dell’espressione pantapasin meirakion in F14 = 13 Jacoby (p. 176); l’analisi politica del F19, che inserisce la battuta registrata da Ione nel gioco propagandistico sorto attorno ai meriti o demeriti di Pericle e di Sofocle nella campagna a Samo; l’interpretazione di mothonikos in F21 = 15 Jacoby (p. 237 ss).

Si può forse rilevare, talora, la tendenza all’utilizzazione, come dati sicuri per sviluppare l’argomentazione, di ipotesi, in sé condivisibili, ma pur sempre ipotesi: col rischio di costruire argomentazioni fondate su fragili basi. Cito due esempi. Per F2, l’interpretazione di Oinopion come ‘fondatore della città di Chio’ e le considerazioni conseguenti (Ione contrapporrebbe l’area urbana di Chio, a vocazione marittimo- talassocratica, alla chora rimasta agli abitanti precedenti: p. 134-138) si basano sull’esegesi di ktizein come ‘fondare (una città)’, mentre sarebbe possibile tradurlo come ‘popolare’, ‘colonizzare’ (vd. LSJ, s.v. 1.; cfr. ktizein neson in Hdt. 3.49.1). Per F12, a Ione è attribuito l’intero Plut. Cim. 5.1-3, invece delle due righe finali che costituiscono FGrHist 392 F12, solo con argomenti indiziari (l’esaltazione di Cimone, il ritratto di altri politici in altri testi ioniani) accennati nella nota 2 di p. 166; ma tale ampliamento del fr., solo ipotetico, diviene però base per l’analisi del ruolo che i Salaminiaka avrebbero avuto nell’opera di Ione (pp. 168-171, ripreso a pp. 173 e 183). In realtà, crediamo, proprio il fatto che Plut. Cim. 5.1-3 introduca Ione solo per l’aspetto fisico, aggiunto alla trattazione dell’ ethos, lascia pensare che tutta la parte precedente non sia ioniana. Egualmente troppo ipotetica (qui non affrontabile) mi sembra la discussione su F15 = 11 Jacoby, p. 186-190. Ovviamente, è questo il rischio sempre in agguato lavorando su testi frammentari, perché lo sforzo dell’analisi, meritorio e doveroso, può condurre alla sovra-interpretazione. In altri casi, diversamente, alcuni aspetti meritavano forse maggiore considerazione: in F11 (124 Leurini), poteva essere utile soffermarsi sul termine dikasterion per l’assemblea della Pnice (scelta del testimone Hesychius, π 4332 Hansen? O era già nel testo ioniano?); per F14 è poco considerato il peso ideologico della confronto fra le doti musicali di Cimone e l’ amousia di Temistocle (per Federico, Ione vuole semplicemente «osservare che la formazione musicale di Cimone non diminuiva affatto l’efficacia della sua azione politica»: p. 181), perché nella propaganda aristocratica nell’Atene di V sec. a.C. il possesso della paideia musicale garantisce le doti politico-militari dei khrestoi.5

Minimi e innocui i refusi (p. 103 n. 1, 117 riga 15, 203 riga 10).

Quanto osservato nulla toglie al pregio di un lavoro così approfondito nell’analisi di ogni frammento, analisi che si segnala per la ricchezza di osservazioni e proposte esegetiche, per l’attenzione alla comprensione storica, sulla linea (tracciata già nel volume The World of Ion of Chios)6 di una sempre migliore contestualizzazione storico-culturale della figura di Ione: tutto ciò costituisce un imprescindibile punto di partenza e base di riflessione per chiunque, d’ora in avanti, affronti l’opera storica di un autore complesso quale Ione di Chio. ​

Notes

1. Vd. Victoria Jennings, Andrea Katsaros (ed.), The World of Ion of Chios (Leiden-Boston 2007), con quattro saggi dedicati a Ione syggrapheus (p. 75-175): cfr. BMCR 2008.10.13; Andrea Katsaros, Ion of Chios (392), in Ian Worthington (ed.), Brill’s New Jacoby; Francesco Valerio (ed.), Ione di Chio. Frammenti elegiaci e melici (Bologna 2013).

2. La Ktisis di Ione di Chio. Prosa o versi?, QUCC 26, 1977, p. 127-131.

3. Vd. già Guy Olding, Ion the Wineman: The Manipulation of Myth, in Jennings, Katsaros (ed.), The World of Ion of Chios, cit., p. 139-154.

4. Rispetto al quale sia permesso segnalare ora la discussione di chi scrive in Pericle e il buon uso del corpo del cittadino: l’assedio di Samo, MedAnt, 17, 2014, p. 573-608: p. 595-598.

5. Vd., non considerata, la discussione sul fr. in G. Mosconi, Musica & buon governo: paideía aristocratica e propaganda politica nell’Atene di V sec. a.C., RCCM 50, 2008, p. 11-70: p. 28 ss., 41-46.

6. Jennings, Katsaros (ed.), The World of Ion of Chios, cit., p. 13. ​