BMCR 2014.10.31

Aeschylus at Gela: An Integrated Approach. Hellenica, 47

, Aeschylus at Gela: An Integrated Approach. Hellenica, 47. Alessandria: Edizioni dell'Orso, 2013. xiv, 380. ISBN 9788862744829. €35.00 (pb).

Dopo la vittoria alle Grandi Dionisie con l’ Orestea nel 459/8 a.C., Eschilo si trasferì in Sicilia, a Gela, dove visse fino alla morte avvenuta nel 456/5 a.C.: qui, infatti, fu colpito in testa da una tartaruga caduta dagli artigli di un’aquila e morì, stando al racconto della Vita Aeschyli. Il volume di Letizia Poli Palladini si propone di indagare la tarda produzione teatrale e drammaturgica di Eschilo, vale a dire durante gli anni del soggiorno nella città di Gela. Le domande di fondo sono: il tragediografo continuò a comporre tragedie e drammi satireschi per un pubblico greco-occidentale? Quante tetralogie possono essere assegnate alla fase “geloa” di Eschilo? Attraverso un approccio integrato – una discussione filologica dei frammenti superstiti allargata alla documentazione artistica, monumentale e archeologica proveniente dal sito di Gela e dalle principali poleis della Sicilia –, Poli Palladini individua alcuni titoli e frammenti della produzione teatrale dal lungo catalogo eschileo e li assegna ai circa quattro anni del soggiorno geloo.

Nel primo capitolo “Aeschylus and Sicily in the 470s” (pp. 13-52), si discute dei possibili precedenti viaggi e soggiorni di Eschilo in Sicilia, prima del trasferimento del 459/8 a.C., dei contatti diretti e della reattività del tragediografo di fronte ai monumenti di alcune poleis dell’isola. Un primo viaggio risalirebbe al 476/5 a.C., quando il tiranno Ierone gli commissionò la tragedia Aitnaiai per celebrare la fondazione di Aitna.1 A questa prima occasione, inoltre, l’autrice assegna la composizione e la performance a Siracusa o in un’altra città dorica del Prometeo liberato. I riferimenti geografici all’Occidente e le vicissitudini di Eracle tra i Liguri (l’autrice collega la menzione dei Liguri nella tragedia di Eschilo con i mercenari liguri che facevano parte dell’esercito cartaginese nella celebre battaglia di Himera, stando al racconto di Erodoto) sarebbero delle prove a favore di una scrittura “occidentale” della tragedia. Nel 472 a.C. vengono rappresentati i Persiani ad Atene e, successivamente, Ierone invitò Eschilo a una seconda rappresentazione in Sicilia. A questa data dovrebbe riferirsi un altro soggiorno del poeta. Secondo la studiosa, risalirebbero a questo periodo delle visite a Himera, Agrigento e Selinunte: la vista di certi monumenti in queste città avrebbe colpito e influenzato molto le scelte tematiche delle successive tragedie, secondo un’ipotesi definita “attraente” dall’Autrice stessa. Un “numero di consonanze” tra i temi iconografici sulle metope dei templi selinuntini2 e i titoli di alcune tragedie di Eschilo costituirebbe un supporto a questa sua conclusione. Difficile valutare, tuttavia, l’influsso che esercitarono effettivamente le iconografie sulle metope dei templi selinuntini sulla produzione teatrale di Eschilo: si tratta infatti di temi e iconografie ampiamente diffusi e attestati anche ad Atene e in altre città della Grecia propria.

Dopo aver delineato il quadro storico e culturale di Gela in età arcaica e classica, “Aeschylus goes to Gela” (pp. 53-92), 3 il terzo capitolo “The Persīa tetralogy” (pp. 93-100) è dedicato alla tetralogia di Perseo, composta da Phorkides, Polydektes, Diktyoulkoi, e dal dramma satiresco Thalamopoioi. Secondo l’analisi di Poli Palladini, tematicamente la scrittura di questa tetralogia si legherebbe a Gela e al contesto siciliano per diverse ragioni, come l’attestazione del mito di Perseo localmente, la presenza del gorgoneion sui templi della città e l’abbondanza di sicelicismi o dorismi nel testo tragico. Questi elementi sono sufficienti per presupporre un soggiorno in Sicilia e/o un divenire siceliota da parte di Eschilo, con adattamento alla lingua locale. A favore di questa suggestiva ipotesi e dell’inquadramento cronologico proposto, tuttavia, non ci sono elementi decisivi: questi drammi, infatti, sono stati datati da Thalia P. Howe intorno al 490 a.C. e da Scott E. Goins nella tarda produzione del poeta.4

