Il libro si apre con una Introduzione (pp. 9-20), volta a spiegare il problema del corpo eroico e delle reliquie nell’antichità greca, a partire dal caso di Lefkandi di Eubea (per il quale la Coppola sottolinea, però, come la mancanza di sicure tracce di culto faccia dubitare della natura eroica della sepoltura). La Coppola privilegia alcuni punti cruciali nell’analisi dell’eroizzazione: la transizione dalla vita alla morte, la tomba, talora in rapporto a un paesaggio reale evocativo dei luoghi in cui si sarebbero svolte le gesta mitiche o reali dell’eroe, i corpi eroici nella loro eccezionalità, il recupero e la traslazione delle ossa per ragioni politiche, con conseguente manipolazione della leggenda eroica.
Fatte queste premesse, la Coppola si sofferma su casi eroici più recenti ed emblematici, a dimostrazione della continuità e, talora, dell’attualità, di un fenomeno ideologicamente rilevante: i recuperi a Padova delle cosiddette ossa di Antenore, scoperte nel 1283, e di Tito Livio, rinvenute nel 1413; la traslazione nel tempio Malatestiano di Rimini entro il 1465 del corpo del filosofo Gemisto Pletone, filosofo e maestro di quel neoplatonismo che tanto influenzò il Rinascimento italiano; l’avventuroso viaggio di Johann Sepp e Heinrich Pruntz nel 1878 alla ricerca della sepoltura del Barbarossa, su suggerimento di Bismarck; la riscoperta e il culto delle ossa del padre Dante nella neonata Italia unita, fino ad arrivare al culto dei corpi di ‘eroi’ contemporanei, Che Guevara e Bob Marley.
Seguono l’ Introduzione diverse schede esemplificative, corredate di bibliografia al fondo del testo, che trattano di singoli eroi o eroine, mitici o reali, (Alcmena, Arcade, Aristomene, Ettore, Falanto, Ippodamia, Lino, Minosse, Oreste, Orfeo, Pelope, Reso, Teseo, Tisameno, Esiodo, Solone, Leonida, Alessandro) e variazioni sul tema (Adrasto e Melanippo, Niso e Pandione, Atteone, Aiace, Edipo).
A titolo esemplificativo del metodo di procedere dell’A. si esamininino i casi di Ettore e Reso.
A Tebe, presso la fontana Oidipodia, sulla strada tra Tebe e Calcide,1 Pausania2 vede la tomba di Ettore, le cui ossa, racconta, sarebbero state portate a Tebe dalla Troade su ordine di Apollo. La localizzazione della tomba dell’eroe non è univoca nelle fonti letterarie: presso la fontana Oidipodia, a Tebe, secondo Pausania e due scholia a Licofrone; a Dios gonai in Aristodemo; nelle isole dei beati secondo Licofrone; non specificata in due altri scholia a Licofrone.3 Le ossa di Ettore proverrebbero da Ofrinio, in Troade, dove Ettore aveva un grande santuario, o dalla Troade, genericamente, secondo Pausania.4 Un oracolo di Apollo avrebbe imposto il loro trasferimento: Pausania, e tre scholia a Licofrone non specificano il motivo, Aristodemo, e due scholia a Licofrone affermano a seguito di una pestilenza, secondo Pausania, invece, per assicurare prosperità.5
Il momento di introduzione di questo culto a Tebe fu suppositivamente associato da Farnell, seguito da Schachter, 6 alla ricostruzione della città nel 316 a.C., ad opera di Cassandro: al momento della rifondazione si legherebbe la ricerca di un nuovo eroe protettore, Ettore. La Coppola suggerisce però che l’introduzione del culto di Ettore possa essere altresì legata al tempo dell’occupazione della rocca cadmea da parte degli Spartani, il cui re, Agesilao, aveva volutamente compiuto un’operazione di sovrapposizione tra se stesso e Agamennone, a esaltare la continuità della spedizione troiana: in opposizione a questo modello ideologico la città di Tebe avrebbe potuto scegliere di recuperare i resti del valoroso figlio di Priamo.
