BMCR 2016.09.27

Palmyra: Requiem für eine Stadt

, Palmyra: Requiem für eine Stadt. München: Verlag C. H. Beck, 2016. 127. ISBN 9783406692376. €17.95.

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Come prevedibile a seguito dei noti e tristi eventi che ormai da anni si verificano nei paesi del vicino oriente e dei quali il ricco patrimonio storico ed archeologico siriano sembra comparire tra le vittime più illustri, tra gli scaffali delle librerie ha iniziato a comparire una serie di monografie destinate a fornire ad un vasto pubblico di interessati al mondo antico gli elementi necessari per comprendere l’inestimabile valore storico e culturale delle antichità in pericolo.

Si comprende facilmente come all’indomani delle notizie relative alle distruzioni inflitte alla città carovaniera di Palmyra, una delle gemme più preziose del patrimonio culturale siriano, e della sua successiva liberazione, ad opera delle truppe governative ed a seguito della risonanza che tali fatti hanno avuto in tutto il mondo, l’antica città siriana patrimonio dell’UNESCO sia stata oggetto di un rinnovato interesse presso il grande pubblico, interesse al quale studiosi e case editrici hanno prontamente risposto con la pubblicazione di numerosi e diversi studi sul tema.

È questo il caso del volumetto Palmyra: Requiem für eine Stadt, traduzione tedesca (a cura di Anna Lube e Wolf Heinrich Lube) dell’originale francese dal più sobrio titolo di Palmyre, l’irremplaçable trésor (2015), di Paul Veyne. L’autore è uno studioso che non ha bisogno, almeno tra gli specialisti, di presentazioni: professore Emerito al Collège de France, storico ed archeologo, prolifico saggista, ampio conoscitore del mondo classico e uomo di sconfinata cultura, Veyne si è occupato durante la sua pluridecennale ed illustre carriera di questioni e problematiche di ampio respiro riguardanti il mondo antico spesso condizionando il dibattito storico in modo fondamentale.

Le caratteristiche di questo “trattatello minore” del Veyne sono per forza di cose strettamente connesse con la sua figura di studioso di grande esperienza e di uomo di vasta cultura il cui lavoro è stato da sempre caratterizzato da un forte impegno divulgativo. Egli non è uno specialista di Palmyra o della Siria romana. 1 Di conseguenza, nel discutere il valore del libro in questione è bene quindi tenere ben presente che cosa il lavoro di Veyne rappresenti, che cosa non rappresenti, in particolare quindi quali siano i suoi obiettivi, onde evitare il rischio di attribuirgli difetti o mancanze che nulla hanno a che fare con l’idea sottesa all’opera o con la filosofia che ne ha ispirato la stesura.

Dopo la dedica al compianto Dr. Khaled al-Assad, studioso e collega barbaramente assassinato perché si occupava delle “immagini idolatre” di Palmyra, il Veyne nella sua introduzione chiarisce la natura dell’impulso che lo ha convinto a scrivere “malgrado la sua età avanzata”: l’esigenza di esprimere il suo sgomento di fronte alle distruzioni perpetrate. Si tratta diremmo quasi di una motivazione “passionale”, che lo spinge quasi a riprendere in mano la penna e a raccontare la storia di Palmira. Sembra più una sorta di libello di denuncia quindi, ben lontano da un razionale, esaustivo e ponderato saggio scientifico, freddo e razionale— un libro nato dall’esigenza di mostrare al mondo ciò che si sta perdendo o si è già perso.

Lo scritto assomiglia infatti più ad una raccolta di note e pensieri (soprattutto nella ridotta edizione tedesca, molto simile ad un taccuino per appunti) e poco ricorda i lavori scientifici a cui noi studiosi siamo abituati. L’esempio più evidente è costituito dall’apparato di note a fine testo, solo 14 in tutto — un apparato di note scarno, fin troppo essenziale, studiato per rendere la lettura più scorrevole possibile, ma senza precludere del tutto al lettore più intraprendente la possibilità di approfondire la materia tramite riferimenti ad opere fondamentali 2 o studi recenti. 3 Il testo ha carattere quasi narrativo, sembra infatti una guida, l’agile guida di un viaggio attraverso ciò che è andato perso di Palmyra, ma sopratutto ciò che rimane, ciò che è stata e ciò che è ora.

