BMCR 2013.01.18

Die Wirkung der Götter: Bilder mit Flügelfiguren auf griechischen Vasen des 6. und 5. Jahrhunderts v. Chr. Image and context 9​

, Die Wirkung der Götter: Bilder mit Flügelfiguren auf griechischen Vasen des 6. und 5. Jahrhunderts v. Chr. Image and context 9​. Berlin; Boston: De Gruyter, 2011. xi, 506. ISBN 9783110238983. $150.00.

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Il libro è la rielaborazione di una tesi di Dottorato discussa presso la Freie Universität di Berlino nel 2002. L’Autore affronta lo studio delle figure alate antropomorfiche nella ceramografia greca del VI e V sec.a.C., recensendo un centinaio di pezzi in totale, e cercando di porle in una duplice cornice: il contesto dell’immaginario pittorico evocato dalle rappresentazioni vascolari, da un lato, e il quadro sociale e religioso in cui vivevano i fruitori delle immagini stesse, dall’altro.

Il volume si apre con un esempio del modus operandi dell’Autore: l’analisi delle (plurime) figure alate che compaiono su un cratere a calice ampiamente noto in bibliografia e attribuito dal Beazley al Pittore di Cecrope, databile intorno al 400 a.C., che descrive il mito della nascita di Erittonio alla presenza delle divinità ateniesi venerate sull’Acropoli. Sul lato A compaiono Atena e Cecrope, affiancati ai lati della cista contenente Erittonio, osservati da una dea seduta e provvista di scudo decorato da un gorgoneion ed elmo, sicuramente identificata grazie ai resti di un’iscrizione come Atena Nike. Nei riquadri sopra le anse sono raffigurate a ds. le figlie del primo re dell’Attica, a sin., invece, Ermes, che riferisce quanto sta avvenendo a un giovane Efesto sdraiato. Nel registro inferiore, Poseidone è rappresentato disteso su una kline, e alla sua ds. è posto un uomo in trono con lancia (Eretteo?): tra le due figure si staglia un grosso cratere a volute, ai cui lati stanno due donne, rese in scala minore rispetto alle divinità. Quattro figurine alate completano la scena: la prima, nuda, svolazza tra Atena e Cecrope con una oinochoe e un ramoscello, la seconda è posta a fianco di Aglauro, la terza accanto a Efesto e la quarta, infine, è resa in piedi sulla kline di Poseidone. Tutte le figurine alate compiono gesti differenti e hanno attributi differenti.

Al centro del lato B è rappresentato Eracle, imberbe e sicuramente riconoscibile dalla leontè, nell’atto di affrontare il toro maratonio: allo scontro assistono seduti Apollo e Atena, dietro a cui una grande Nike alata si poggia sullo scudo; da sin. avanza una figura femminile ammantata in cui è stata riconosciuta Europa. Anche in questo lato una figura femminile alata, vestita, è in volo sopra Eracle con una corona nelle mani.

L’Autore riflette sul valore delle figure alate in questa raffigurazione ponendo alcuni quesiti che sono alla base delle pagine successive: qual è il rapporto tra le figure alate con le figure prive di ali cui sono funzionalmente analoghe (ad esempio, Atena, in questo caso, a cui il cratere celebra un tributo di lode in chiave attica -maratonia, in particolare1—e ateniese)? E come è il rapporto tra gli esseri alati e le divinità? E, infine, qual è il loro rapporto con gli uomini? Egli non si propone di dare un’identità mitologica a ciascuna figuretta (identificate nella bibliografia precedente2 come eroti e Nikai), quanto piuttosto un’identità funzionale, in considerazione della genericità degli attributi e dell’assenza di iscrizioni (almeno in questo caso).

Il primo capitolo (pp. 35-56) mette in discussione l’automatica equivalenza tra la presenza di ali e la capacità di volare: lo studio di alcuni contesti e il confronto con le fonti letterarie mostrano che le ali possono indicare metaforicamente il volo, ma sono piuttosto intese per esprimere velocità, ubiquità e capacità di attraversamento dei confini.

