BMCR 2012.11.47

State Formation in Italy and Greece: Questioning the Neoevolutionist Paradigm

, , State Formation in Italy and Greece: Questioning the Neoevolutionist Paradigm. Oxford; Oakville, CT: Oxbow Books, 2011. x, 281. ISBN 9781842179673. $70.00 (pb).

[Authors and titles are listed at the end of the review.]

Il volume curato da Nicola Terrenato e Donald C. Haggis è una raccolta di saggi che nasce, come dichiarato dagli autori nella prefazione, da due esperienze maturate nell’ambito del Department of Classics della University of North Carolina at Chapel Hill: il workshop State formation and the Mediterranean: Beyond Evolutionism? (gennaio 2003), e il convegno Current Issues in State Formation in the Mediterranean and Beyond (ottobre 2003). In questa seconda occasione vennero presentati oltre trenta contributi con la finalità di dibattere i problemi concernenti l’ Early State Society in un’ampia area geografica, che spaziava dal Mediterraneo all’Europa al Vicino Oriente, al Nord America e all’America Latina. I saggi raccolti nel volume oggetto della presente recensione possono essere considerati come una selezione di quelle ricerche, incentrata, come dichiarato già nel titolo, sull’Italia e sulla Grecia. Il libro è articolato in due sezioni: la prima riguarda l’ambito greco (pp. 18-160), mentre la seconda l’Italia (pp. 162- 272). Un’ampia introduzione a firma dei due curatori del volume precede i singoli studi (pp. 1-16). In essa si sottolinea come nell’ultimo ventennio si sia assistito allo sviluppo di nuovi approcci teoretici in relazione all’emergere della complessità e della formazione dello stato. Si evidenzia tuttavia anche come gli archeologi e gli storici che si sono occupati dei mondi greco e romano siano entrati in questo dibattito tardi, non adottando in linea di massima un approccio di tipo comparativistico e non integrando i dati provenienti da un ampio raggio di contesti geografici vicini. L’introduzione si conclude con la sintetica disamina dei saggi raccolti nel volume, mantenendo la divisione tra ambito egeo e Italia.

Chi scrive premette sin da ora che, per via della sua formazione e dei suoi interessi di ricerca, focalizzerà la presente recensione sulla seconda parte del volume, limitandosi a fornire un breve resoconto dei capitoli che riguardano il mondo egeo.

La “sezione greca” è organizzata cronologicamente e prende le mosse da un contributo di Daniel J. Pullen incentrato sul Neolitico e sull’età del Bronzo nelle società egee. Lo studioso, basando le proprie considerazioni su studi di archeologia del paesaggio, dopo aver preso atto del fatto che vi è un incremento di siti tra il tardo Neolitico e l’inizio dell’Età del Bronzo, seguito da un declino nella media Età del Bronzo e da una nuova ascesa nell’ambito della Tarda Età del Bronzo, si pone lo scopo di indagare l’organizzazione regionale e territoriale delle unità socio-politiche nell’Età del Bronzo con particolare riguardo alla trasformazione da forme di pre-stato a società “statali”. Il volume prosegue poi con due contributi centrati su Creta. Il primo, di Krysti Damilati e Giorgos Vavouranakis, dopo un breve riassunto del più recente dibattito sulla validità del concetto di “stato”, asserisce che i suoi processi di formazione non sono un metodo adeguato per esaminare il record archeologico dell’Età del Bronzo a Creta, a meno di non basarsi su una rinnovata definizione dei concetti di società e del suo funzionamento. Per testare la validità di questo assunto i due autori si concentrano in particolar modo sull’insediamento a Myrtos-Phournou Korophy e sulla necropoli a Mochlos per l’Antico Minoico e sull’architettura palaziale del Tardo Minoico I. Il secondo contributo di ambito cretese, di Klaas Vansteenhuyse, dopo aver sottolineato come le istituzioni politiche cretesi dal Medio Minoico IB al Taro Minoico III sono state etichettate variamente come agricultural state, Early State, a set of peer polities o segmentary state, pone in essere il tentativo di rileggere i concetti di stratificazione e di integrazione nel Tardo Minoico IA con il fine di comprendere meglio il concetto di centralizzazione (di beni, di persone e di informazioni). Rodney D. Fitzsimons concentra invece la sua attenzione sul momento formativo del Mycenaean State, analizzando nel dettaglio i cambiamenti nella natura e nell’utilizzo delle tecniche di architettura monumentale dal Medio Elladico al Tardo Elladico IIIA, riconoscendo quattro distinti momenti, che corrispondono a cambiamenti nei sistemi socio-politici che li hanno prodotti. Concludono la sezione del volume dedicata all’ambito greco due contributi che si occupano di periodi più recenti. Lo studio di Edward Ch. L. van der Vliet, dopo una premessa metodologica, in cui si interroga sulle modalità per distinguere le società statali da quelle non statali, focalizza l’attenzione sul fatto che nella Grecia Arcaica non bisogna sovrapporre meccanicamente i concetti di stato e di polis e che è anzi necessaria una distinzione tra quest’ultima e l’ Early State, essendoci tra i due distinzioni di ordine sistemico. David B. Small infine focalizza la sua attenzione su Priene in un periodo compreso tra il 300 a.C. ca. e il tardo periodo imperiale romano su contesti di riunione e interazione sociale formalizzata, dal momento a questi contesti è riconosciuto il ruolo di costruzione di relazioni asimmetriche, status, autorità e potere.

