Il nuovo lavoro di Michael B. Cosmopoulos nasce, per espressa dichiarazione dell’autore, dalla necessità di creare una sintesi dei risultati delle scoperte archeologiche fatte nell’ultimo venticinquennio di scavi ad Eleusi, circoscrivendo l’operazione all’Età del Bronzo, quando il cuore del futuro santuario iniziò a battere. In poco meno di 200 pagine l’autore, che non ha pretese di esaustività, offre un quadro estremamente chiaro – grazie anche ad un procedere tassonomico rigoroso – dello sviluppo del sito evidenziandone le trasformazioni economico-sociali che le testimonianze archeologiche sembrano sottendere.
Il volume si articola in quattro parti, dove la prima (“Myth and Cult”) e l’ultima presentano i principali aspetti del mito di Eleusi, per la cui natura epicoria l’autore propende, evidenziando nelle battute conclusive del lavoro—dati archeologici alla mano— la fragilità delle teorie allogene (che rimandano all’Egitto, a Creta / sud della Grecia, alla Tracia e alla Tessaglia). Cosmopoulos avvia la narrazione richiamando i miti, di area beotica, sulla nascita del sito, per poi passare ai miti di fondazione dei misteri, a quelli connessi alla lotta con Atene e alla leggenda dei Sette contro Tebe. Con la successiva analisi della teologia demetriaca, incentrata sulla fecondità umana e agricola, l’influsso sul calendario è evidenziato dal minuzioso elenco delle festività eleusine descritte nei loro tratti essenziali: 17 pagine forniscono un egregio compendio di ciò che conosciamo del culto, dei sacerdozi e delle feste locali. Conclusa questa rapida presentazione, il discorso sul mito rimane sospeso sino agli ultimi due capitoli del volume (“Theories about the Origins of the Mysteries,” pp. 155-159; “The Origins and Early Development of the Eleusinian Mysteries,” pp. 160-166. Alla luce delle recenti e precedenti acquisizioni archeologiche risulta chiaro il carattere restrittivo del culto connesso al Megaron B, il cuore religioso dell’età del Bronzo: le ipotesi formulate in considerazione di questa particolarità (riti di passaggio, culto con accesso controllato da élite e culto di un eroe/antenato), risultano pertanto preferibili alle ipotesi che contemplano riti connessi ad una dea dell’agricoltura, il cui carattere è da intendersi comunitario. E dopo il silenzio archeologico tra l’ XI e la metà dell’VIII secolo a.C. la scoperta della pira A, immediatamente a sud del Megaron B, costituisce per Cosmopoulos non solo il segnale d’inizio di una nuova attività rituale attraverso enagismoi, connessi forse per la prima volta a Persefone, ma anche il riconoscimento di valenza simbolica al complesso, che diventa lieu de mémoire, con una vera e propria funzionalizzazione del passato in chiave ideologica o politica.
La seconda parte (“The Site and its Exploration”), con due capitoli (“Landscape and Environment,” pp. 27-33; “The Exploration of Eleusis,” pp. 34-47) presenta il sito da un punto di vista topografico e offre una storia delle esplorazioni e degli scavi essenziale ai fini di una critica complessiva. Con la terza parte del volume (“The Archaeology and Monuments of Eleusis”) si entra nel cuore del lavoro. Sei capitoli ricchissimi di informazioni, contengono il dato archeologico essenziale, con poche ma basilari considerazioni, talvolta approfondite in nota, e il fondamentale rimando alla bibliografia (con 600 titoli). Il peso dei capitoli all’interno della trattazione non è, date le premesse, omogeneo, e se per l’Antica Età del Bronzo (“Early Bronze Age,” pp. 43-47) ciò è determinato dall’esigua documentazione archeologica, per l’arco cronologico compreso tra il Protogeometrico e il V secolo d.C. (“The Post-Bronze Age History of the Sanctuary,” pp. 132-151) si tratta di una scelta feroce, ma funzionale. E ancora una volta, in pochissime pagine, sono condensate tutte le informazioni essenziali per completare il quadro delle trasformazioni architettoniche del santuario sino al suo abbandono.
