Il volume ha un’articolazione minuziosa e complessa,1 che si rivela sin dal titolo. La coerenza e la chiarezza del metodo e degli obiettivi sono opportunamente esposti nella Einleitung e non vengono disattesi. Sin dalle prime parole appaiono con chiarezza lo scopo, il metodo, la delimitazione temporale e la tipologia di materiale utilizzato:
Im Blickfeld dieser Studie steht die Präsentation von Kindern auf attischen Bilddarstellungen des 6. Bis 4. Jh. v. Chr. Sie konzentriert sich auf Heranwachsende verschiedener Altersstufen in szenischen Bildzusammenhängen. Die Analyse der Merkmale der verwendeten Bildsprache und ihrer Bedeutung erfolgt gattungsübergreifend am Beispiel von Gefäß- und Reliefdarstellungen von Hintergrund des historischen Kontextes. […] Für die Beschäftigung mit der Kunst und Kulturgeschichte des Mittelmeerraumes spielen Darstellungen auf antiken griechischen Gefäßen oder Reliefs das Konstruktionen gesellschaftlicher Wertvorstellungen eine besondere Rolle: Ihre Bilder ermöglichen Rückschlüsse auf zeitspezifische Normen und Verhaltensweisen. Die Bildträger ihrerseits fanden in den verschiedenen Lebensbereichen in vielfältigen Funktionen Verwendung – im Alltag wie im Kult. Ihre weitläufige Verbreitung macht sie zu bedeutenden Medien im antiken Kommunikationsprozess (p. 17).
Come segnala la stessa autrice, non c’è niente di particolarmente innovativo nello studio delle immagini come mezzi per veicolare messaggi (identità, valori sociali, norme di comportamento), ma risulta significativamente interessante – per quanto concerne l’approccio multidisciplinare, fondamentale in un lavoro di questo tipo – l’applicazione di teorie mutuate dalla semiotica e dalla filosofia del linguaggio allo studio del mondo antico.
Für die Analyse einzelner Bilder bedeutet dies: Darstellungen bestehen aus einzelnen Bildelementen, deren Summe eine Bildaussage ergibt. Die Bildelemente setzen sich aus Zeichen und Symbolen zusammen, welche auf den Ebenen der Ikonographie und Bildsprache analysierbar sind. (p. 25).
Umberto Eco è espressamente citato.
La studiosa concentra la sua attenzione in particolare sui bambini e sugli adolescenti ritratti nell’ambito di cerimonie festive e/o cultuali (si noterà successivamente che non sempre è agevole o possibile distinguere tra contesto festivo e contesto cultuale) fra VI e IV secolo a.C. Queste immagini, secondo Martina Seifert, ci parlano del loro futuro ruolo in base al sesso maschile o femminile all’interno della complessa e gerarchica struttura sociale attica. I bambini e gli adolescenti, infatti, non sarebbero stati esclusi a priori, in quando non-adulti, dalla vita sociale della polis. Più precisamente l’ oikos e la phratria, come Bezugsgruppen, avrebbero rivestito un ruolo cruciale nel loro processo di integrazione, attraverso rituali raffigurati, appunto, in una cospicua parte della documentazione analizzata. L’appartenenza all’ oikos e alla phratria diventa per il non-adulto l’elemento garante e fondante dell’identità sociale.
Dopo un breve Capitolo relativo ai vocaboli utilizzati per indicare le diverse fasce d’età nelle fonti scritte (opere teatrali, filosofiche e passi contenenti informazioni sugli agoni sportivi), seguono tre capitoli dedicati prevalentemente all’analisi della documentazione archeologica.
Nel Capitolo Die Figur des Kindes in der attischen Bildkunst des 6. Und 5. Jh. v. Chr. (pp. 35-105) si analizzano le diverse modalità con cui i bambini e gli adolescenti vengono raffigurati nella pittura vascolare e sui rilievi votivi nel periodo di tempo indicato (si distinguono bambini rappresentati da soli o assieme ad adulti, divini o umani, raffigurati in maniera realistica o come adulti in miniatura; poi il motivo del commiato o quello della consegna del bambino e via discorrendo).
