BMCR 2015.09.38

Heroic Offerings: The Terracotta Plaques from the Spartan Sanctuary of Agamemnon and Kassandra

, Heroic Offerings: The Terracotta Plaques from the Spartan Sanctuary of Agamemnon and Kassandra. Ann Arbor: University of Michigan Press, 2014. viii, 393. ISBN 9780472119165. $85.00.

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Le considerazioni dello storico Tucidide (I.10.2.), spesso citate dagli archeologi, riguardo all’immagine poco potente che Sparta avrebbe dato di sé ai posteri se di essa si fosse preso in esame soltanto “l’aspetto visibile”, devono fare i conti oggi con evidenze che, seppur non monumentali al pari di Atene, sono altrettanto dense di significato e ravvivano il dibattito su vari temi. Gli scavi dell’Eforia in Laconia e soprattutto gli studi dedicati al riesame di siti scavati in passato, hanno arricchito il panorama delle nostre conoscenze sulla religione e la società spartane. È proprio in questo ambito di studi che si inquadra il lavoro di G. Salapata, che dà il proprio contributo alla conoscenza del santuario di Alessandra/Cassandra e Agamennone nel villaggio di Amyklai, menzionato in Paus. 2.16.6-7. Lo scavo del sito aveva messo in luce una vasta quantità di materiale votivo, rimasto finora inedito, che include statuette e tavolette di terracotta, vasi miniaturistici, oggetti metallici, e ceramica, compresi esempi iscritti recanti i nomi dei due personaggi dell’ epos. Lo studio di Salapata è limitato ad una specifica classe di materiali, le tavolette di terracotta a rilievo, realizzate a matrice, dedicate dal VI al tardo IV sec. a.C. L’autrice ha come obiettivo lo studio dei pinakes da un punto di vista tecnico, stilistico e iconografico, per ricavare informazioni sia sulla religione spartana che sugli aspetti del rituale in questo specifico contesto di ritrovamento.

Il libro si apre con un’introduzione, incentrata su due nuclei tematici principali: da un lato, viene sottolineata l’importanza delle offerte—“ordinary and inexpensive”— per una esaustiva ricostruzione del contesto sacro di provenienza; dall’altro, trattandosi di un luogo di culto eroico, l’autrice sente la necessità di riepilogare le principali posizioni riguardo alla delicata questione della natura e delle origini del culto eroico nel mondo greco, e delle caratteristiche dei culti eroici spartani.1 Risulta ben evidenziato uno degli aspetti chiave del culto eroico come emerge dalla letteratura sull’argomento, cioè che, nonostante la variabilità e la molteplicità di eroi e di forme rituali, esso tende a stabilire e a rinnovare un forte legame del singolo e della collettività con il proprio passato mitico. La scelta quasi provocatoria del titolo del volume, che sembra sottintendere l’esistenza di oggetti specificamente destinati al culto degli eroi, viene spiegata alla luce del fatto che gli heroa laconi mostrano una certa regolarità nelle tipologie di votivi offerti.

Il primo capitolo del libro contiene una storia degli studi sulla kome di Amyklai, in cui vengono commentate le fonti letterarie e storiche utili ai fini di un inquadramento topografico. Riguardo all’esatta ubicazione del villaggio, Salapata propende per la collocazione nell’area di Mahmoud-Bey, come avevano sostenuto Fiechter e Tsountas. Un ultimo paragrafo fornisce la documentazione relativa alle precedenti ricerche archeologiche nel sito di Agia Paraskevi e alle vicende che portarono alla scoperta di due distinti depositi votivi, scavati rispettivamente fra il 1956 e il 1961 e nel 1998. Risulta tuttavia difficile ricostruire l’esatta ubicazione dei rinvenimenti utilizzando il supporto cartografico fornito nel libro, che eredita purtroppo questa lacuna dal passato.