I quattro capitoli centrali che rimangono (“Middle Bronze Age,” pp. 48-77;” Early Mycenaean,” pp. 78-106; “The Period of the Palaces,” pp. 107-126; “The Post-Palatial Period,” 127-131; “The Post-Bronze Age History of the Sanctuary,” pp. 132- 151) si presentano densissimi, con una rigida scansione per classi archeologiche i cui dati concorrono alle riflessioni finali sull’organizzazione economica, politica e sociale, nonché religiosa del centro. Dopo le prime labili tracce della presenza di una comunità abitativa dell’Antico Elladico II-III, la storia eleusina prende avvio col II millennio e pur risultando assenti nella primissima fase le strutture architettoniche, le aree del c.d. Cimitero Occidentale e quella insediativa offrono un discreto numero di tombe da analizzare. Tra le sepolture di Medio Elladico III spicca la grande tomba a cista a due ambienti, circondata da un peribolo, che rimase in uso per 300/400 anni (sino al Tardo Elladico IIB), strettamente connessa allo svilupparsi del celebre Megaron B, in un’organizzazione dello spazio dalle evidenti implicazioni sociali. Contemporaneamente segmenti di popolazione conquistarono una certa preminenza nel tessuto sociale e manifestarono la loro identità collettiva creando, nel Cimitero Occidentale, gruppi distinti di tombe. La minuziosa descrizione della ceramica — per il Medio Elladico circa 7000 pezzi, tra frammenti e vasi interi—è accompagnata da foto e da pregevoli disegni: dall’analisi del materiale emerge una importazione massiccia da Egina, discreta dalla Beozia e modesta dalle Cicladi. Eleusi risulta, in questa fase, un sito ricco, ma privo di contatti diretti con Creta. Alla fase finale del Medio Elladico sembra si possa ascrivere anche la prima attività rituale documentabile nelle tombe attraverso resti di ossa e legno combusti pertinenti probabilmente a sacrifici che accompagnavano il defunto, e indizi di libagioni, compatibili sia con i resti di vasellame sulla copertura di una tomba e l’incavo di una lastra di chiusura, sia con i bothroi individuati in alcune abitazioni e che rimandano a sacrifici domestici.
Per l’età micenea la grande struttura del Megaron B del Tardo Elladico IIB-IIIA1 costituisce senza dubbio il monumento più significativo e discusso del sito, trattandosi di un edificio non dissimile da residenze dello stesso periodo, ma con strutture adatte a rituali : e.g., la corte lastricata delimitata da peribolo e la piattaforma a π che prolungava il piano del portico e doveva sorreggere un altare ipetro destinato ai sacrifici animali. Proprio la scoperta, nelle ultime campagne di scavo, di una canaletta di drenaggio del portico con resti di sacrifici animali combusti ha reso indubitabile l’utilizzo della struttura. Come noto, la diatriba intorno alla funzione di questo complesso è stata piuttosto vivace: tutte le ipotesi susseguitesi nei decenni sono citate con i loro punti di forza e di debolezza, ma l’idea di P. Darcque 1 —basata sulla negazione della funzione sacrale dell’edificio, ritenuto privo di peribolo (per supposta incoerenza cronologica dei segmenti murari rinvenuti) e di terrazza (interpretata come muro di contenimento)— è quella vagliata con maggior attenzione e fortemente ridimensionata, in quanto frutto di un mancato riscontro autoptico delle strutture, del materiale ceramico ad esse connesso, e dei diari di scavo. Così, se il vasellame rinvenuto all’interno del Megaron B parla di un complesso abitativo, la struttura e i resti di sacrifici parlano di funzione sacrale. E come meglio attestato in altri ambienti geografici (Agios Konstantinos e Monte Kynortion), il santuario risulta ancora privo di una identità indipendente dallo spazio domestico. Dall’analisi della ceramica di Tardo Elladico viene definita una specifica funzione di Eleusi nei commerci lungo la direttrice Beozia-Attica occidentale ed Egina-Golfo Saronico, funzione che garantì una evidente crescita economica del sito. E in questa società di “big men” anche le strutture sociali divennero sempre più complesse: i dati citati suggeriscono l’idea di un gruppo egemone con residenza nel Megaron B, la propria tomba nella vicina sepoltura E.III.7, mentre la struttura indicata come Unità A, costruita sulla sommità della collina nel Tardo Elladico III A1-IIIA2, sembra evidenziare un secondo gruppo elitario, forse antagonista, la cui tomba doveva essere nel cimitero occidentale, direttamente visibile dalla collina.
L’ottavo capitolo, dedicato al periodo dei palazzi (Tardo Elladico IIIA2-IIIB), presenta i dati relativi all’espansione del sito, all’ampliamento del Megaron B con quelle che dovrebbero essere unità abitative, ovvero spazi da destinare ad un culto sempre più articolato, e nota una scarsa presenza di ceramica. In questo capitolo avrebbe dovuto esserci anche menzione di una qualche struttura compatibile con quella palaziale, la cui assenza, alla luce degli ultimi scavi, è confermata e attribuibile, se non a un’obliterazione dovuta alla massiva attività edilizia del secoli successivi, ad un mancato sviluppo. Eleusi si configura pertanto come fiorente distretto amministrativo di un palazzo che, alla luce dell’importanza del sito nelle rotte commerciali con la Beozia, non poteva essere altro che quello di Tebe.
