BMCR 2012.12.50

ΣΗΜΑΙΝΕΙΝ / Significare. Scritti vari di ermeneutica archeologica (a cura di Angela Sciarma) (2 vols.). Studia erudita, 15

, ΣΗΜΑΙΝΕΙΝ / Significare. Scritti vari di ermeneutica archeologica (a cura di Angela Sciarma) (2 vols.). Studia erudita, 15. Pisa; Roma: Fabrizio Serra editore, 2012. xxvi, 727. ISBN 9788862274074. €380.00 (pb).

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Tra i più autorevoli e versatili antichisti non solo italiani, Mario Torelli è uso raccogliere in libri i propri articoli apparsi su determinate tematiche, di solito vaste e articolate.1 Tali volumi sono utili non solo perché raccolgono testi apparsi anche in sedi editoriali di scarsa accessibilità, ma specialmente perché consentono di seguire l’itinerario culturale percorso dall’autore nel tempo lungo proprie linee di ricerca. La selezione in esame, la più ampia sinora compilata, raccoglie i saggi editi dal 1987 al 2010, che, come esprime l’eloquente sottotitolo, sono stati dedicati alla decifrazione dei messaggi trasmessi con le immagini nelle culture figurative greca, etrusca e romana. Il primo volume, dedicato alle architetture in prevalenza greche e romane, contiene ventidue saggi; nel secondo, riservato alle immagini greche, etrusche e romane, compaiono ventisei contributi. Se già di per sé l’esame pure sommario di un tale numero di studi eccederebbe lo spazio di una recensione, l’ampiezza dei temi trattati supera le competenze dell’estensore di queste note, che si limiteranno quindi a rendere giustizia della generale complessità dei testi con l’esame di alcuni casi particolari, comunque esemplari del metodo di indagine. La valorizzazione del contesto di ritrovamento dell’opera, l’analisi filologica del monumento, le relazioni a vasto livello eruibili con ogni strumento disponibile e in specie il confronto con il momento storico di pertinenza sono le linee guida percorse sistematicamente dallo studioso, che è solito comporre le informazioni ottenute in un sistema complesso, ma coerente, che occorre discutere nella totalità.

Nel primo volume piace soffermarsi sullo studio (pp. 57-76) dedicato alla rilettura del complesso sotterraneo esplorato nell’area urbana di Caere nel corso degli scavi condotti dall’allora Istituto per l’archeologia etrusco-italica del Consiglio Nazionale delle Ricerche sotto la guida di Mauro Cristofani, che ne rivelarono la struttura, la decorazione pittorica e il corredo di iscrizioni in lingua latina . Queste ultime consistono in un testo inciso, menzionante C. Genucio Clousino prai databile all’epoca repubblicana, e in una serie di iscrizioni tracciate con il nerofumo, risalenti al III sec. d.C., relative allo svolgimento del rito dei Rosalia.

L’intervento di Torelli è concentrato sulla fondazione e sulla fase repubblicana del complesso ipogeo. Con una serie incisiva di riferimenti alla tradizione letteraria e grazie alla propria consuetudine con le iscrizioni latine , lo studioso propone una nuova lettura dell’ epigrafe repubblicana, sciogliendo l’abbreviazione prai- in prai(fectos) anziché prai(tor). Egli riesce così a riportare la dedica dell’ipogeo all’indomani di un evento storico molto delicato per Caere quale la concessione della civitas sine suffragio alla città etrusca da parte di Roma, che in modo convincente Torelli colloca dopo il 273 a.C. Il complesso ipogeo viene quindi interpretato come il mundus di Caere, un luogo di culto sotterraneo che nel mondo romano poteva avere carattere pubblico e privato, ma che era comunque aperto in determinati giorni dell’anno per cerimonie. Il riconoscimento di un dokanon, la riproduzione aniconica dei Dioscuri, nella raffigurazione dipinta di due linee orizzontali unite da setti verticali, consente di inserire tra i culti praticati nell’ipogeo di Caere oltre ai Rosalia anche quelli dedicati ai Dioscuri. Dal novero delle riproduzioni di dokana menzionate da Torelli è comunque preferibile escludere i rivestimenti bronzei dalla tomba Regolini-Galassi di Caere, riferiti alla decorazione di un carro da Adriana Emiliozzi.2 Il rinnovato interesse per l’ipogeo di Caere suscitato da Torelli anche con questo testo è sfociato in una campagna di ricerche sul terreno, che, tese a inserire il monumento nel contesto urbano di Caere in epoca repubblicana, sono tuttora in corso sotto la responsabilità di Fabio Colivicchi, a cui se ne devono i primi resoconti.3

