BMCR 2012.08.37

Memorabili di Senofonte. Classici greci

, Memorabili di Senofonte. Classici greci. Torino: Unione Tipografico-Editrice Torinese, 2010. 687. ISBN 9788802083957.

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Gli scritti socratici di Senofonte, dopo un lungo periodo di oblio (dovuto in gran parte al fatto che la sua testimonianza veniva considerata molto inferiore a quella di Platone), sono attualmente oggetto di una vasta e profonda rivalutazione (basti citare, fra gli altri, i nomi di Donald Morrison, Michel Narcy, Louis-André Dorion, Livio Rossetti, Vivienne Gray, Gabriel Danzig, ecc.). Per quanto riguarda specificamente i Memorabili, è ovviamente da segnalare l’edizione critica, provvista di ampia introduzione e commento, curata da Dorion insieme a Michele Bandini (per la parte filologica), comparsa in 2 volumi (per complessivi 3 tomi) tra il 2000 e il 2011 ( Xénophon: Mémorables, tome I: Introduction générale, Livre I, Paris, Les Belles Lettres, 2000; tome II/1: Livres II-III, Paris, Les Belles Lettres, 2011; tome II/2: Livre IV, Paris, Les Belles Lettres, 2011). Fiorenza Bevilacqua, che ha curato il presente lavoro, si era già segnalata in passato come attenta studiosa di Senofonte grazie alla sua edizione commentata dell’ Anabasi, (Torino, Utet, 2004). Nel redigere quest’opera ha potuto tenere conto solo del primo volume dell’edizione Bandini-Dorion, dal momento che gli altri due non erano ancora stati pubblicati. Tuttavia il confronto con quell’importante lavoro è già qui presente per intero, poiché nel citato primo volume è contenuta la ricca introduzione di Dorion, e inoltre l’autrice ha potuto vedere in anteprima i frutti dell’intera edizione critica di Bandini (e infatti è presente in questo libro una nota critica, in cui Bevilacqua segnala, con le dovute giustificazioni, i luoghi in cui non accetta le lezioni stampate da Bandini).

Nell’ampia introduzione Bevilacqua discute, formulando proposte di soluzione, praticamente tutti i problemi che sono stati fatti oggetto di dibattito dagli studiosi dei Memorabili, ed esprime anche un punto di vista più generale sulla cosiddetta “questione socratica”. Vediamo queste due cose separatamente.

Nei primi paragrafi dell’introduzione l’autrice analizza l’opera sotto il profilo dei dati esterni (unità compositiva, datazione, forma letteraria) ed interni (struttura, coerenza, intenzioni dell’autore, ecc.) . E’ un luogo comune degli studi sui Memorabili dividere l’opera in due sezioni, separando cioè la cosiddetta difesa di Socrate (che occupa la prima parte del libro I 1, 8 – I 2, 64) da tutto il resto, che ha invece carattere apomnematico (Senofonte raccoglie una quarantina di conversazioni intercorse tra Socrate e vari personaggi del suo tempo). La curatrice rende accuratamente ragione del dibattito critico fiorito in proposito, con particolare riferimento alla questione dei generi letterari in cui le due parti potrebbero essere inserite (soprattutto in margine al libro recente della Gray, The Framing of Socrates. The Literary Interpretation of Xenophon’s Memorabilia, Stuttgart 1998) e all’eventualità che si tratti di due scritti diversi poi riuniti insieme a posteriori. L’idea di fondo di Bevilacqua è che l’elemento unificante delle due sezioni sia costituito dalla finalità apologetica che le anima entrambe (p. 36).

A questo proposito si potrebbe dire che tra gli studiosi di quest’opera di Senofonte (in primo luogo Dorion) si è ultimamente formata una sorta di communis opinio, che è anche per certi versi la chiave di volta per la rivalutazione degli scritti socratici di questo autore. Le critiche, a volte assai impietose, che in passato sono state rivolte allo storico ateniese dipendevano soprattutto – così si dice – dal non avere identificato le vere intenzioni dell’autore (e contestualmente aver supposto che fossero analoghe a quelle che reggono gli scritti socratici di Platone). Tolto questo equivoco, la coerenza del Socrate senofonteo può essere pienamente ristabilita: in opposizione alla celebre kategoria di Policrate, Senofonte intenderebbe semplicemente mostrare da un lato che Socrate non si è allontanato dalle tradizioni (in particolare religiose) della sua patria, dall’altro che il contatto e la vicinanza con lui sono sempre stati utili ai suoi concittadini, e mai dannosi. Ed è chiaro, se davvero l’intenzione di Senofonte non andava al di là di questo, che non c’è alcuna ragione di pretendere che i suoi scritti socratici contengano sottigliezze filosofiche analoghe a quelle che troviamo in Platone, che sarebbero ovviamente del tutto inadatte allo scopo (anche a prescindere dalla così spesso sottolineata modestia speculativa del loro autore).