Il secondo capitolo (pp. 59-147) si concentra sulla pittura vascolare laconica del VI sec.a.C. All’interno di questa categoria, l’Autore distingue le figure alate rappresentate nella sfera umana, sia in accompagnamento dei cd. cavalieri laconici sia in scene simpotiche, e quelle che invece compaiono in scene narrative divine. Per quel che concerne le immagini di cavalieri, emblema arcaico dell’ aristos, le figurine alate che li accompagnano sono state oggetto di studio da lungo tempo e hanno conosciuto diverse, anche lontane, identificazioni (Nike, Keres, Agon, eidola, venti, eroti).3 Nelle scene simpotiche compare un numero assai elevato di figurine alate, spesso raffigurate in atto di sorreggere oggetti quali ghirlande o simili di significato benefico. Partendo dall’analisi di un pezzo particolarmente eloquente, dall’Heraion di Samo (L4: una kylix a f.n. datata tra il 570 e il 560 a.C. e attribuita al Pittore di Arkesilas), in cui una figurina alata tocca le labbra di una flautista, come a volerla ispirare, l’Autore ritiene di poter identificare l’ ‘ispirazione’ come la chiave per comprendere il contesto e lo statuto di queste immagini, atte a rappresentare fenomeni invisibili, ma percepibili o percepiti come avvenuti, di natura benevola. Ecco quindi che esse, senza la necessità di dare loro un nome proprio e/o un’identità mitologica, possono rappresentare l’impatto divino ( “die Wirkung”) sulle faccende umane, in una concezione religiosa che considera i due mondi come interconnessi. Ovviamente, chi beneficia di queste benevole presenze sono gli aristoi, raffigurati nei loro contesti più prestigiosi che non sono narrativi bensì descrittivi, o addirittura, secondo l’Autore, paradigmatici: lo scopo è quello di raffigurare la quintessenza di una vita umana di successo, collocandola in una sfera “superumana” attraverso l’inserimento di queste figurine alate. Sebbene sia possibile la lettura dell’Autore, rimane però il fatto sottolineato da Anthi Dipla che “this archaic demon, which presides over human destiny, resurfaces in the fourth century B.C.E., especially in a funerary context.”4 Una ulteriore precisazione si pone a questo punto: l’Autore distingue tra figure alate di piccole dimensioni e quelle, invece, di scala pari a quella delle altre figure rappresentate. Esse sono caratterizzate dalle ali come numi, ma altra cosa è provare a discettare sulla loro identità, soprattutto in considerazione della polisemia delle immagini in epoca arcaica. A titolo di esempio, l’Autore discute l’identificazione come Kastor dell’isolata figura maschile in corsa, raffigurata su una coppa a f.r. attribuita a Lydos,5 per la quale un’altra identità che viene proposta è Aristeo “den man aufgrund der Attribute (verschiedene Werkzeuge und eine Art Tasche) wahrscheinlich in einer Serie von Bildern des laufenden Flügelmannes sehen kann. Auch er vereint die Qualifikationen “altehrwürdiger Gott” und “den Menschen besonders eng verbunden” in sich” (p. 159).6

Ampio spazio (pp. 163-241) viene dedicato alla trattazione delle figure alate indicate come Nike, incarnazione del successo, e immagine della funzione di intermediario tra i due mondi. Ella è raffigurata spessissimo nell’atto di libare, momento topico che suggella e rinnova, insieme al sacrificio, il patto di alleanza tra uomini e dei. Le divinità con cui compare maggiormente in associazione sono Zeus e Atena, e per entrambi i casi l’Autore fornisce evidenze letterarie delle ragioni alla base della scelta.

Infine, l’attenzione è posta ad altre figure alate (pp. 242-276), come Iris, Eris, Eros (incarnazione della fertilità, prosperità, felicità), Ermes e altre (i venti, Thanatos e Hypnos, Eos, gli eidola). Dal momento che il benessere e il successo sono visti come dipendenti dagli dei, questi esseri rappresenterebbero visivamente l’azione degli dei. Assolutamente condivisibile è la lettura, che riprende bibliografia precedente, delle scene di Iris e dei satiri non come raffigurazioni di un (improbabile) dramma satiresco, quanto piuttosto di Iris come inviata dagli dei a raccogliere la carne del sacrificio, compito che rientra nei suoi doveri di messaggera che valica in continuazione i confini dei mondi divino e umano.7 Il lavoro si conclude con oltre cento pagine di note e con il catalogo dei pezzi analizzati, divisi per classi: attici (70 pezzi) , laconici (23) e altro (una hydria ceretana, un piatto “rodio” e un sarcofago clazomenio).