La seconda sezione del volume che, come già detto, qui si analizzerà più nel dettaglio, è focalizzata sull’Italia centrale tirrenica, con particolare riguardo all’area etrusca e a Roma, più che non sull’Italia centrale tout court, come dichiarato a p. 10 dell’Introduzione. Non a caso ci si concentra su di un’area tutto sommato omogena per quanto concerne gli sviluppi del sistema politico e “statale”. Varcare questi confini e affrontare l’Italia centrale nella sua interezza avrebbe voluto dire fronteggiare realtà, pur geograficamente limitrofe, ma molto più variegate e soprattutto difficilmente comparabili tra di loro. Il lettore ha dunque l’impressione che si sia optato giustamente per un quadro geografico ristretto – sostanzialmente quello etrusco e latino – che garantisse la possibilità di mettere a disposizione dati tra di loro almeno in parte paragonabili e confrontabili, pur dovendo tenere presente le differenze tra ambito etrusco e quello latino-romano, frutto di due sistemi culturali diversi, come giustamente sottolineava ormai oltre un trentennio fa Mario Torelli.1

La “sezione italica” prende le mosse con un contributo a firma di David I. Redhouse e Simon Stoddart, che dichiarano esplicitamente come il loro concetto di “Etruscan State” sia quello che ha ispirato Colin Renfrew nel 1975 per definire il concetto di Early State Module. Lo sforzo degli Autori è concentrato a stabilire la validità del metodo XTENT2 applicato alle emergenti città etrusche, sottolineando come questo metodo sia in grado di correggere l’eccessiva schematicità dei poligoni di Thiessen.3 Già Colin Renfrew tuttavia ricordava come in entrambi i casi – poligoni di Thiessen e metodo XTENT – si trattasse di modelli teorici, non necessariamente corrispondenti alle realtà fattuali e per i quali bisognava poi calibrare – ove possibile – i dati emersi con le realtà effettive.4 Lo studio di David Redhouse e Simon Stoddart si concentra molto, come ovvio per il tipo di modelli applicati, sulle dimensioni territoriali delle grandi città etrusche, dando così un quadro – almeno secondo chi scrive – inevitabilmente parziale e tralasciando fattori strettamente legati allo sviluppo dell’ambito urbano che non sono per forza di cose dipendenti dalle dimensioni dei plateau e dalle supposte dimensioni dei territori di pertinenza.