I capitoli 4 “ Cretan women ” (pp. 101-103) e 5 “ Carians or Europe ” (pp. 105-112) prendono in esame quelle tragedie con temi e miti legati all’isola di Creta, madrepatria di Gela insieme a Rodi. Più articolato e stimolante si presenta il capitolo 6 “ Daughters of the Sun ” (pp. 113-161), che analizza il mito delle Heliades e di Fetonte, figlio di Helios, e la trasformazione delle sorelle in alberi di pioppo e delle loro lacrime in ambra. La studiosa recupera un dato importante per corroborare la sua ipotesi, vale a dire il nome della madre di Fetonte: Rhodos, invece di Klymene, stando a Schol. ad Pi. O. 7.132a.5 Secondo Poli Palladini, le Heliades rappresenterebbero in chiave mitica l’aspirazione da parte dei Rodii e dei Geloi di commerciare in Occidente, tra Adria e il fiume Rodano, insieme ai Liguri. La scelta di questi miti e questi luoghi costituirebbe un revival di ambizioni occidentali da parte dei Rodii dopo la caduta dei Dinomenidi. A conclusione di questa sezione “rodio-cretese” è il capitolo 7 “A Creto-Rhodian tetralogy including Glaucus of the sea ” (pp. 211-220), in cui Poli Palladini avanza con cautela la possibilità di accorpare in una trilogia le tragedie sopra analizzate, vista la comunanza tematica e ideologica con i miti di Creta, di Rodi e dell’Occidente. Su questa ipotesi si basa il passo successivo, vale a dire l’individuazione del dramma satiresco all’interno dei titoli del catalogo eschileo. La scelta cade su Glaukos Pontios, a cui la studiosa assegna F25a, generalmente attribuito alla tragedia eschilea Glaukos Potnieus. I versi del frammento, che menzionano le rive del fiume Himera e i celebri bagni, sono qui riferiti a un sileno o a un satiro corifeo, sulla base anche di un confronto iconografico con un tetradrammo da Himera, su cui sono raffigurati una figura femminile sacrificante presso l’altare e un satiro bagnante in una fontana. Sebbene l’ipotesi risulti molto intrigante, la cronologia di queste emissioni è più recente rispetto all’attività di Eschilo in Sicilia;6 di conseguenza, a livello metodologico, l’iconografia sul tetradrammo non costituisce un solido appoggio per la ricostruzione della trama, per l’attribuzione di F25a a un dramma satiresco e per l’attribuzione dei versi a un sileno o a un satiro.

Il capitolo 8 “The Odyssia tetralogy” (pp. 221-266) affronta alcuni titoli e frammenti comunemente ritenuti pertinenti a una tetralogia su Odisseo; si tratta di Psychagogoi, Penelope, Ostologoi, a cui la studiosa associa il dramma satiresco Sisyphos, invece di Kirke satyrike. Molto puntuali risultano i paralleli testuali tra il F187 della Penelope e alcuni versi dell’ Odissea, a supportare l’ipotesi che nella tragedia di Eschilo venissero trattati alcuni episodi del poema epico, in particolare l’arrivo di Odisseo a Itaca e i preparativi della vendetta.

I capitoli finali, “The anecdote of Aeschylus’ death” (pp. 267-284) e “Aeschylus post mortem ” (pp. 285-316), si soffermano sulla morte di Eschilo e sugli onori tributati al tragediografo attico da parte degli abitanti di Gela. Molto ampia e articolata è la discussione sull’aneddoto e sulla morte prodigiosa nella letteratura greca e latina. La simbologia dell’episodio viene così interpretata: l’aquila sta per Zeus e la tartaruga per la poesia, essendo il carapace associato alla lira. Riguardo alla tomba e all’iscrizione, così come viene trasmessa nella Vita, Poli Palladini sottolinea lo statuto e il culto eroico di Eschilo, le visite e i sacrifici presso la sepoltura. Colpisce nell’epitafio la totale assenza di riferimenti all’attività poetica e teatrale di Eschilo in Atene come a Gela, mentre alle linee 3-4, non sempre riportate da tutte le fonti letterarie, vengono ricordati il tumulo di Maratona e le prodezze del poeta in battaglia. Nel paragrafo “Aeschylus’ fortune among the western Greeks” (pp. 302-308), la studiosa interpreta la presenza in Sicilia (e in Magna Grecia) di numerosi vasi attici con raffigurazioni vicine ai drammi di Eschilo come un segno della popolarità del tragediografo in queste aree sia durante la sua vita sia dopo la sua morte.

