BMCR 2014.10.40

Aristaenetus, Erotic Letters. Writings from the Greco-Roman world, 32

, , Aristaenetus, Erotic Letters. Writings from the Greco-Roman world, 32. Atlanta: Society of Biblical Literature, 2014. xxxvi, 147. ISBN 9781589837416. $34.95 (pb).

Nel panorama degli studi sull’epistolografia fittizia in lingua greca di età imperiale e tardoantica, la raccolta di cinquanta lettere d’amore attribuite da un unico testimone superstite (un codice viennese vergato da due copisti attivi tra il XII e il XIII secolo: Vindobonensis Phil. Gr. 310) ad Aristeneto ha goduto di un interesse intenso, ma episodico.

Dopo l’ editio princeps delle Lettere ad Anversa nel 1566 a cura di Sambucus1 e la successiva edizione con traduzione latina e note di commento a cura di Mercier,2 alle epistole furono dedicate l’edizione integrale negli Epistolographi Graeci di Hercher3 e il monumentale commento di Boissonade.4 Alle cure di autorevoli studiosi novecenteschi – quali Albin Lesky e William Geoffrey Arnott – sono seguite, a intervalli di tempo irregolari, diverse traduzioni moderne, talvolta corredate da commento: i lettori italiani, che conobbero la raccolta molto tardi (data al 1807 la prima traduzione a stampa pubblicata a Pisa dall’abate Giulio Perini)5 dispongono da qualche anno delle traduzioni di Giuseppe Zanetto6 e dell’autrice di questa recensione (BMCR 2009.11.09); 7 al variegato panorama delle traduzioni in lingua tedesca, francese e spagnola e catalana8 è corrisposto una modesta fortuna editoriale in ambito anglosassone. Questo bel volume curato da Peter Bing e Regina Höschele colma ora meritoriamente questa lacuna (si tratta della prima traduzione integrale in lingua inglese dopo quasi tre secoli)9 con l’intento di raggiungere un più vasto pubblico di lettori non specialisti.

L’ Introduction, articolata in diversi paragrafi (pp. xi-xxxvi), affronta con chiarezza esemplare e informazione aggiornata le questioni più complesse poste dalla raccolta: la fondatezza dell’attribuzione del Viennese, l’identità storico-letteraria dell’autore, la datazione della raccolta, le peculiarità della ‘forma’ lettera. Il corpo centrale e più cospicuo del volume è costituito dalla traduzione ( Text and Translation : pp. 1-101) basata sul testo greco – riportato a fronte – dell’edizione teubneriana di Otto Mazal;10 dal testo prescelto, emendato di refusi tipografici e sviste, gli autori si discostano solo in pochi casi opportunamente elencati in incipit alla sezione delle Notes alla traduzione, che contempla una breve introduzione a ciascuna lettera, la spiegazione dei nomi dei corrispondenti (quando rilevanti) e il necessario bagaglio di informazioni che consenta ai lettori non specialisti una agevole lettura del testo. Chiude il volume una agile ma molto accurata Bibliography (pp. 143-147), dove trovano spazio non solo i titoli relativi alla raccolta, ma anche i lavori imprescindibili capaci di restituire un’immagine complessiva dell’epistolografia antica ( in primis gli studi di Patricia Rosenmeyer, autorevole Editor del volume, ma anche i fondamentali lavori di Peter Bing sulla ricezione della poesia ellenistica e di Regina Höschele sul genere epistolografico).