Nel contributo successivo J. Theodore Peña sostiene come l’emergere dell’aristocrazia in ambito etrusco sia alla base dello sviluppo del potere politico centralizzato, ravvisando come fattore scatenante di questo fenomeno l’intensa serie di relazioni e scambi con i mondi fenicio e greco. Lo studioso segue in questo un filone consolidato nell’ambito degli studi sull’antica Etruria, ma il modello teorico di riferimento in questo caso è quello fornito dagli studi di Rita Smith Kipp ed Edward M. Schortman relativi alla formazione dello stato hawaiano. J. Theodore Peña propone di riconoscere un modello simile anche alla base della transizione dal chiefdom allo stato nell’Etruria Meridionale Costiera. Alla base del modello di Kipp e Schortman si trovano tre fondamentali assunti: la comparsa di forme di scambio di mercato, la divaricazione del gap di ricchezza esistente tra le élites e il resto della comunità e infine la concentrazione degli strumenti di potere coercitivo nelle mani delle élites. Lo stesso Peña sottolinea la difficoltà di trovare conferme archeologiche a questo tipo di assunti e si chiede se l’emergere degli emporia lungo la costa tirrenica possa essere considerato per forza di cose sinonimo di mercato. Non si può non evidenziare come gli esempi che porta, concentrati soprattutto sull’emporio ceretano di Punicum e sull’evidenza del relitto del Giglio, siano comunque cronologicamente più recenti della fase iniziale del processo e si collocano in un momento in cui più che di formazione dello stato ci si trova di fronte alla città in pieno regime di funzionamento, con il pieno controllo anche del territorio di pertinenza e dei porti.

Il volume prosegue con lo studio di Carrie Murray, che si focalizza sull’emergere dell’architettura monumentale in Etruria e sul suo legame con il controllo della forza lavoro nelle mani di un numero ristretto di persone nell’ambito della comunità. La studiosa, che utilizza come caso di studio in particolare la città di Veio, ricorda come la crescita dell’investimento nell’architettura monumentale possa essere un indicatore di un incremento nel ritual authority e crede di riconoscere tra le caratteristiche fondanti anche un – a mio modo di vedere non pienamente dimostrato – “limited degree of access” a queste strutture. In altri termini, secondo la studiosa, lo sviluppo di questi complessi monumentali è un punto di vista privilegiato per riuscire a percepire una divisione e una strutturazione sociale chiara nel VII e VI sec. a.C. in ambito etrusco, giungendo a confermare un quadro delle società di età orientalizzante e arcaica già da tempo noto e oggetto di dibattito.5

Da qui in poi il volume ospita quattro studi incentrati sulla realtà romana. Apre la sezione l’interessante saggio di Christopher Smith, che si sforza di sondare l’applicabilità del concetto di state alla realtà romana e conclude sostenendo che nel caso del Lazio percepiamo una regione divisa in città-stato, una delle quali è Roma. È particolarmente condivisibile la linea che Smith adotta, inserendosi in un filone di studi ben consolidato, di lettura di queste città dell’Italia centrale tirrenica come di società aperte, alla base delle quali “it is not clear that is only one elite rather than a number of differently related elites” a confronto, non potendo esimersi dal citare il caso romano dei re “stranieri” e sottolineando lo stato di stress sistemico di una società frequentemente sul punto di collasso.

L’acuto saggio di Nicola Terrenato, che già nel titolo sceglie di adottare la classificazione dell’ Early City- State, allontanandosi implicitamente in questo modo dal modello dello stato, si sforza di trovare una soluzione mediata tra il modello teorico e la realtà storica e archeologica oggetto del suo studio. La visione che propone è quella che si basa sulla compresenza di un certo numero di clan leaders direttamente impegnati nella formazione della nuova organizzazione politica e sottolinea come la Roma delle gentes abbia a lungo convissuto con la Roma “ufficiale”, la città. Lo sviluppo della città, che viene vista non come il risultato di decisioni consapevoli piuttosto che di una reazione ai cambiamenti economici o demografici (p. 241), ha in altri termini creato spazi di garanzia per le gentes e le regole della città hanno irreggimentato quei settori di vita comune che non erano già coperti dalle leggi delle singole gentes.

Il volume continua con un saggio di Laura Motta, incentrato sullo studio dei rinvenimenti archeobotanici nel settore 9 degli scavi di Andrea Carandini al Palatino a Roma, che, secondo la studiosa, che pur richiama spesso alla cautela per via delle esigue basi documentarie a disposizione, potrebbero essere letti come prove della transizione nel corso del VII sec. a.C. ad un sistema in cui i cereali sono sottoposti ad un processo di trasformazione e immagazzinamento centralizzati e poi in un secondo momento redistribuiti ai consumatori.