Partendo dal presupposto che un numero rilevante di raffigurazioni presenti su vasi e su rilievi mostrano i bambini e gli adolescenti come membri dell’ oikos e che, difatti, a parte alcune significative eccezioni come le Choenkännchen (la cui funzione rimane una questione aperta), i bambini e gli adolescenti vengono sempre raffigurati assieme agli adulti, seguono due densi capitoli relativi all’analisi dettagliata di raffigurazioni su vasi e su rilievi votivi, intitolati Kinder in attischen Festkontexten: Altersklassen, Geschlechterrollen und Sozialisationsstufen auf Gefässdarstellungen des 6. bis 4. Jh. v. Chr. (pp. 107-155) e Kinder in attischen Kultkontexten: Kommunikation und Präsentation auf Weihreliefdarstellungen des 5. und 4. Jh. v. Chr. (pp. 157- 255). Le rappresentazioni vascolari vengono analizzate con l’obiettivo di cogliere il ruolo dei non-adulti all’interno di alcune festività pubbliche, mentre nelle raffigurazioni su stele votive è indagata in particolare la loro funzione in contesti più specificatamente cultuali (quindi ampio spazio viene dato alle divinità presenti in queste immagini e al loro ruolo nei cosiddetti “riti di passaggio”). I confini fra Festkontexten e Kultkontexten non possono che essere labili (forse a questo proposito avrebbe giovato una maggiore precisione terminologica, v. supra): Artemide, a esempio, compare sia come divinità coinvolta nell’ arkteia sia come divinità al cospetto della quale si presenta un intero gruppo sociale ( oikos o phratria ?) nei rilievi votivi; le Apaturie sono menzionate in entrambi i capitoli. Sebbene vengano prese in considerazione entrambe le tipologie, per l’impostazione del lavoro e per gli scopi che si propone di raggiungere (cioè dimostrare, attraverso lo studio delle immagini, l’integrazione dei non-adulti all’interno dei gruppi sociali di appartenenza) le raffigurazioni su rilievi ci sembrano rivestire un’importanza maggiore (e difatti il catalogo è dedicato soltanto a essi). “Götterkulten und somit der Religion” – infatti – “kommt eine Schlüsselfunktion bei der Integration von Kindern und Jugendlichen in die Gemeinschaft des Erwachsenen zu.” (p. 257).2 La studiosa non manca mai di ricordare come la società attica di quel tempo fosse fortemente gerarchizzata in base ad alcune cosiddette “categorie di appartenenza” (sesso, condizione sociale, reddito, età).3
Riflessioni salienti e conclusioni sono raccolte negli ultimi due capitoli, intitolati Kinder als Angehörige von Oikos und Phratrie (pp. 257-273) e Dazugehören: Ideenskizze zum Wandel der Kinderdarstellungen (pp. 275- 297). L’originalità del testo non risiede nell’assunto che i non-adulti che partecipano a feste o a altre forme di culto vengono raffigurati in base alla loro età e al loro sesso, ma nello studio delle caratteristiche iconografiche in relazione ai diversi gradi previsti per l’integrazione sociale all’interno dell’ oikos e della phratria e nel tentativo di mettere in luce il codice nascosto che regola la costruzione di queste immagini. Oltre ai già citati meriti del libro, si può aggiungere che esso può essere utilizzato anche come valido strumento per avere una panoramica circa alcune festività, le strutture (e sovrastrutture) sociali, le principali divinità coinvolte a vario titolo nella curotrofia e il contesto storico (mai trascurato, dal momento che “Antike Wirklichkeit kann aus moderner Sicht konstruiert, aber nicht rekonstruiert werden” p. 275).