Animato dall’interesse dello studioso di razza, Torelli ha provato a rivisitare da par suo la glittica etrusca, esaminando rispettivamente scarabei (pp. 509-542) e gemme da anello (pp. 543-554), già raccolti pregevolmente da altri in monografie, ma prima del suo intervento ancora privi di un’interpretazione generale dei soggetti raffigurati.4 Con opportuni rimandi, lo studioso riesce a dimostrare come specie i motivi incisi sulla base degli scarabei siano profondamente radicati nel patrimonio figurativo della cultura etrusca e ne esprimano i valori tradizionali, che se da unn lato ne ribadiscono i forti legami con il mondo greco, dall’altro ne rivalutano la sostanziale autonomia. Anche in questo caso, alle indagini di Torelli sono seguiti contributi di altri studiosi su gemme e scarabei etruschi, che confermano l’attualità di tali ricerche.5

È opportuno quindi segnalare uno studio che coniuga le competenze di Mario Torelli sulle culture etrusca e romana, quale quello dedicato alla sedia Corsini (pp. 571-577). Questo trono venne rinvenuto nel Settecento nel corso di lavori edilizi promossi da papa Clemente XII Corsini a Roma nell’area del Palazzo del Laterano, insieme ad altri reperti marmorei, in parte identificabili con quelli oggi conservati a Palazzo Corsini a Roma. Il manufatto è stato in precedenza trascurato dalla critica per l’isolamento nell’arte romana e per l’inquadramento non agevole che richiedeva, a causa della forma dominata dall’ampio schienale ricurvo, ispirata ai più antichi monumenti etruschi e poco conciliabile con il marmo in cui è realizzato. Come altri simboli del potere, quali le più recenti sellae curules, anche il trono fu trasmesso dalla cultura etrusca a Roma: è noto che il patronus riceveva i propri clientes assiso in trono, adottato quale simbolo trasparente del rango. Torelli ne riporta la collocazione originaria all’arredo della dimora dei Plautii, che viene ricordata per il proprio fasto da Giovenale e che lo studioso localizza sul Celio proprio nell’area della basilica di San Giovanni in Laterano. La gens romana dei Plautii contava origini sabine e prima di essere cancellata in epoca neroniana dalla repressione seguita alla congiura ordita da G. Calpurnio Pisone, (nella quale perse la vita anche Plautius Lateranus, console designato nel 65 d.C.) accolse tra i propri numerosi rami anche alcune dame etrusche a partire almeno da Urgulania, vissuta in epoca augustea. È quindi del tutto verosimile che, per vantare le origini e l’altissima discendenza di Urgulania, nel I sec. a.C. forse attorno al 40 a.C. nel clima di recupero dei cimeli di un passato glorioso favorito dallo stesso imperatore Augusto, sia stato elaborato un monumento che esaltasse il rango della nobildonna e con essa del casato, riprendendo gli esempi documentati dalle sepolture dalla prima metà del VII al VI secolo a.C.— dai rari troni in lamina bronzea deposti in Etruria e nel Lazio a quelli lignei rinvenuti a Verucchio e dai modelli riprodotti nel vivo della roccia tufacea nelle camere funerarie in numerose località dell’Etruria meridionale. L’elevato valore simbolico attribuito ai troni in Etruria è ribadito anche dall’affermazione di Pausania (5, 12, 5), che menziona quale primo dono votivo di uno straniero a Olimpia il trono dedicato dall’etrusco Arimnestos, una affermazione che apre non poche questioni.6