Il secondo capitolo è interamente dedicato ai due eroi oggetto di culto ad Agia Paraskevi, entrambi argomento di precedenti ricerche di Salapata. Si parte dall’eroina, il cui nome Alessandra compare nelle dediche votive ed è considerato dalla studiosa un nome locale alternativo a Cassandra. Il culto dell’eroina sarebbe stato associato a quello di Agamennone fin dall’inizio della vita del santuario. La presenza di questo luogo di culto ad Amyklai—collegato all’identificazione delle sepolture dei due eroi, che sono collocate da un’altra tradizione a Micene—viene messa in relazione all’esistenza di una variante epicorica del mito. L’origine di questa, attestata per la prima volta dal lirico Stesicoro, non può essere ricercata, secondo Salapata, esclusivamente nella propaganda politica spartana, ma deve tener conto della popolarità dei culti eroici a Sparta. La precisazione sulla natura del culto di Agamennone, che non implica necessariamente una divinizzazione dell’eroe dell’epica, suona un po’ superflua, dal momento che la diversa natura di dei ed eroi è già ben evidenziata in precedenti studi sulla religione greca. Interessanti invece le considerazioni sull’associazione delle due figure, maschile e femminile, che sembrano mantenere una certa autonomia cultuale, al punto che in una fase posteriore il sito è ricordato come santuario della sola Cassandra a cui è associato il culto di Agamennone. Infine, la questione della statua di Clitemnestra, la cui presenza è menzionata da Pausania, viene brevemente risolta come un richiamo al fatto che secondo questa variante locale del mito, Sparta doveva essere considerata anche la sede della coppia regale.

Nel terzo capitolo l’autrice ci offre una panoramica sul materiale, trattato dal punto di vista tecnico-produttivo. La maggior parte delle tavolette è realizzata a matrice: due sono di maggiori dimensioni e possono essere considerate dei veri e propri rilievi in terracotta, mentre le altre sono mediamente inferiori ai 30 cm. Alcune presentano tracce di un’originaria policromia, altre imprecisioni, difetti di cottura e rilavorazioni, che sono appositamente segnalate. In merito alla disposizione di esse all’interno del santuario le ipotesi non si discostano da quelle precedentemente sostenute a proposito di questa classe di materiali. Pur essendo lo stile l’unico criterio per stabilire una cronologia in assenza di dati stratigrafici, il commento stilistico occupa solo un breve paragrafo finale, in cui la studiosa evidenzia i tratti volutamente arcaici di alcuni esemplari, riconducibili ad una tendenza diffusa dell’arte laconica.

I capitoli che seguono costituiscono la parte più originale del libro, essendo interamente dedicati all’analisi tipologica e iconografica dei pinakes.

Nel capitolo 4 l’autrice prende in esame le tavolette con figure sedute, che sono una novità iconografica importante nel panorama dell’arte laconica. Per i tre tipi principali (uomo seduto, coppia seduta e donna seduta) e le rispettive varianti viene indicata anche la diffusione in Laconia e Messenia. La scelta di adoperare un metodo comparativo, cercando i confronti con gli altri depositi di tavolette in Laconia, a Sparta, e anche in Magna Grecia, in particolare a Taranto, risulta particolarmente apprezzabile: anche se essa non ha prodotto dei risultati significativi in termini di individuazione delle officine, è sicuramente un primo passo in questa direzione e ha inoltre messo in evidenza la circolazione di schemi (e forse di matrici?) da una regione all’altra del Peloponneso (si veda il caso di Corinto, p.188). Una parte consistente del capitolo è infine dedicata all’analisi dei rilievi laconici in pietra, che nelle sedi di culti eroici sono spesso associati alle tavolette. Salapata pensa che proprio i due rilievi in terracotta ritrovati nel sito possano testimoniare, congiuntamente al rilievo R12 che da qui proviene, la trasmissione degli schemi iconografici da un ambito artistico a un altro. Nell’analisi dei rilievi, l’autrice non si sofferma sulla considerazione dei diversi linguaggi artistici quanto sulla loro interpretazione. Essi, pur riproducendo schemi inquadrabili in tipi analoghi a quelli delle tavolette, adottano spesso linguaggi diversi e originali, che sembra però riduttivo leggere solo come risultato di un’incapacità tecnica dell’artigiano (p.111). Si hanno del resto testimonianze analoghe anche in altri contesti, che sono spiegate alla luce di una componente artigianale straniera,2 o dell’impiego di manodopera giovane.

Con il quinto capitolo l’autrice interrompe lo studio tipologico, che verrà ripreso nel sesto, e si sofferma invece sull’interpretazione delle tavolette con figure sedute, le più numerose. Salapata parte da una breve premessa metodologica in cui richiama l’approccio strutturalista, per poi procedere con l’analisi dello schema iconografico più rappresentato, quello con la figura maschile. L’autrice discute pertanto la scelta di rappresentare la figura seduta anziché distesa, come dovrebbe essere nel simposio, e collega questo tipo di rappresentazione alle fonti che parlano di banchetti seduti per gli eroi arcadi, ma non alle testimonianze archeologiche degli altri heroa laconi.3