Altro problema rilevante è verificare se la parte apomnematica è da considerarsi, come spesso si è sostenuto, un insieme composito e scarsamente coerente di temi affastellati alla rinfusa, una ricucitura approssimativa di ampie sezioni tematicamente diverse, o se invece vi si possa riconoscere una sostanziale coerenza di insieme. L’autrice, sulla scia di Dorion (ma non solo) si pronuncia per questa seconda alternativa, soprattutto nel rintracciare una sostanziale linearità di sviluppo anche a proposito di quelle parti in cui i critici hanno visto una o più soluzioni di continuità (emblematico è il caso della sezione I 3 – II 1). E sempre in sostanziale accordo con Dorion è l’dea che le uniche sezioni di tutta l’opera probabilmente mal collocate sono III 8, III 9 e IV 4 (anche se secondo Bevilacqua per quest’ultima la difficoltà è più leggera).

In generale, nonostante queste eccezioni, a parere di Bevilacqua una accurata analisi complessiva della struttura dell’opera permette di stabilire l’esistenza di un filo conduttore unitario, tale che la coerenza generale dell’insieme (ed è questo a mio avviso il risultato più interesante di questa ricerca) non emerga a prima vista come un dato saliente (ciò che è saliente, come fanno fede generazioni di interpreti perplessi, è l’apparenza farraginosa), ma come l’inaspettato disegno unitario che sorge improvvisamente dalle tessere di un puzzle.

L’autrice si discosta invece da Dorion (e in parte anche dalla Gray) su un punto di interpretazione particolarmente importante, che segna uno dei tratti più originali del suo lavoro, ossia la valutazione della difesa di Socrate redatta da Senofonte sul piano propriamente politico. Laddove infatti questi studiosi simpatizzano per l’idea che il Socrate di Senofonte fosse “animato da principi favorevoli alla democrazia” (p. 48), Bevilacqua mostra che sotto questo profilo il testo di Senofonte sembra dire tutt’altro. Significativo in proposito è il tema delle procedure di selezione del personale politico in vigore nella polis democratica, di cui si parla soprattutto nel libro III. Quivi il Socrate di Senofonte manifesta la sua ostilità non nei confronti della procedura nel sorteggio, ma nei confronti della procedura elettiva, che come è noto era riservata a cariche che comportavano competenze specifiche. Per cui, anche se è comprensibile che nel corso dell’opera il protagonista non accenni mai a meccanismi di scelta diversi da quelli praticati dalla democrazia (ed è un silenzio tutt’altro che misterioso, visto lo scopo apologetico dell’opera), è facilmente ipotizzabile che anche il Socrate di Senofonte fosse fautore di un’aristocrazia delle competenze non diversa da quella affermata dal suo omonimo in Platone: ossia uno spezzone di dottrina politica chiaramente incompatibile con la democrazia.

