BMCR 2016.03.08

Roman Palmyra: Identity, Community, and State Formation

, Roman Palmyra: Identity, Community, and State Formation. Oxford; New York: Oxford University Press, 2013. xvii, 293. ISBN 9780199861101. $85.00.

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Sono giorni tristi questi per il Vicino Oriente, innanzi tutto per i suoi popoli che soffrono ormai da molti anni guerre e crisi politiche. Mutatis mutandis e senza nulla togliere alla tragica condizione di chi ha perso tutto, questi sono giorni tristi anche per coloro i quali hanno deciso di dedicare il loro tempo, le loro energie e passione allo studio del passato e del patrimonio culturale di quelle zone oggi così tragicamente colpite dagli eventi. Azioni dimostrative da parte di ben noti gruppi radicali da molto tempo hanno scelto come bersaglio i monumenti e i siti più significativi dal punto di vista storico e culturale della regione, compromettendo non solo le passate attività e le future iniziative di ricerca, ma mettendo a rischio la stessa sopravvivenza del patrimonio antico del vicino oriente.

In considerazione di tali tristi circostanze il volume di Andrew M. Smith II sulla città siriana di Palmyra, un sito che ha enormemente sofferto in questi ultimi tempi, riveste un interesse del tutto particolare, in quanto costituisce forse uno degli ultimi studi pubblicati prima che la comunità scientifica sia costretta ad attendere molti anni per poter riprendere nuovamente lo studio della realtà palmirena in loco e prima di essere in grado di fare una stima dei danni subiti e dei dati persi. Volendo quindi individuare un aspetto positivo nella tragedia possiamo considerare la presente situazione come un’occasione da cogliere per fare il punto della situazione per quanto concerne la ricerca scientifica sulla la metropoli del deserto.

La monografia di Andrew M. Smith II sembra essere particolarmente adatta a questa funzione. L’opera fornisce infatti un valido e completo approccio generale della realtà palmyrena dando particolare rilievo alle dettagliate informazioni fornite dai testi epigrafici, eccellente particolarità della antica città carovaniera. Trattare la monografia di A. Smith come una sorta di riassunto della situazione odierna, ferma restando la sua utilità a riguardo, sarebbe comunque riduttivo. La novità del volume consiste a mio parere nell’adattare e applicare allo studio di Palmyra concetti e categorie quale quelli di “identity” o “ethnicity”, propri degli studi antropologici, concetti che, come dimostrato dall’autore, possono con profitto ed esiti interessanti essere utilizzati per studiare e fornire nuovi spunti sulla composita e ibrida realtà palmirena.

Tali categorie, applicate al caso palmireno contribuiscono a meglio definire il ruolo peculiare della città e dei suoi abitanti come intermediatori tra oriente ed occidente, tra mondo classico ed orientale. L’approccio multidisciplinare è ribadito sin dal primo capitolo, “Framing the Narrative”, nel quale l’autore definisce con accuratezza le questioni metodologiche riguardanti l’uso di tali termini e categorie nella studio della società palmirena. Da un punto di vista generale, secondo l’autore le identità sono costruite attorno a networks di contesti dotati di significati simbolici ed attorno ai limiti posti per proteggere i valori identitari di tali networks. Tali limiti restano necessari per la definizione di una identità culturale quale espressione di un gruppo di appartenenza, in contrasto con ciò che è estraneo: l’ ”altro”. Sin dall’inizio quindi Smith fornisce la chiave di lettura teorica della sua intera monografia.

Successivamente l’autore estende tale generale assioma alla società palmirena prendendo in considerazione l’organizzazione tribale della società cittadina in contrasto con la successiva adozione di forme istituzionali di autogoverno (capp. 2-5). In questi quattro capitoli un’ esauriente panoramica relativa alla società palmirena è presentata al lettore. L’elemento costituente della realtà sociale cittadina: la tribù, è spiegato nella sue funzioni e nel suo ruolo chiave oltre che nelle sue declinazioni minori quali la famiglia e i gruppi sociali più o meno ampi formati da più famiglie. Nei capitoli seguenti il sistema tribale palmireno viene messo in relazione con l’evoluzione storica della città ed in particolare con l’acquisizione a seguito di una sempre più accentuata influenza romana, delle caratteristiche politiche e tradizionali della polis greca (demos, boulé e magistrature civiche) . Ampio spazio è dedicato alla principale attività palmyrena: il commercio, ai personaggi coinvolti e alla sua organizzazione oltre che hai profitti derivanti da esso.

Da ultimo un capitolo, il sesto, tratta della presenza delle comunità palmirene al di fuori del territorio cittadino e in particolare nella vicina città fluviale di Dura Europos, insediamento più antico di Palmira, dove una attiva comunità palmirena era presente sin dagli albori della città del deserto, quando Dura era amministrata da gruppi familiari greci dipendenti dal Gran Re partico.

Le due identità, orientale/tribale e classica, sembrano infine collidere, secondo l’autore, nelle vicissitudini del terzo secolo affrontate nel capitolo “A Crisis of Identity”. Discutibile forse resta la scelta del termine “crisis” per designare la conclusione di un processo evolutivo visto come contrasto tra due componenti identitarie piuttosto che come sviluppo di un’unica realtà identitaria in risposta alle mutate condizioni geopolitiche.

Il punto di vista per scelta e per ovvie ragioni resta quello dell’abitante dell‘impero: i rapporti e gli apporti culturali sono presi in considerazione prevalentemente nella loro dimensione mediterranea. L’elemento orientale visto come peculiare della realtà Palmirena sembra limitato nelle sue connessioni geografiche e culturali. Ovviamente l’approccio romano- centrico ben si confà ad una disamina quale quella dello Smith basata in prevalenza su testimonianze epigrafiche. La ricchezza delle informazioni fornite da tali fonti è indiscutibile e l’adozione di tale punto di vista quasi obbligato, un prezzo ben misero da pagare. Tuttavia visto l’ormai crescente e riconosciuto ruolo culturale e storico degli imperi Iranici (Partico e Sassanide) nella ricerca storica relativa alla frontiera orientale romana, è bene tenere presente che la particolarità culturale palmirena molto doveva anche alla vicinanza di tali soggetti politici.

Il fatto che essi per il periodo in questione non abbiano restituito una mole di fonti lontanamente comparabile con quella di Roma, non significa che essi non siano stati in grado di esercitare una influenza culturale significativa su realtà complesse e limitanee come quella di Tadmor. La “crisi” del terzo secolo, visto l’allentarsi dei legami con Roma, non sarebbe altro quindi, da un punto di vista squisitamente culturale, che un raggiustamento dell’equilibrio identitario verso una realtà culturale, quella orientale, in quel momento preminente.

La chiave di lettura è tuttavia fornita nel titolo dallo stesso Smith: Roman Palmyra. La città in questo lavoro è studiata nella sua veste di metropoli appartenente all’impero romano. Sarebbe interessante quindi, al fine di presentare una descrizione a tutto tondo del fenomeno culturale palmireno, affiancare al pur pregevole studio dello Smith un qualche contributo—per forza di cose molto più ridotto in dimensioni—che prenda in considerazione il ruolo della città e dei suoi abitanti come appartenenti al “Commonwealth culturale Partico,” secondo una felice definizione del De Jong. Nostra speranza è che un tale studio integrativo in futuro possa giovarsi, nell’impossibilità immediata di accedere alla realtà siriana, delle recenti aperture dell’ Iran in politica internazionale e dei lavori in atto in Iraq, al fine di tentare di meglio definire l’identità orientale palmirena da est come così felicemente ha fatto Smith da ovest.