Nel volume di Susanne Pfisterer – Haas, che costituisce il sedicesimo fascicolo del Corpus Vasorum Antiquorum dell’Antikensammlungen di Monaco, sono presentate complessivamente 56 coppe attiche a figure rosse (29 integre e 27 frammenti) dipinte dai ceramografi di epoca tardo arcaica immediatamente successivi alla generazione dei Pionieri.
In questo catalogo sono presenti sia prodotti decorati da personalità artistiche preminenti, quali Onesimos, Douris, il Pittore di Brygos e Makron, sia da ceramografiche si avvicinano notevolmente al livello qualitativo dei precedenti, senza però mai eguagliarlo, come il Pittore della Fonderia, i Pittori di Antiphon e di Colmar, il Pittore di Trittolemo. Il fascicolo include infine anche coppe di decoratori minori, legati a personalità più importanti, come, ad esempio, il Pittore di Siracusa, allievo di Makron, il Pittore di Edipo, allievo di Douris, ed il Pittore della Gigantomachia di Parigi, della cerchia del Pittore di Brygos.
Salvo poche eccezioni, i vasi provengono dagli scavi delle necropoli vulcenti compiuti durante il diciannovesimo secolo: la maggior parte degli esemplari vascolari appartiene infatti alla collezione dei fratelli Candelori, acquistata nel 1831 dall’antiquario Martin von Wagner per conto del re Ludovico I di Baviera, mentre un piccolo nucleo proveniente dalla collezione di Luciano Bonaparte, Principe di Canino, fu acquistato all’asta nel 1841 da Friedrich von Thiersch, sempre per conto del sovrano bavarese.
Quasi tutte le coppe, già attribuite da J.D. Beazley, sono note da lungo tempo e, come dimostra la sterminata bibliografia che apre la scheda tecnica della maggioranza di queste, sono state esaustivamente analizzate sotto il profilo morfologico, stilistico e iconografico. Il catalogo, strutturato secondo un criterio cronologico (non sempre rispettato) si apre con una coppa frammentaria del Pittore di Londra E 816, datata al 500 a.C. e raffigurante, sul lato superstite, la lotta fra Herakles e l’Hydra. La produzione di Onesimos è rappresentata da due coppe integre e dal frammento di una terza: la coppa inv. n. 2637 (p. 16) si contraddistingue per la decorazione figurata del tondo interno e delle pareti, rappresentante quattro delle cinque discipline del Pentathlon.
Estremamente rara nella ceramografia attica è la raffigurazione del tondo interno della coppa del Pittore di Magnoncourt, inv. n. 2638 (p. 20), di provenienza ceretana, con Prokne in atto di trafiggere il figlio Itys con la spada: il confronto iconografico più puntuale per questa scena è offerto dal tondo interno di una coppa a Basilea, collezione H. Cahn HC 599, la cui attribuzione, sebbene oscilli fra Onesimos e lo stesso Pittore di Magnoncourt, conferma la datazione della coppa di Monaco al 500 a.C.
Ai massimi livelli si resta con le opere del Pittore di Brygos, al quale si deve la decorazione dell’esemplare più celebre presentato nel volume, vale a dire la coppa di tipo B, inv. n. 2645 (p. 34), nel cui tondo centrale, su fondo bianco, è raffigurata una menade in preda ad estasi dionisiaca; al Pittore della Fonderia si devono invece la decorazione della coppa inv. n. 2650 (p. 40) , sulla quale è raffigurata la realizzazione di una statua equina all’interno di una bottega di scultori, e della coppa inv. n. 2640 (p. 43), con una scena di Centauromachia il cui modello, secondo l’autrice, va ricercato nella grande pittura.
Cinque le coppe attribuite a Douris (pp. 56-63) dove, alle raffigurazioni di repertorio del pittore, che includono scene di corteggiamento omosessuale (coppa inv. n. 2631, p. 62), di komos e di thiasos dionisiaco (coppa inv. n. 2647, p. 58), si affianca una notevole rappresentazione dell’uccisione di Linos da parte del giovane Eracle, dipinta sul lato principale della coppa inv. n. 2646 (p. 56).
Il catalogo termina con le schede riguardanti dieci coppe assegnate a Makron, rappresentative dell’intera carriera del pittore (pp. 66-83), e con una coppa del Pittore di Siracusa, inv. n. 2659, (p. 83), con scene di komos e corteggiamento, simili a quelle che ricorrono nelle opere dell’ultima fase dell’attività di Makron.
Si segnala che gli unici pezzi inediti presentati in questo fascicolo sono costituiti da un frammento, non attribuito, degli inizi del V sec. a.C., inv. n. SL 513,9 (p. 23), e da cinque frammenti attribuiti al Pittore della Centauromachia di Parigi, probabilmente pertinenti a due differenti coppe (pp. 49-50).
Il formato di ciascuna scheda del catalogo segue scrupolosamente quello stabilito per la redazione dei CVA: dopo le indicazioni generali del vaso (numero d’inventario, luogo o collezione di provenienza, misure e stato di conservazione, bibliografia aggiornata) si passa alla descrizione tecnica del disegno, seguita da una particolareggiata e precisa analisi della decorazione secondaria e di quella figurata, accompagnata da datazione e attribuzione. Seguono poi rubriche dettagliate, che forniscono la bibliografia aggiornata sul ceramista e sul pittore che hanno realizzato la coppa, qualora identificati, e la discussione relativa alle raffigurazioni del tondo interno e dei lati A e B, supportata quasi in ogni caso da un ricco apparato bibliografico. Le iscrizioni dipinte e graffite sono riprodotte con grande cura e inserite nel testo.
La sezione del testo si chiude con una serie di indici che facilitano notevolmente la consultazione del volume: indice delle concordanze del numero di inventario con il numero di tavole (I), dei frammenti ricongiungibili con altri frammenti conservati in altri musei (II), dei luoghi di ritrovamento (III), delle collezioni di provenienza (IV), delle misure , comprensivo di peso e capacità (V), delle particolarità tecniche (VI), delle iscrizioni dipinte (VII), dei graffiti (VIII), dei pittori e dei ceramisti (IX), delle rappresentazioni, che include non soltanto i soggetti mitologici ma anche gli oggetti (X), ed infine delle figure (XI). La documentazione grafica e fotografica è costituta da dodici tavole di figure, nelle quali sono riprodotti in scala 1:1 i profili di 39 coppe, e da ben 64 tavole di fotografie, tutte di qualità eccellente, con una nitidezza di immagine tale da rendere possibile la lettura delle scene raffigurate fin nei minimi dettagli, completando in tal modo la descrizione dell’autrice, già straordinariamente minuziosa.
Si segnalano due sole disattenzioni: La coppa inv. n. 8324 (p. 28) proviene dalla collezione Canderoli, così come viene indicato nel Corpus Inscriptionum Etruscarum III,3, p. x, n. 10992, dove è stata pubblicata l’iscrizione etrusca graffita sul piede.
Nell’indice IX, p. 89, risulta errato il riferimento alle tavole pertinenti alla coppa inv. n. 2649. Queste ultime considerazioni, marginali e di poco conto, non guastano certamente il giudizio decisamente positivo sul lavoro dell’autrice, la cui esperienza sulla ceramografia attica a figure rosse, insieme ad un apparato grafico e fotografico perfetto, ha dato vita ad un fascicolo del CVA di eccezionale valore, che sarà non solo un valido ausilio alla ricerca sulla ceramografia attica dei primi decenni del V secolo a.C. ma anche di aiuto allo studio delle importazioni di ceramica attica a figure rosse nelle grandi città costiere dell’Etruria meridionale.