L’ Introduction racconta, con le modalità avvincenti di una narrazione romanzesca (e accattivanti sono anche i titoli dei vari paragrafi: Sender Unknown, Postmark Unclear, ecc.), la storia del codex unicus e le complesse vicende editoriali connesse a questo testimone, vergato in area idruntina, in quel territorio di frontiera di culture eccentriche che fu l’Italia meridionale di lingua greca. Ampio spazio gli autori dedicano alle questioni più ardue poste dalla raccolta: il problema dell’attribuzione di questo corpus epistolografico e quello della sua collocazione cronologica. Perduta la rilegatura originaria del codice (e dunque l’eventuale inscriptio con nome dell’autore e titolo dell’opera), l’attribuzione dell’epistolario ad Aristeneto si fonda esclusivamente sull’intestazione presente nella prima pagina conservata del testimone, che riporta le lettere sotto il titolo Ἐπιστολαὶ Ἀριστ αι ν ετ’, interpretato per congettura, dal Lascaris in poi, come Ἐπιστολαὶ Ἀρισταινέτ[ου. E tuttavia, stante l’unicità del manoscritto (piuttosto corrotto, per di più) che tramanda la raccolta e data la circostanza quantomeno sospetta per cui il nome dell’autore della raccolta coincide con quello del mittente dell’epistola incipitaria, del tutto giustificata appare la cautela (se non scetticismo) di Bing e Höschele sull’attribuzione del corpus ad un epistolografo di nome Aristeneto, che i due studiosi preferirebbero individuare piuttosto con “Anonymous”. Gli autori aderiscono, dunque, alla posizione più accreditata per cui Aristeneto è, con ogni plausibilità, un ‘nome parlante’; sconfessano, tuttavia, l’interpretazione tradizionale del nome in senso passivo (“Degno della miglior lode”) per suggerire un possibile significato attivo (“Cantore del bello” = “Praiser of the Best”: p. xiii), già sostenuto nelle animadversiones di Boissonade («non optime laudatur, sed optime laudat») e particolarmente calzante per il mittente dell’epistola 1, 1 dedicata alla lode della suprema bellezza dell’etera Laide. Quanto alla cronologia, Bing e Höschele accedono alle argomentazioni tradizionali di Arnott e Mazal, riconsiderate e ottimamente ridiscusse di recente da Renate Burri:11 la menzione nell’epistola 1, 26 della città di Costantinopoli, “nuova Roma” fondata dall’imperatore Costantino nel 324 d.C., il riferimento, nella stessa epistola, al mimo Caramallo – la cui identificazione risulta, tuttavia, tutt’altro che univoca – , la vicenda narrata nell’epistola 1, 19 relativa a una mima redenta che approda a un matrimonio legittimo, in cui si è voluto vedere il rispecchiamento letterario della vicenda storica di Teodora, divenuta moglie dell’imperatore Giustiniano dopo aver esercitato il mestiere di attrice. Sulla scorta di questa documentazione, i due studiosi propendono per una datazione flessibile intorno al 500 d.C.; introducono, tuttavia, un assai interessante e non trascurabile elemento: il mittente dell’epistola 1, 26 presenta se stesso come “corriere pubblico” (τῆς πολιτείας ἱππεύς: r. 22; vd., diffusamente, la nota all’epistola a p. 123); il sistema dei corrieri di stato, istituito da Augusto, fu riformato sotto Diocleziano (284-305) e Costantino I (306-337) con la fondazione di un cursus velox (ὀξὺς δρόμος) che prevedeva l’uso del cavallo; la possibilità che lo stesso nome del mittente della lettera, Speusippo, evidentemente ingaggiato come funzionario del cursus velox, sia espressione della riforma di Costantino costituisce un ulteriore terminus post quem per la datazione della raccolta. L’ Introduction comprende anche una serrata ancorché convincente analisi della tecnica imitativa dell’epistolografo: strutturate secondo complesse strategie imitative e organizzate in un tessuto linguistico ordito di infinite allusioni e reminiscenze, le Lettere costituiscono il testo collettore di una eccezionale stratificazione culturale, che fa capo al grande serbatoio della tradizione letteraria greca. I due studiosi fanno luce sul meccanismo compositivo che sottende le epistole attraverso l’analisi di alcuni casi esemplari: il dittico costituito dalle epistole 1, 5 e 1, 22 e il caso, per vari aspetti emblematico, della lettera 1, 19; un approssimarsi più minuzioso della lente interpretativa alle articolazioni del senso, per rintracciare l’idea generativa che è dietro la codificazione linguistica.

La traduzione delle lettere, sorretta da una rigorosa esegesi del testo, si segnala, a quanto è dato giudicare a una lettrice non anglofona, per essere molto godibile e letterariamente atteggiata, riecheggiante l’eccezionale stratificazione della langue poetica e tuttavia non esente da incursioni più colloquiali: una felicissima varietà stilistica, particolarmente adatta a rendere lo spessore linguistico convenzionale dell’originale, sempre attraversato da ironici effetti di spiazzamento. In particolare, mi piace segnalare la felice traduzione di 1, 12, 8, dove il termine ἡλικία è, a mio avviso, appropriatamente reso con «stature» (già Boissonade, che riprende Mercier, traduce «staturae decus»), laddove altri interpretano diversamente («jeunesse»: Vieillefond, «juventud»: Gallé Cejudo», «freschezza»: Zanetto): l’epistolografo sta qui chiaramente riproponendo il cliché retorico e letterario dell’alta statura della donna amata (l’archetipo è la Nausicaa omerica di Od. 6, 162-3). Altrove, gli autori seguono l’interpretazione vulgata: è questo il caso di 1, 7, 15-16, dove, in riferimento alla controversa e variamente emendata giuntura παρενήχομαι τῇ θαλάττῃ, comunemente intesa “nuotare lungo la riva del mare” (così Abresch, Reiske, Vieillefond e, da ultimo, Zanetto) o, più genericamente, “nuotare nel mare” (Perini, Boissonade, Hercher, Lesky), Bing e Höschele rendono «swim by in the sea» (diversa l’interpretazione di Gallé Cejudo, in linea con l’esegesi del passo fornita da Boissonade: «nadar a lo largo de la orilla del mar»; la protagonista si spinge più al largo, in quanto rassicurata dalla bonaccia).12 Analogamente, in 1, 24, 3, i due studiosi, come già Vieillefond13 e Zanetto, rendono con efficacia la scena per cui ciascuno degli amanti della protagonista cerca di incitare il proprio vicino, «his neighbor» (e non, genericamente, uno dei vicini), a farsi portavoce del malcontento generale (andrebbe qui coerentemente emendato il testo a fronte, che riproduce quello del codice e prevede il partitivo τῶν πλησίον, per accogliere l’accusativo τὸν πλησίον proposto da Mercier, peraltro confermato dai modelli platonici cui l’epistolografo si ispira).