La narrazione si dipana a partire da un percorso attraverso il sito di Palmyra arricchita da continui riferimenti alla storia di Roma, parallelismi con i monumenti più comunemente noti dell’Urbe o di Pompei, citazioni ora di Baudelaire ora di Hölderlin, mentre non mancano riferimenti alla realtà contemporanea. Nell’illustrare il ruolo di Palmyra nel commercio internazionale Veyne porta il lettore attraverso l’Asia, lungo la Via della Seta, sino all’estremo oriente per poi ricondurlo ad ovest con le carovane ricche di merci esotiche. L’attività commerciale degli imprenditori palmireni prende forma anche attraverso riferimenti al capitalismo di Max Weber o all’idea del businessman di Andrè Gide. Il racconto procede attraverso la società palmirena delle istituzioni greche e delle tribù nomadi sino alla leggendarie vicende di Odenato e Zenobia, gli ultimi anni della quale sono presentati come “una tragedia in tre atti”. La società, l’arte, la religione a Palmyra sono affrontati in modo leggero e piacevole senza peraltro mancare di fornire al lettore gli elementi indispensabili comprendere le specificità e l’importanza della città carovaniera.

Un aspetto fondamentale della città siriana sembra occupare un ruolo chiave: la sua multiculturalità. Aiutandosi con esempi da altre regioni dell‘impero romano Veyne spiega come anche una società caratterizzata dalla coesistenza di molti ed eterogenei elementi culturali, Greci, Romani, Arabi, Aramaici ed Iranici, fosse non solo in grado di trovare una sua dimensione all‘interno dell’impero, ma disponesse di una marcia in più per diventare un pilastro del suo sistema economico prima oltre che un protagonista della sua vita politica poi.

Strettamente connessa con la tale multiculturalità in quanto da essa secondo il Veyne trae origine, è la specificità culturale che caratterizzava Palmyra simboleggiata dall’autore nella peculiare rappresentazione delle donne velate appartenenti al corteo cerimoniale nell’ormai scomparso fregio del tempio di Bel, un gusto artistico che ricorda l’arte astratta del secolo scorso.

È ancora la peculiare cultura di Palmyra nata dall’incontro e dal mescolamento di culture differenti a fornire lo spunto per l’insegnamento che il grande studioso propone a conclusione del suo lavoro— una critica ai ciechi fondamentalismi, ma anche un monito quanto mai attuale per noi tutti: chi conosce solo la sua propria cultura e rifiuta ogni altra, condanna se stesso a vivere nell’isolamento.

Table of Contents

Einführung 9
1. Reichtum in der Wüste 11
2. Eine monumentale antike Stadt 16
3. Kapitalist in jenen Zeiten 31
4. Die Antike in der Antike 44
5. Palmyra unter den Cäsaren 48
6. Ein syrischer Stamm und eine hellenisierte Stadt 52
7. Das Imperium retten 57
8. Das Epos Palmyras 64
9. Eine hybride Identität 84
10. Mit den Göttern speisen 96
11. Die Religion der Palmyrener 101
12. Die palmyrenischen Porträtbüsten 114
Schlusswort 122
Anmerkungen 125
Bildnachweis 127

Notes

1. Aveva già affrontato in parte il tema in P. Veyne, “Préface”in G. Degeorge, Palmyre, métropole caravanière, (Paris 2001).

2. E. Will, Les Palmyréniens, la Venise des sables (Ier siècle avant – IIIème siècle après J.-C.), (Paris, Armand Colin, 1992).

3. A. M. Smith, Roman Palmyra: Identity, Community, and State Formation, (Oxford University Press, 2013).