Oltre che a Tebe, il culto di Ettore è attestato in Troade, dove la documentazione letteraria è confermata dal dato numismatico.7 Si tratta di monete da Ofrinio datate al 350 300 a.C., sul cui recto compare una testa barbata, con elmo, in cui si potrebbe forse riconoscere l’eroe. Non possediamo alcuna attestazione iconografica ufficiale del suo culto: le monete di Troia, di epoca romana8 presentano iconografie differenti: l’eroe può essere in piedi, imberbe, con elmo, o raffigurato in atto di attaccare con una pietra, su una biga. Perduta è poi la statua descritta dall’imperatore Giuliano,9 che visita a Troia il santuario di Ettore. Se i culti di Ettore in Troade sembrerebbero perdurare fino alla tarda romanità, non è possibile, al momento avanzare supposizioni su quello tebano in attesa di dati più tangibili.
Le ossa di Reso, secondo un passo di Polieno,10 vennero trasferite ad Anfipoli dagli Ateniesi su indicazione di un oracolo, al fine di poter ottenere un esito favorevole alla fondazione della colonia alla foce dello Strimone. Agnone, figlio di Nicia, mandò messaggeri a Troia che riportarono in patria le ossa, avvolte in un mantello di porpora.
La storia mitologica di Reso è nota: figlio di Eioneo, eroe eponimo della città trace di Eion, o del dio-fiume Strimone, e di una Musa (di volta in volta Euterpe, Tersicore, Calliope o Clio, il cui mnema è stato archeologicamente individuato in anni recenti),11 si reca a Ilio per portare aiuto alle forze troiane. Poiché egli arriva con le sue truppe troppo tardi la sera perché gli sia concesso di entrare nelle mura della città, dorme fuori nell’accampamento, con i suoi celebri cavalli bianchi.12 Per colpa delle rivelazioni della spia Dolone, Odisseo e Diomede riescono a penetrare nell’accampamento trace, e, con l’aiuto di Atena, uccidono l’eroe con dodici compagni, e ne catturano i cavalli. Il culto anfipolitano di Reso sembra nascere come culto ateniese di un eroe trace, che diventa ecista di una colonia ateniese, nel momento in cui le sue ossa vengono trasferite ad Anfipoli da Agnone. Riguardo all’impianto del suo culto, tanto Leaf quanto Malkin13 hanno sottolineato come due fallite spedizioni ateniesi allo Strimone avessero reso necessarie speciali precauzioni religiose. La fondazione del culto di Reso potrebbe andare in questa direzione. Come rimarcato da Leaf: “Curiously enough, although we do hear one thing about the local worship of Amphipolis, Rhesus is not concerned in it. On the death of Brasidas the Amphipolitains transferred to him the rites paid to Hagnon as the founder of the city. Probably that was the end of any regard to the discredited hero of the Doloneia. He was probably never taken very seriously even by the Athenians; and when they had no further interest in him, the less said about him the better.”14
Certamente venerato nella colonia come eroe fondatore, il suo culto, concentrato attorno alla tomba, sembrerebbe estinguersi con la morte di Brasida, che ne sostituisce le funzioni ecistiche. Naturalmente, va ammesso come future scoperte potrebbero illuminare differentemente il culto lui tributato nella città alle foci dello Strimone. Allo stesso modo, non è possibile precisarne i termini cronologici: al di là della breve parentesi di eroe ecista, sappiamo però, dalla testimonianza di Filostrato,15 che il culto, con connotazioni di tipo salutare, doveva essere ancora attivo nella tarda romanità imperiale.
Nelle conclusioni l’A. prova innanzitutto a individuare una struttura ricorrente del racconto mitico: l’operazione di rinvenimento delle ossa soggiace tanto al caso quanto, più spesso, a un’indicazione oracolare, che comunque interviene a spiegare in un secondo momento il significato della scoperta stessa. Gli eroi, connessi profondamente al territorio che consacrano e benedicono con la loro presenza, sono sempre collocati in uno spazio geografico ben preciso, di partenza e di arrivo, e vengono recuperati per svolgere una precisa funzione, per risolvere una difficoltà concreta di una polis (da una carestia a una pestilenza, da una fondazione a un attacco nemico). Una volta traslati nella nuova località, i loro resti diventano oggetto di culto.