Chiude il volume uno studio di Albert J. Ammerman che propone un paragone tra tre realtà urbane piuttosto lontane da più punti di vista (cronologico, geografico, culturale…): il Foro a Roma, l’Agorà ad Atene e Piazza San Marco a Venezia. Il contributo nasce dall’esperienza delle indagini archeologiche condotte dallo studioso nei tre siti in questione e si basa sull’osservazione che in tutti e tre i casi le città hanno conosciuto in specifici momenti operazioni di trasferimento del centro politico. Ammerman traccia così un quadro che comprende sei punti di contatto tra le tre città. Polifunzionalità e lunga durata, marginalità iniziale del luogo prescelto, che va a sostituire il precedente fulcro, necessità di trasformazione del paesaggio al fine di assolvere il nuovo ruolo e quella che viene riconosciuta come volontaria de-memorization dell’evento di spostamento sono i principali punti in comune rintracciati dallo studioso, che annuncia come sia sua intenzione approfondire questo studio comparativo in un libro di prossima stesura. Nel pur interessante tentativo posto in essere, rimane valido quanto riconosciuto dall’Autore stesso all’inizio del saggio: “It is worth recognising at the start that is a daring venture to attempt a comparative study of this kind”.

In conclusione il libro si presenta come una miscellanea di studi di un certo interesse, che ha l’ambizione di riportare in primo piano la questione del dibattito sulla formazione della complessità politica in due ambiti territoriali centrali del bacino del Mar Mediterraneo e che risulterà utile soprattutto per coloro che si occupano delle specifiche tematiche trattate nei singoli contributi che formano il volume.

Table of Contents

Nicola Terrenato, Donald C. Haggis, Preface
Nicola Terrenato, Donald C. Haggis, Introduction
Part I: The Aegean
Daniel J. Pullen, Levels of Integration and Social Change in Neolithic and Bronze Age Aegean Societies: From Chiefdom to Proto-States
Krysti Damilati, Giorgos Vavouranakis, “Society against the state?” Contextualizing Inequality and Power in Bronze Age Crete
Klaas Vansteenhuyse, Centralisation and the Political Institution of Late Minoan IA Crete
Rodney D. Fitzsimons, Monumental Architecture and the Construction of the Mycenaean State
Edward Ch. L. van der Vliet, The Early Greek Polis: Regime Building, and the Emergence of the State
David B. Small, Contexts, and Social Change in Ancient Greece
Part II: Italy
D.I. Redhouse, S. Stoddart, Etruscan State Formation
J. Theodore Peña, State Formation in Southern Coastal Etruria: An application of the Kipp-Schortman model
Carrey Murray, Constructions of Authority through Ritual: Considering transformations in ritual space as reflecting society in Iron Age Etruria
Christopher Smith, Citizenship and Community: Inventing the Roman Republic
Nicola Terrenato, The Versatile Clans: Archaic Rome and the nature of Early City-States in Central Italy
Laura Motta, Seeds and the City. Archaeobotany and State Formation in Early Rome
Albert J. Ammerman, Relocating the Center: A Comparative Study
Index
Notes

Notes

1. Mario Torelli, “Archaic Rome between Latium and Etruria”, in The Cambridge Ancient History, VII, 2, Cambridge 1988, pp. 30 s.

2. Colin Renfrew, E.V. Level, “Exploring dominance: predicting polities from centres”, in Colin Renfrew, K.L. Cooke (Eds.), Transformations, Mathematical Approaches to Culture, New York 1979, pp. 145-168.

3. Colin Renfrew, Paul Bahn, Archaeology. Theories, Methods, and Practice, London 1991 (trad. it. Archeologia. Teoria, metodi, pratica, Bologna 1995, pp. 157 s.).

4. Colin Renfrew, Paul Bahn, Archaeology. Theories, Methods, and Practice, London 1991 (trad. it. Archeologia. Teoria, metodi, pratica, Bologna 1995, pp. 158 ss.).

5. Solo a titolo d’esempio, per un quadro generale si veda da ultimo con ampia bibliografia di riferimento Luca Cerchiai, “La struttura economica e politica”, in Gilda Bartoloni (a cura di), Introduzione all’Etruscologia, Milano 2012, in particolare pp. 127-159.