Il periodo post-palaziale, analizzato nel capitolo successivo, rivela il momento di contrazione dell’economia eleusina, determinato probabilmente dall’affermarsi dei centri attici orientali, il cui interesse economico era proiettato verso l’Egeo. Tra gli scarsi rinvenimenti nella stratigrafia di Tardo Elladico IIIC si nota la famosa anfora a staffa iscritta in lineare B, che appartiene ad un ambiente cronologico anteriore (il Tardo Minoico IIIA2-IIIB). Il ritrovamento, già discusso alla fine del capitolo precedente, trova giustificazione come oggetto di prestigio, conservato per un secolo nella struttura – forse abitativa – che Mylonas indicò come di Tardo Elladico IIIC.
A chiusura di questa terza parte del volume, il decimo capitolo offre una veloce scansione delle principali trasformazioni del sito dal Protogeometrico all’età imperiale. Si parte, per l’orizzonte protogeometrico e geometrico, con la descrizione della struttura ampliata del Megaron B, la difficile interpretazione del muro circolare realizzato nella porzione meridionale del peribolo miceneo e le tracce della terrazza poligonale che comprendeva queste strutture. Dopo aver descritto i resti compatibili con accessi e la viabilità funzionale all’area del Telesterion, l’autore segue le tracce del primo tempio di Artemide e Posidone per passare poi alla c.d. Casa Sacra, un edificio sul versante meridionale della collina eleusina con quattro ambienti e una corte pavimentata in cui gli scavi di K. Kourouniotes riportarono alla luce vasi ed asce compatibili con sacrifici. A pochi metri a SE una sepoltura maschile con un tumulo di terra e pira per sacrifici venne interpretata come associata ad un piccolo megaron obliterato proprio dalla Casa Sacra: l’ipotesi iniziale vi riconobbe una residenza della famiglia degli Eumolpidi trasformata nel corso dell’VIII secolo in luogo di culto per il defunto sepolto lì dappresso; successivamente la struttura venne legata alla famiglia dei Kerykes o interpretata come edificio di culto sostitutivo del Megaron B. In realtà i dati presentati da Cosmopoulos individuano nella Casa Sacra una struttura cultuale, forse legata ad un eroe o ad un antenato, messa in parallelo ad una costruzione coeva simile, con depositi di ceneri compatibili con rituali riportata alla luce da Mylonas, presso il c.d. muro W: questi edifici avrebbero perso la loro importanza all’indomani dell’annessione di Eleusi ad Atene, più che interessata, secondo l’acuta osservazione di Lippolis 2, a far decadere i culti gentilizi locali.
Tra le sepolture di età geometrica, le due tombe femminili delle pendici meridionali della collina, note come “aˊ” e “tomba di Iside” evidenziano la presenza di segmenti di popolazione particolarmente ricchi, mentre nel Cimitero Occidentale nel Tardo Geometrico un muro venne eretto attorno ad un gruppo di otto sepolture di Medio e Tardo Elladico, segno inequivocabile di un istituendo culto degli antenati, ovvero – secondo Mylonas – di un culto eroico per i Sette contro Tebe.
Nessuna evidenza archeologica esiste per attività cultuale tra XI e VIII secolo, quando comparvero le prime pire per quelli che sembrano anagismoi. Per il periodo arcaico, classico ed ellenistico-romano 13 pagine sono sufficienti a dare il quadro delle più importanti trasformazioni delle strutture del santuario, ma si tratta chiaramente di un’appendice, con valore accessorio nell’economia generale.
In conclusione, lo scopo dell’autore di creare un compendio accademico risulta perfettamente raggiunto e apprezzabile anche in virtù di uno stile asciutto e lineare: ogni informazione è calibrata per stimolare la memoria degli studiosi o indurre gli studenti a seguire il rimando in nota, che cita gli studi connessi alle diverse problematiche, senza mai gravare sulla lettura. Allo stesso modo3 foto e disegni concorrono a rendere chiaro un discorso stratigrafico spesso assai complesso, mentre l’attenzione per la stratificazione delle speculazioni di decenni solletica la critica sulla loro attuale attendibilità.
Notes
1. P. Darcque, » Les vestiges mycéniens découverts sous le Telestérion, » BCH (1981), 105, pp. 593-605.
2. E. Lippolis, “Mysterya,” Archeologia e culto del santuario di Demetra a Eleusi, Milano 2006, pp. 155-156.
3. Se mai si volesse fare un appunto al volume, è sulla qualità di quelle pochissime foto (figg. 6,7, 64) che avrebbero potuto costituire un miglior supporto al testo se nitide e di formato maggiore rispetto a quello pubblicato.