Elemento comune a questi eroi è lo scopo finale, i.e. l’intervento a favore della polis, da fondare, proteggere, identificare (p. 163). La scelta di collegare un eroe a una specifica polis dipende, caso per caso, dalla vicenda storica o mitica di entrambi, dalle loro imprese o dal loro valore simbolico. In ogni caso si tratta di operazioni di rifondazione politica da parte della polis o dell’individuo che promuove l’iniziativa e riceve il corpo dell’eroe. Spiace pertanto non conoscere sovente il luogo in cui le spoglie vengono collocate nella loro seconda sepoltura, così come mancano sovente i dati relativi al culto loro tributato. Emergono però tre città, Sparta, Atene e Tebe, che sembrano avere un ruolo di primo piano in quella che è stata definita la bones policy.16 La cronologia di questo fenomeno sembrerebbe essere compresa tra il VI sec. a.C. e gli inizi dell’Ellenismo, con due momenti di forte concentrazione: gli anni immediatamente successivi alle guerre persiane e quelli delle guerre tra Sparta e Tebe. La Coppola osserva come, significativamente, il fenomeno della ricerca di protezione presso un eroe cessi con l’avvento dei sovrani ellenistici, che si sostituiscono agli eroi nell’aspetto, nel culto e nelle prerogative: “Il compito di proteggere le città spetta ormai a loro, anche perchè in gran parte ne sono i fondatori, o si presentano come tali”. (p. 171)
Completa il volume una tabella riassuntiva che fornisce, per ciascun eroe, quando possibile, fonti, luogo, oracolo, promotore e motivi del trasferimento del corpo.
Si tratta di un testo fruibile anche da parte dei non specialisti, oltre che degli studenti di discipline classiche, che ha il pregio di presentare un soggetto dalle complesse implicazioni storiche, politiche e religiose in modo chiaro e sintetico. Chi volesse approfondire può sempre leggere, oltre alla bibliografia specifica compresa nelle note, altri contributi della Coppola e non solo: A. Coppola (a cura di), Eroi, eroismi, eroizzazioni: dalla Grecia antica a Padova e Venezia : atti del Convegno internazionale, Padova, 18-19 settembre 2006, Padova 2007; A. Blomart, ‘Transferring the Cults of Heroes in Ancient Greece: A Political and Religious Act’, in H. Bradshaw Aitken – J. Berenson Maclean (eds.), Philostratus’ Heroikos. Religion and Cultural Identity in the Third Century C.E., Atlanta 2004, 85-98.
Notes
1. Bibliografia sull’evanescente realtà archeologica del luogo in M. Moggi – M. Osanna, Pausania, Guida della Grecia. Libro IX. La Beozia, Milano 2010, pp. 316-7; N. Pharaklas, ‘Thebaikà’, in AEph 135, 1996 [1998], pp. 134-141.
2. Paus. 9. 18. 5.
3. Scholia in Lyc. 1204 e 1208; FGrHist 383 F7; Lyc.1205; scholia in Lyc. 1194 e 1210.
4. Lyc. 1208 e scholia in Lyc. 1194 e 1208; Paus. 9. 18. 5.
5. Lyc. 1189-1213 e scholia in Lyc. 1194, 1210; Paus. 9. 18.5.
6. L.R. Farnell, Greek Hero Cults and the Idea of Immortality, Oxford 1921, p.328; A. Schachter, Cults of Boiotia, 1. Acheoloos to Hera, London 1981, p. 234.
7. O. Touchefeu, LIMC IV, 1, Zuerich 1988, s.v. Hektor.
8. O. Touchefeu, LIMC IV, 1, Zuerich 1988, s.v. Hektor, nnr. 3 8, II-III sec. d. C.
9. Jul., Ep. 19 Page (=Hertlein 78).
10. Polyaen. 6. 53.
11. Sulle varie tradizioni mitologiche cfr. RE 1A, 1 (1914), s.v. Rhesos.
12. W. Leaf, ‘Rhesos of Thrace’, JHS 1915, pp. 1-22.
13. I. Malkin, Religion and colonization in ancient Greece, Leiden 1987, pp. 81-4.
14. Leaf 1915, cit. nota 12, p.11.
15. Philostr., Her. 17, 3-6. Cfr. H. Bradshaw Aitken – J. Berenson Maclean (eds.), Philostratus’ Heroikos. Religion and Cultural Identity in the Third Century C.E., Atlanta 2004, 85-98.
16. G.L. Huxley, Early Sparta, London 1962, p. 68.