Il lavoro monografico di Poli Palladini si rivela denso di informazioni (non solo sulla produzione teatrale di Eschilo) e ricco di spunti che meritano attenzione e ulteriori approfondimenti. Molte le domande che rimangono aperte a causa della scarsa documentazione a nostra disposizione. Sarebbe interessante, per esempio, capire chi sponsorizzasse gli spettacoli nella Gela democratica, all’indomani della caduta della tirannide, e dove si tenessero. Altrettanto importante sarebbe poter stabilire eventuali commissioni da parte di altre città della Sicilia, come per esempio Siracusa. Da un punto di vista metodologico, tuttavia, l’approccio integrato e il ricorso al dato materiale non sempre consentono di dirimere le spinose questioni discusse o di supportare le conclusioni proposte. Infine, la scelta grafica ed editoriale di combinare fotografie di aree archeologiche scattate dall’autrice con i disegni a mano della stessa (p. 3: “as immediate illustrations of the argument for the reader, without any pretension of absolute accuracy”) di mappe geografiche, vasi, monete, metope, antefisse, bronzetti, gemme risulta discutibile: la scarsa qualità dei disegni non consente di apprezzare dettagli e perizia tecnica degli artisti antichi, utili talora alla comprensione delle proposte avanzate. Il cratere apulo del Metropolitan Museum of Art di New York (inv. 16.140), per esempio, raffigurante il trasporto del corpo di Sarpedonte risulta illegibile: Hypnos e Thanatos non sono facilmente individuabili; è complicato comprendere l’atteggiamento della figura (un uomo? una donna?) nell’edificio e del guerriero orientale inginocchiato.

Per ricchezza e ampiezza di temi esaminati il libro si rivolge a un pubblico di studiosi molto variegato; le conclusioni proposte consentiranno di riesaminare e approfondire il periodo artistico di Eschilo fuori Atene.

Notes

1. L’autrice preferisce la lezione Aitnaiai o Le Ninfe del Monte Etna invece di Aitnai.

2. La studiosa fa riferimento alla metopa C2 (Est 7) con Perseo e Medusa, mito ripreso a suo avviso nella tragedia Figlie di Phorkys; alla metopa C4+C9 (Est 10) con l’uccisione di Clitennestra da parte di Oreste, soggetto dell’ Orestea; alla metopa SM2 con Europa sul toro, mito presente in Carii o Europe. Sulla Lex Sacra, sui Tripopatreis e sull’ elasteros si segnala l’importante contributo di A. Dimartino, “Omicidio, contaminazione, purificazione: il “caso” della Lex Sacra di Selinunte.” AnnPisa (2003) 305-352, qui non menzionato.

3. Il quadro delineato non appare sempre supportato dalle fonti letterarie e dall’evidenza archeologica in nostro possesso. E.g., a p. 68, nota 67, la prima fase del thesauros dei Geloi viene datata al VII sec. a.C., mentre la cronologia corretta è il terzo quarto del VI sec. a.C., su cui A. Mallwitz, Olympia und seine Bauten, Darmstadt 1972, pp. 171, 176-78. A sostegno della tirannide di Polizalo a Gela e di una sua vittoria pitica viene menzionata la base con dedica da Delfi (inv. 3517), già attribuita alla statua di Auriga: come dimostrato altrove (G. Adornato, “Delphic Enigmas? The Gelas anasson, Polyzalos, and the Charioteer Statue.” AJA 112 (2008) 29-55), le fonti letterarie non menzionano mai Polizalo come tiranno di Gela; la base delfica non presenta un formulario tipico delle vittorie atletiche e nessuna prova esiste per dimostrare che il Gelas anasson dell’iscrizione sia Polizalo. Quanto alla cronologia dell’ Athenaion di Siracusa, datato dopo la battaglia di Himera, già P. Orsi (“Gli scavi intorno all’ Athenaion di Siracusa negli anni 1912-1917.” MonAL 25 (1918) 353-762) aveva evidenziato che la ceramica attica a figure rosse rinvenuta dallo scavo del tempio fosse di un periodo successivo e che il tempio fosse di età ieroniana. A p. 73, inoltre, si afferma che l’intera isola cadde sotto il dominio dell’influenza dinomenide: si tratta di un topos retorico-letterario, utilizzato anche per la tirannide di Falaride.

4. T.P. Howe, “Illustrations to Aeschylus’ tetralogy on the Perseus theme.” AJA 57 (1953) 269-75; S.E. Goins, “The date of Aeschylus’ Perseus tetralogy.” RhM 140 (1997) 193-210.

5. Si segnala che sul D/ della moneta alla fig. 52 è rappresentata una figura femminile, forse la ninfa eponima di Rodi, e non Helios, come si riporta nella didascalia.

6. Secondo la studiosa il tetradramma è “dated to the period 472-413 (or more precisely to about 450 B.C.)” (p. 217).