Come spesso accade nelle ricerche di Torelli, anche questa ricostruzione, per quanto basata su una concatenazione di ipotesi, ha il pregio di connettere tra loro in modo convincente numerosi dettagli, altrimenti mal spiegabili, e di creare un sistema complesso, che per l’ampiezza dei monumenti citati a confronto e per il taglio stesso della ricerca, anche se può non essere condiviso da chi legge, ha comunque il vantaggio di indicare una via metodologica, che apre a ulteriori ricerche. Per concludere, sia consentito notare che in un’opera di tale prezzo stupiscono non tanto l’austera veste editoriale, quanto la mancanza di indici analitici (delle fonti letterarie, delle iscrizioni, dei nomi, ecc.), che avrebbero certamente arricchito gli imponenti volumi e ne avrebbero facilitato la consultazione.

Sommario

Presentazione.
Bibliografia di Mario Torelli.
Saggi.
Tabula gratulatoria.

I. Il linguaggio delle architetture: tipi edilizi, funzioni, cerimonialità: Artemide Hemera a Poseidonia.
Contributo alla ricostruzione del pantheon di una colonia achea; I culti di Imera tra storia e archeologia; Le Adonie di Gravisca.
Archeologia di una festa; C. Genucio(s) Clousino(s) praif(ectos).
La fondazione della praefectura Caeritum; Il diribitorium di Alba Fucens e il campus eroico di Herdonia; Chalcidicum.
Forma e semantica di un tipo edilizio antico; Attorno al Chalcidicum : problemi di origine e diffusione; Da Sparta a Villa Adriana: le terme dell’Arapissa, il ginnasio del Platanistas e il Teatro Marittimo; Augustalium sedes Rusellanorum.
A proposito della “Casa dei Mosaici” di Rusellae; Le basiliche circiformi di Roma.
Icnografia, funzione, simbolo; Le basiliche circiformi.
Icnografia e forme mentali; Gli Iunii Bassi a Rusellae ?
A proposito della c.d. Basilica dei Bassi nel foro rusellano.
Linguaggi dell’urbanistica: L’Asklepieion di Messene, lo scultore Damofonte e Pausania; Fenomenologia del culto di Asclepio.
I casi di Epidauro, Trezene ed Atene; Culto imperiale e spazi urbani in età flavia.
Dai rilievi Hartwig all’arco di Tito; Il culto imperiale a Pompei; L’immagine dell’ideologia augustea nell’agorà di Atene; Pausania a Corinto. Un intellettuale greco del secondo secolo e la propaganda imperiale romana.
Monumenti di Roma e loro messaggi : Topografia e iconologia.
Arco di Portogallo, Ara Pacis, Ara Providentiae, Templum Solis; Ara Maxima Herculis.
Storia di un monumento; Atrium Minervae.
Simbologia di un monumento e cerimonialità del congiarium; Immagini di città: dal Colle Oppio a Piazza Armerina e oltre.