Si segnalano il catalogo (che, però, si limita ai rilievi votivi) e la bibliografia esaustiva (risultano, però, assenti alcuni significativi studi francesi, come quelli di Françoise Frontisi-Ducroux e François Lissarague);4 si lamenta soltanto un non ricco apparato iconografico (probabilmente non dipendente dalla volontà dell’autrice). La linearità e la precisione metodologiche sono encomiabili; le conclusioni, forse, avrebbero potuto essere maggiormente incisive. Si segnalano inoltre, alla fine del testo, una serie di domande lasciate aperte per ulteriori indagini. Sempre nell’ultima parte del libro, vorremo segnalare, per concludere, un breve ma significativo Paragrafo dal titolo Die Bildsprache: Funktionen von Kindern versus Konstruktionen von “Kindheit” (pp. 292-296), dal quale si ricavano le seguenti parole:
Die hier vorgenommenen Analysen belegen klar, dass Kinder und Jugendliche in der attischen Kunst des 6. bis 4. Jh. v. Chr. nicht im Kontext ihrer verschiedenen Lebensräume und Lebensbedingungen abgebildet wurden. Alters- und Sozialisationsstufen implizieren verschiedene Lebensräume und Lebenszusammenhänge, letztere sind aber nicht primärer Gegenstand des Darstellungsinteresses. Kinder und Jugendliche treten überwiegend auf Darstellungen kultischer und festlicher Zusammenhänge auf, in denen angemessenes Verhalten der dargestellten Personen zur Anschauung gebracht wurde. (p. 293)
Il testo si inserisce perfettamente in quel filone di studi concernente l’infanzia nel mondo antico, che ha conosciuto negli ultimi vent’anni un interesse sempre crescente.5 In particolare a partire dall’inizio del nuovo millennio si sono moltiplicati gli approcci interdisciplinari alla complessa materia in questione, penalizzata e dalla penuria di informazioni sia nelle fonti letterarie che archeologiche (in passato a lungo colpevolmente trascurate) e dall’evanescenza e dall’opinabilità del concetto stesso di infanzia (che cos’è esattamente un bambino? Quando smette di essere tale e perché? Accanto a classificazioni sociali basate sull’età, il problema del passaggio da bambino ad adolescente e ad adulto può essere analizzato dal punto di vista medico, psicologico…). Numerose discipline si incontrano (e si devono incontrare) nell’affrontare un argomento di questo tipo: si spazia dall’archeologia “classica” ai cosiddetti Visual Studies, passando per la storia in senso stretto, per la storia delle religioni, per la filologia e per l’antropologia culturale nelle sue varie sfaccettature (antropologia del corpo, del genere, della parentela). Il libro di Martina Seifert ci sembra un felice esempio di come un singolo studioso possa orientare la sua ricerca in diverse direzioni, senza perdere rigore scientifico (in campo archeologico in particolare, dal momento che, volendo forzatamente inserire il lavoro all’interno di una singola disciplina, si tratta di un’opera di archeologia – o forse meglio di iconografia) e senza abusare di luoghi comuni o di eccessive semplificazioni (quando si apre ad altre discipline).