Bibliografia e indici chiudono il volume, che resterà come un’opera di riferimento imprescindibile per gli specialisti che si occupino di iconografia e di ceramografia, cui affiancare i precedenti lavori sul tema 8 Dal punto di vista metodologico, si è più volte ricordata l’importanza fondamentale di uno studio dei materiali che tenga conto sia della tradizione artistica di appartenenza, che del contesto di rinvenimento, secondo un metodo di analisi che offre la possibilità di comprendere la specificità del dato archeologico, con particolare riguardo ai caratteri della società e dell’individuo che ne furono all’origine: il volume rispetta queste premesse. Ci auguriamo che l’Autore o altri possano continuare l’indagine iconografica delle figure alate sulla ceramografia, specialmente attica, nel IV sec. a.C., per osservare se e in che modo il mutato contesto storico della polis cambi la percezione di queste entità nelle raffigurazioni o se esse mantengano il loro valore di mediatori tra il mondo degli uomini e quello degli dèi. ​

Notes

1. M.C.Monaco, “Il cratere n. 77 di Adolphseck. Nuove considerazioni”, in ASAtene 66-67 (1988-89) [1993], pp. 57-72.

2. Si veda la accuratissima scheda bibliografica del volume s.v. A70, pp. 419-420.

3. Sulle figurine alate laconiche si vedano i numerosi studi di M. Pipili, tra i quali mi limito a citare Laconian Iconography of the Sixth Century B.C., Oxford 1987 e “ Archaic Laconian vase-painting: some considerations”, in G. Cavanagh, S. E. C. Walker, A. W. Johnston, J. N. Coldstream (eds.), Sparta in Laconia: The Archaeology of a City and its Countryside: Proceedings of the 19th British Museum Classical Colloquium (BSA Studies Series No. 4), London: The British School at Athens, 1999, pp. 82-96; si consideri altresì il lavoro di A. Faustoferri, “Tentativo d’interpretazione dei soggetti raffigurati all’interno delle coppe laconiche del VI sec. a.C.”, in Studi sulla ceramica laconica. Atti del seminario (Perugia, 23-24 febbraio 1981), Archeologia Perusina 3, Roma, 1986, pp. 119-147.

4. Anthi Dipla, recensione a Elisa Pellegrini, Eros nella Grecia arcaica e classica. Iconografia e iconologia, Roma 2009.

5. E. Kunze Götte, “Ein besonderer Flügeljüngling archaischer Zeit”, in AntK 42, 1999, pp. 52-62.

6. Cf. [?] M.E. Gorrini, “Dedalo o Aristeo? Un’indagine su alcuni documenti greci ed etruschi”, in M. Harari (et alii), eds., Icone del mondo antico. Un seminario di storia delle immagini. Pavia, Collegio Ghislieri, 25 novembre 2005, Roma 2009, pp. 89-110, che non considera il pezzo in esame ma altri documenti con figure alate identificabili, sulla base di attributi e contesti, possibilmente con Aristeo.

7. Sarebbe stato interessante considerare anche le osservazioni in merito di Alessia Bonadeo, Iride: un arco tra mito e natura, Firenze, Le Monnier 2004 (BMCR 2007.03.07).

8. A partire da quello di Cornelia Isler Kerenyi Nike. Der Typus der laufenden Flügelfrau in archaischer Zeit, Erlenbach ZH 1969, ma anche di Cornelia Thöne, Ikonographische Studien zu Nike im 5. Jahrhundert v. Chr.: Untersuchungen zur Wirkungsweise und Wesenart. Archäologie und Geschichte Band 8, Heidelberg: Verlag Archäologie und Geschichte, 1999, e il già citato studio di E. Pellegrini, Eros nella Grecia arcaica e classica. Iconografia e iconologia, Roma 2009. ​