II. Immagini, contesti e messaggi: il mondo greco : Lo scudo pseudoesiodeo di Eracle, Zelos omerico, immagine e fonti di ispirazione; Il mito all’alba di una colonia greca.
Il programma figurativo delle metope dell’ Heraion alla foce del Sele ( in collaborazione con C. Masseria); Un dono per gli dei: kantharoi e gigantomachie.
A proposito di un kantharos a figure nere da Gravisca; L’immaginario greco dell’oltremare.
La lekythos eponima del Pittore della Megera, Pausania I, 23, 5-6 e Pitecusa; Adone a Posidonia; La palma di Artemide e la palma di Apollo.
Messaggi iconici e simbologie lontane; Riflessi dell’eudaimonia agrigentina nelle ceramiche attiche importate; Le ceramiche a figure rosse di Gela.
Contributo alla costruzione del profilo culturale di una città; Il “trono Ludovisi” da Erice all’Oriente; L’Afrodite Sosandra e un luogo di culto “dimenticato” dell’Acropoli di Atene; Forma greca e culture periferiche: il caso di Kazanlak.
Il mondo etrusco : Autorappresentarsi. Immagine di sé, ideologia e mito greco attraverso gli scarabei etruschi; Appius alce.
La gemma fiorentina con rito saliare e la presenza dei Claudii in Etruria; Ideologia e paesaggi della morte in Etruria tra arcaismo ed età ellenistica; ‘Etruria principes disciplinam doceto’.
Il mito normativo dello specchio di Tuscania; La «Sedia Corsini», monumento della genealogia etrusca dei Plautii.
Il mondo romano : Fictiles fabulae. Rappresentazione e romanizzazione nei cicli figurati fittili repubblicani; Gli dei di terracotta.
Il frontone di Via di S. Gregorio in una mostra romana; Ex his castra, ex his tribus replebuntur : The Marble Panegyric on the Arch of Trajan in Beneventum; Statua equestris inaurata Caesaris : mos e ius nella statua di Marco Aurelio; Hispania.
Hanc Proculus proconsule optinuit; Il ciclo di ritratti dei Mucii Scaevolae da Foruli (Amiternum).
Un paradigma indiziario di prosopografia tra repubblica e impero; La megalografia dell’oecus della Villa di Boscoreale.
Programma iconografico e programma politico; La basilica di Ercolano.
Una proposta di lettura; Il nuovo affresco di “arte popolare” dell’agro Murecine; Il fregio d’armi nel Museo di Antichità di Torino.
Ipotesi per un monumento di un senatore di epoca claudia.
Bibliografia delle illustrazioni.

Notes

1. Typology and Structure of Roman Historical Reliefs, University of Michigan Press, Ann Arbor 1982, 2nd ed. 1992; La società etrusca. L’età arcaica, l’età classica, Nuova Italia Scientifica, Roma 1987; Studies in the romanization of Italy, University of Alberta Press, Edmonton 1995; Il rango, il rito e l’immagine. Alle origini della rappresentazione storica romana, Electa, Milano 1997; Tota Italia. Essays in the Cultural Formation of Roman Italy, Oxford University Press, Oxford 1999; La forza della tradizione, Milano, Longanesi, 2011.

2. Adriana Emiliozzi, “I resti del carro Bernardini nel quadro delle attestazioni coeve dell’area medio-italica” in , La necropoli di Praeneste. Periodi orientalizzante e medio repubblicano. Atti del Secondo Convegno di studi archeologici, a cura di Bruno Coari, Roma, Comune di Palestrina, 1992, pp. 104-105.

3. Fabio Colivicchi, “Il mundus di Clepsina e la topografia di Cerveteri. Scavi dell’Università di Perugia nell’ex vigna Marini-Vitalini” in Science and Technology for Cultural Heritage 12, 1-2, 2003, pp. 11-42; Fabio Colivicchi, “The Mundus of Caere and Early Etruscan Urbanization” in Urban Dreams and Realities. Proceedings of the Interdisciplinary Conference on the City in Ancient Cultures, Edmonton October 21 st – 23 rd 2011, in press.

4. Peter Zazoff, Etruskische Skarabaen, Mainz am Rhein, Philipp von Zabern 1968; Wolfram Martini, Die etruskische Ringsteinglyptik, Heidelberg, Kerle, 1971.

5. Si vedano almeno: Giovanni Colonna, “Un etrusco a Perachora. A proposito della gemma iscritta già Evans col suicidio di Aiace” Studi Etruschi 73, 2007, 215-221; Laura Ambrosini, Le gemme etrusche con iscrizioni, Mediterranea Supplementi 6, Pisa, Roma 2011, con le osservazioni critiche di Attilio Mastrocinque, in BMCR 2012.05.22.

6. Sulla documentazione relativa ai troni etruschi mi permetto di rimandare a Alessandro Naso, “Anathemata etruschi nel Mediterraneo orientale” in Gli Etruschi e il Mediterraneo. Commerci e politica, Annali della Fondazione per il Museo Claudio Faina 13, Roma 2006, pp. 351-416.