Nella seconda parte dell’introduzione Bevilacqua si occupa invece prevalentemente del contenuto dell’opera, prendendo le mosse da una sommaria valutazione della questione socratica (ma non si capisce bene, osservo per inciso, perché questa valutazione, per quanto appunto sommaria, tenga conto praticamente solo dei lavori, per altro di peso assai diverso, di Giovanni Reale e di Gregory Vlastos). Qui Bevilacqua sembra sposare in pieno la tesi tradizionale, secondo cui da un lato il Socrate storico è quello dei dialoghi giovanili di Platone, dall’altro il Socrate di Senofonte, a causa della scarsa competenza filosofica di quest’ultimo, sarebbe un insieme incoerente di teorie sottili mal comprese e di banalità tipicamente senofontee, che a tratti l’autore tenta maldestramente di conciliare. Beninteso, il fatto che si tratti di una tesi tradizionale non significa che sia erronea. Al contrario mi sembra che in generale Bevilacqua abbia ragione, e che l’analisi dei testi da lei fornita corrobori le sue tesi. In primo luogo è vero, come ha mostrato con grande spiegamento di mezzi anche Dorion, che Senofonte non sembra apprezzare affatto il valore filosofico dell’ elenchos. E’ anche vero che Senofonte cerca in qualche modo di far posto all’intellettualismo socratico all’interno di un’etica, che probabilmente è la sua propria, fondata sull’ enkrateia, con risultati disastrosi, perché si tratta di due punti di vista contraddittori. E’ probabilmente vero, in terzo luogo, che Senofonte enfatizza il ruolo dell’esercizio, nell’acquisizione della virtù, in modo sostanzialmente estraneo alla sensibilità del Socrate di Platone; e che forse anche equivoca in questo senso “banale” quell’identità tra virtù e conoscenza che il Socrate platonico spesso proclamava. Meno accettabile, invece, è l’ipotesi che l’utilitarismo acceso sia una deformazione di Senofonte: se infatti si tratta di “contrapporre un utilitarismo lungimirante e intelligente a un utilitarismo miope e poco accorto” (p. 157), beh, questo è proprio quello che fa anche il Socrate platonico, nel Protagora, nell’ Eutidemo, nel Liside, nel Gorgia, ecc. Solo alla luce di questo “utilitarismo accorto”, infatti, si giustificano le posizioni etiche del Socrate platonico (es. “nessuno compie il male volontariamente”), che Bevilacqua apprezza per la loro sottigliezza e per la loro carica innovativa.

Quest’ultimo rilievo mi permette di stilare alcune riflessioni conclusive. E’ davvero accettabile una severa dicotomia tra un Socrate platonico storico, intelligente, e rivoluzionario (da un lato), e un Socrate deformato da Senofonte, superficiale, conformista e banale (dall’altro)? Ci si potrebbe chiedere, infatti, quale criterio abbiamo per definire “banale” una certa dottrina etica. L’utilitarismo lo è, semplicemente in quanto tale? E se è così, deve necessariamente essere attribuito solo al Socrate di Senofonte? E’ facile vedere che occorre rispondere di no a tutte queste domande.

Ma c’è di più. Anche ammesso di possedere un criterio oggettivo o semi-oggettivo per distinguere ciò che è banale da ciò che è intelligente, perché il Socrate storico deve necessariamente essere il Socrate intelligente di Platone? Perché non ritenere che anche Platone abbia potuto deformare il Socrate storico, volutamente occultando o mettendo in secondo piano certi tratti “banali”, o semplicemente ordinari (che poi potrebbero eventualmente coincidere con quelli rimarcati da Senofonte)?

Infine c’è un ultima domanda, fondamentale per la valutazione degli scritti socratici di Senofonte, che si potrebbe rivolgere a tutti quelli che in anni recenti si sono mossi per rivalutare queste opere sottraendole all’improprio (prima ancora che impietoso) confronto con gli analoghi platonici. Se il Socrate storico è quello dei dialoghi giovanili di Platone (Bevilacqua), ovvero se è assolutamente impossibile da ricostruire (Dorion); se il Socrate di Platone è filosoficamente molto più interessante di quello di Senofonte, come ritiene lo stesso Dorion; o se addirittura sotto questo profilo Senofonte è maldestro, superficiale e confusionario (Bevilacqua); se tutto questo è vero, da che parte passa la rivalutazione (di cui tanto si parla) degli scritti socratici di Senofonte? Poiché non attraverso la storia (non servono a ricostruire il pensiero del Socrate storico) né attraverso la filosofia (per i motivi detti) occorre cercare da qualche altra parte. Ma dove?

Table of Contents

Indice
Introduzione (10-210)
– Struttura, composizione e datazione dell’opera (10-34)
– Contenuti e struttura della sezione apomnemoneutica (34-63)
– La recezione dei Memorabili e la questione socratica (62-92)
– Il Socrate di Senofonte: lo gnothi sautòn; la questione della psychè (92-102)
– Il Socrate di Senofonte: la religiosità e il daimonion (102-113)
– Il Socrate di Senofonte: la questione dell’inscienza, l’ironia, l’uso dell’ elenchos (113-136)
– Il Socrate di Senofonte: la virtù scienza; etica tradizionale e utilitarismo (137-161)
– Il Socrate di Senofonte: la politica come techne e la critica alla democrazia (161-207)
– Il Socrate di Senofonte: un maestro per tutte le stagioni? (207-210)
Nota bibliografica (211-234)
Nota critica (236-256)
Memorabili, greco e italiano a fronte (257-677)
Indici.