Notes
1. L’organizzazione del lavoro è molto più articolata di quanto possa sembrare guardando il già dettagliato indice. Soltanto per fare un paio di esempi, il sottoparagrafo 1.1 Prothesis und Grabkult, appartenente al Paragrafo 1. Gefäßdarstellung del Capitolo III. Die Figur des Kindes in der attischen Bildkunst des 6. Und 5. Jh. v. Chr. Grenzsituationen um Tod, Abschied und Geburt è a sua volta suddiviso in: 1.1.1 Schwarzfigurige Darstellungen ( Kleinkinder, Weibliche Figuren, Männliche Figuren, Charakterisierung von Alter und Geschlecht, Alter. Geschlecht und Status, Entwicklung der Bildmotive); 1.1.2 Rotfiguren Darstellungen auf Loutrophoren ( Altersdifferenzierende Merkmale, Kleinkinder, Männliche Figuren, Weibliche Figuren, Charakterisierung von Alter und Geschlecht, Alter, Geschlecht und Status, Entwicklung der Bildmotive); 1.1.4 (ovviamente c’è una lieve svista nella numerazione) Hierarchisierung von Alter und Geschlecht. Oppure, per quanto concerne la parte più storico-religiosa del volume, le Weihungen an Zeus (sottoparagrafo del Paragrafo 2. Benennung und Differenzierung der Adressaten, facente parte del Capitolo V. Kinder in attischen Kultkontexten: Kommunikation und Präsentation auf Weihreliefdastellungen des 5. Und 4. Jh. v. Chr. Götter, Heroen und Menschen) si articolano in: 2.1.1 Zeus Meilichios ( Bärtiger Zeus im Mantel. Sitzend, mit Schale und Stab, Bärtiger Zeus im Mantel. Sitzend, mit Schale und Füllhorn, Bärtiger Zeus im Mantel. Sitzend, mit Schlage, Schlage, Zusammenfassung); 2.1.2 Zeus Philios ( Bärtiger Zeus im Mantel. Sitzend, mit Fackel und Schale, Bärtiger Zeus im Mantel. Sitzend, mit Adler, Schale und Stab, Zusammenfassung); 2.1.3 Pankrates, Plouton, Palaimon ( Bärtiger Pankrates im Mantel. Sitzend, mit Füllhorn und Schale, Bärtiger Plouton im Mantel. Sitzend, mit Füllhorn und Schale); 2.1.4 Unbenannter in Zeusikonographie ( Unbenannter Bärtiger im Mantel. Sitzend, mit Füllhorn, Unbenannter Bärtiger im Mantel. Sitzend, mit Stab); 2.1.5 Zusammenfassung.
2. E di seguito: “Kinder und Jugendliche nahmen besonders ans Angehörige ihrer Familie und Familienverbände an einer Vielzahl von religiösen Ritualen teil oder wurden zum Beispiel über ihre Eltern in solche eingebunden.”
3. Certamente ragionare in base a dicotomie rigide come uomo-donna, cittadini-non cittadino, libero-schiavo, ricco-povero, giovane-vecchio (p. 261) può essere limitante, ma può, all’interno di un lavoro non di taglio esclusivamente antropologico, essere funzionale al discorso.
4. Di Lissarague sono citati alcuni testi, ma manca, appunto, una delle sue opere più importanti, scritta assieme a Françoise Frontisi-Ducroux e Paul Veyne: Les mystères du gynécée, Paris, 1998.
5. A titolo di esempio per la Grecia antica: Mark Golden, Children and childhood in classical Athens, Baltimore-London, 1990; Jenifer Neils, John H. Oakley (eds.), Coming of Age in Ancient Greece. Images of Childhood from the Classical Past, Hanover, 2003; Véronique Dasen (ed.), Naissance et petite enfance dans l’antiquité. Actes du colloque de Fribourg, 28 novembre – 1. décembre 2001, Fribourg-Göttingen, 2004; Ada Cohen, Jeremy B. Rutter (eds.), Constructions of childhood in ancient Greece and Italy, Princeton, 2007; Corinne Ondine Pache, Baby and Child Heroes in Ancient Greece, Urbana – Chicago, 2004; Marie-Claire Crelier, Kinder in Athen im gesellschaftlichen Wandel des 5. Jahrhunderts v. Chr. Eine archäologische Annäherung, Remshalden, 2008; Anne-Marie Guimier-Sorbets, Yvette Morizot (ed.), L’enfant et la mort dans l’Antiquité I: nouvelles recherches dans les nécropoles grecques; le signalement des tombes d’enfants. Travaux de la Maison René-Ginouvès, 12, Paris, 2010.