Per quanto riguarda l’origine dello schema iconografico della coppia seduta e il suo significato in relazione al contesto di ritrovamento, l’autrice prende le distanze dalle interpretazioni precedenti, rigettando in particolare l’ipotesi di Stibbe, il quale sosteneva che le figure rappresentassero le due divinità degli Inferi, e propende invece per considerare quella riprodotta sulle tavolette come l’immagine di una generica coppia divina, accentuandone il valore simbolico. Nella decodificazione del messaggio sotteso alla ripetizione di tale schema iconografico avrebbero un ruolo importante anche gli attributi e in modo particolare il kantharos, che sarebbe un chiaro riferimento al simposio e pertanto da leggere come un indicatore del rango aristocratico delle figure rappresentate. Se i rilievi quindi, possono rappresentare un defunto, delle tavolette si sottolinea il valore di offerte votive, che prediligono un’immagine generica che è al contempo quella di defunti, di eroi e di divinità.

Il sesto capitolo prende invece in esame gli altri tipi, ordinati in base alla ricorrenza: le figure stanti, i cavalieri, i guerrieri, i simposiasti e infine, i soggetti non identificati, fra cui spiccano le tavolette con Gorgoneia, ricavate da matrici per antefisse. Per le figure stanti che compaiono in triadi accompagnate da un serpente viene proposta la lettura come Erinni, interpretazione che rispetta il nesso con il mito dell’uccisione di Agamennone e Cassandra. La comparsa degli altri soggetti maschili e la loro caratterizzazione come cavalieri, guerrieri o simposiasti viene anch’essa letta come un generico riferimento alle attività tipicamente aristocratiche, considerato particolarmente pertinente all’eroe oggetto del culto.

L’analisi iconografica procede quindi con prudenza, individuando un generico nesso fra i soggetti rappresentati e gli eroi oggetto del culto, minimizzando invece il legame con l’identità e il contesto sociale dei dedicanti, che viene richiamato solo in un paragrafo del capitolo successivo (“Dedicatory Practices and the Socioeconomic Dimension of the Plaques”), dove a proposito dell’elevato numero di tavolette rinvenuto nei santuari laconi, tipologia di offerta comune ed economica, viene suggerita una possibile partecipazione dei perieci e finanche degli iloti ai culti eroici. Nel settimo capitolo risulta inoltre importante la menzione della presenza nel deposito votivo di materiale pertinente alla decorazione architettonica di un edificio (un acroterio a disco e delle tegole), che l’autrice propende per interpretare come la possibile testimonianza del fatto che in età classica l’ heroon avesse conosciuto anche uno sviluppo monumentale. Purtroppo, il restante materiale proveniente dal sito è tuttora inedito, e lo sforzo di integrare quante più informazioni possibili da parte dell’autrice, benché molto apprezzabile, non basta a colmare tale lacuna.

Le conclusioni riassumono e approfondiscono gli apporti originali dell’opera: la differenza funzionale delle tavolette rispetto ai rilievi, il nesso iconografico solo generico che esse hanno con gli eroi a cui sono state dedicate, che trova una giustificazione nella diffusione degli stessi schemi iconografici in santuari dedicati a differenti divinità o eroi, l’importanza dello specifico culto di Agamennone e di Cassandra a Sparta in relazione sia alle circostanze storiche dell’espansionismo spartano nel Peloponneso che all’autocelebrazione dell’aristocrazia locale, che ricuciva il proprio legame con i mitici antenati achei resi immortali dall’ epos.

Oltre al catalogo, organizzato per tipi iconografici, il libro presenta due utili appendici, una con un elenco dei luoghi di rinvenimento di tavolette di terracotta in Messenia e Laconia, e una con un catalogo sintetico dei rilievi lapidei laconi. La bibliografia è esaustiva. L’unica scelta poco condivisibile è forse quella di dividere il supporto fotografico fra il formato cartaceo e le immagini a colori on line disponibili al sito http://www.press.umich.edu, il che ne rende meno agevole la consultazione (le foto dei rilievi lapidei, ad esempio, sono presenti solo on line). Un indice dei nomi chiude il volume.

Notes

1. Fra i contributi non citati dalla studiosa: F. de Polignac, La nascita della città greca. Culti, spazio e società tra l’VIII e il VII secolo a.C., Milano 1991; J.P. Vernant, Mito e religione in Grecia antica, Roma 2003.

2. E. Vikela, Die Weihreliefs aus dem Athener Pankrates-Heiligtum am Ilissos: religionsgeschichtliche Bedeutung und Typologie, MDAI (Athenische Abteilung, Beiheft 16, Berlin 1994 (con riferimento al concetto di Volkskunst, p. 226).

3. M. Nafissi, La nascita del kosmos. Studi sulla storia e la società di Sparta, Napoli 1991, p. 331-334.