Le note di commento, sia pure calibrate sulla scelta di privilegiare fruitori non specialisti, riescono nell’arduo intento di conciliare divulgazione e rigorosa analisi testuale; Bing e Höschele segnalano i riecheggiamenti più interessanti e privilegiano la memoria letteraria comica, saffica e alcaica (il lettore poco esperto potrà forse essere disorientato dalla citazione dei frammenti talora dall’edizione di Lobel e Page, talaltra da Voigt) nonché epigrammatica.

In definitiva, questo pregevole volume risulterà sicuramente efficace, secondo i desiderata dei curatori, per guidare nuovi e giovani lettori alla scoperta di un testo oltremodo piacevole; non mancherà tuttavia di fornire rilevanti spunti di riflessione anche agli studiosi della (cosiddetta) Spätantike.

Notes

1. Ἀρισταινέτου ἐπιστολαὶ ἐρωτικαί· τινὰ τῶν παλαιῶν ἡρώων ἐπιτάφια. E Bibliotheca c.v. Ioan. Sambuci, Antverpiae 1566.

2. Ἀρισταινέτου ἐπιστολαί. Aristaeneti epistolae Graecae. Cum Latina interpretazione et notis [Josiae Merceri], Parisiis 1595.

3. Epistolographi Graeci, recensuit, recognovit, adnotatione critica et indicibus instruxit Rodolphus Hercher, Parisiis 1873.

4. Ἀρισταίνετος. Aristaeneti Epistolae. Ad fidem cod. Vindob. recensuit… aliorum notis suisque instruxit Jo. Fr. Boissonade, Lutetiae 1822.

5. Lettere di Aristeneto tradotte da un accademico fiorentino, Crisopoli 1807.

6. Alcifrone, Filostrato, Aristeneto. Lettere d’amore, a cura di F. Conca e G. Zanetto, Milano 2005 (la traduzione di Aristeneto, curata dallo studioso, occupa le pp. 233-417).

7. Aristeneto. Lettere d’amore, introduzione, testo, traduzione e commento a cura di A.T. Drago, Lecce 2007.

8. È ora in preparazione una traduzione commentata delle Lettere in greco moderno a cura di Vassilis Vertoudakis.

9. In ambito anglosassone, si segnalano la traduzione di una selezione di lettere a cura di T. Brown confluita in M. Voiture, Familiar and Courtly Letters to Persons of Honour and Quality, London 1701 (riproposta in T. Brown, The Works of Mr. Thomas Brown in Prose and Verse; Serious, Moral, and Comical, London 1707) e quella a cura di A. Boyer, Letters of Wit […] Also Select Letters of Gallantry out of the Greek of Aristaenetus […], London 1701. Si ha notizia inoltre di una traduzione pubblicata anonima: Letters of Love and Gallantry: Written in Greek by Aristaenetus, London 1715?; cfr. anche N.B. Halhed-R.B.B. Sheridam, The Love Epistles of Aristaenetus Translated from the Greek into English Metre, London 1771 (seguìta da una seconda edizione corretta nel 1773 e da numerose ristampe). Esistono anche traduzioni parziali: a F.A. Wright ( Alciphron. Letters from the Country and the Town, London 1928) si deve la versione inglese (alle pp. 15-6) della lettera 1, 5. Va anche segnalata la traduzione di tre lettere dell’epistolario (1, 13, 2, 3 e 2, 15) fornita da C.D.N. Costa, Greek Fictional Letters, Oxford 2001, 60-7.

10. Aristaeneti epistularum libri II, edidit O. Mazal, Stutgardiae 1971. Da questa edizione riportiamo, a seguire, la numerazione delle lettere di Aristeneto.

11. R. Burri, Zur Datierung und Identität des Aristainetos, «MH» 61, 2004, 83-91.

12. Aristéneto. Cartas Eróticas, introducción, traducción y notas de R.J. Gallé Cejudo, Madrid 1999.

13. Aristénète. Lettres d’amour, texte établi et traduit par J.-R. Vieillefond, Paris 1992.