Il libro di Line Overmark Juul di cui qui si intende trattare costituisce la traduzione inglese di un lavoro originariamente scritto in lingua danese e risalente al 2007. Il lavoro in questione si pone l’obiettivo di fornire agli studiosi un ben documentato catalogo dei racconti oracolari che vengono menzionati da Pausania nel corso della sua Descrizione della Grecia, sulla scia di ciò che in precedenza era stato compiuto in merito alle Storie di Erodoto, per esempio da J. Kirchberg, Die Funktion der Orakel im Werke Herodots, Göttingen 1965 et alii.
Il libro consta di sei capitoli. Nel corso di una breve introduzione (cap. 1, p. 9-14), Juul espone gli obiettivi della sua ricerca e il metodo adottato per raggiungerli. L’Autrice afferma a tale proposito di non voler soffermarsi sulla vexata quaestio dell’eventuale autenticità degli oracoli menzionati da Pausania. Juul parte piuttosto dal presupposto che i racconti oracolari presenti nella Periegesi sarebbero in verità espressioni di un vero e proprio genere letterario trasmesso oralmente, di cui nel corso del volume Juul cerca di esaminare la forma o, per meglio dire, le forme. Il metodo adottato dall’Autrice è, per sua stessa ammissione, essenzialmente strutturalista, e il catalogo dei racconti oracolari tramandati da Pausania è basato “on Roman Jakobson’s communication model” (p. 12).
Nel secondo capitolo ( Survey of scholarly literature, p. 15-22) Juul prende in esame brevemente la figura di Pausania e le pochissime informazioni che su di lui possediamo. Inoltre viene esaminata in generale la sua unica opera superstite e le diverse posizioni che la critica moderna ha assunto in proposito. Infine vengono passate rapidamente in rassegna le monografie sui responsi oracolari delfici che costituiscono un continuo punto di riferimento e di confronto per l’Autrice nel corso della sua opera (H. W. Parke – D. E. W. Wormell, The Delphic Oracle. Vol. I. The History; Vol. II. The Oracular Responses, Oxford 1956; J. Fontenrose, The Delphic Oracle. Its responses and operations, Berkeley – Los Angeles – London 1978). Il capitolo si conclude infine con una rapida disamina sull’annosa questione dell’autenticità dei responsi oracolari e con una breve introduzione alla trattazione sulle procedure di consultazione dell’oracolo a Delfi.
Il terzo capitolo ( An analytic examination of the form of oracular tales as an orally derived literary genre, p. 23-103) è il più lungo dei sei e nel contempo contiene anche una fondamentale descrizione della struttura di quel Catalogue of Oracular Tales che si trova alla fine del volume (p. 188-259) e che costituisce senza dubbio il più evidente elemento di novità apportato dal volume. Inoltre nel terzo capitolo Juul fornisce una dettagliata e utile spiegazione della terminologia adoperata in riferimento alla forma e al contenuto dei racconti oracolari riportati da Pausania nella Periegesi. L’Autrice parte, come accennato sopra, dal presupposto che la letteratura oracolare confluita nell’opera di Pausania abbia un’origine e una prima diffusione a carattere orale, in una forma metrica (versi esametrici) chiaramente influenzata dalle formule omeriche. Per tale ragione Juul procede a una serrata analisi di tali racconti secondo una prospettiva e un linguaggio tipici degli studi di omeristica (in particolare nel solco della moderna corrente oralistica inaugurata dalle ricerche di M. Parry); nel contempo Juul procede secondo un punto di vista definibile come strutturalista, pur con i dovuti aggiornamenti e le opportune sfumature messe in rilievo: in effetti Juul rileva costantemente come i racconti oracolari riportati da Pausania seguano degli schemi narrativi fissi, contenenti i medesimi elementi. Alla fine del capitolo in questione l’Autrice sembra giungere ad alcune importanti conclusioni: (1) laddove Pausania fa riferimento a una fonte orale per i suoi racconti di carattere oracolare, è possibile – sostiene Juul – che effettivamente il Periegeta attinga a una fonte non-scritta, specie quando egli adopera un verbo come ἀκούειν o forme impersonali come λέγουσι o λέγεται o simili; (2) le richieste all’oracolo e le sue risposte sono formulate in esametri che risentono in maniera del tutto evidente delle cosiddette formule omeriche; (3) gli schemi narrativi individuati da Juul sono sei (Mod. A Expiation of man’s wrongdoing; Mod. B Extraordinary events; Mod. C Military matters e Political matters; Mod. D Colonisation; Mod. E Private consultation : p. 91-99): tali schemi narrativi sono legati ai differenti contesti in cui un singolo uomo (pubblico o privato) o una comunità si rivolge a un oracolo e testimoniano nel complesso del carattere fortemente orale di questi racconti.
Il quarto capitolo ( The function of the oracular tales in the Description of Greece, p. 105-124) tratta di un argomento che era stato già accennato in breve nel corso del terzo capitolo (alle p. 28-29), ovvero la collocazione dei 188 racconti oracolari individuati da Juul all’interno della Periegesi, in passi in parte (71 casi) relativi a logoi (racconti su personaggi storici o mitici, o su città), in parte (in misura nettamente prevalente: 106 casi) in passi relativi a theoremata (descrizioni di monumenti o altro). Nei restanti undici casi si osserva che Pausania riporta un determinato racconto oracolare prendendo spunto proprio da un precedente racconto oracolare che “has acquired its own life inasmuch as it is the source of inspiration for a new oracular tale” (p. 29). A questo proposito l’Autrice osserva che dalla sua analisi comparata relativa alla distribuzione dei racconti oracolari nella Periegesi emerge chiaramente il seguente punto: i racconti che seguono gli schemi A e B visti nel corso del terzo capitolo appaiono quasi sempre in connessione con passi relativi a theoremata, mentre i racconti che seguono gli schemi C1 ( Military matters) e D appaiono in connessione con i passi relativi a logoi; per i racconti che seguono infine gli schemi C2 ( Political matters) ed E non si riscontra, secondo Juul, alcuna tendenza ben definita. Ma le osservazioni più importanti contenute in questo capitolo sono quelle relative alle scelte del Periegeta in merito allo stile narrativo e agli elementi narrativi impiegati per i racconti oracolari presenti nella Descrizione della Grecia. Juul osserva che Pausania sembra sempre privilegiare un particolare e originale angolo visuale scegliendo tendenzialmente o racconti oracolari di origine locale e comunque poco noti al grande pubblico ellenico, oppure racconti noti a proposito dei quali però Pausania va alla ricerca di aspetti inconsueti.
Il quinto capitolo ( The function of the genre of oracular tales in the Description of Greece seen from the perspective of its era, p. 125-129) è nel complesso il più breve del volume qui in esame. L’obiettivo, come afferma l’Autrice ad apertura di capitolo, è di inserire quanto visto nelle pagine precedenti “in the perspective of the 2nd century Greco-Roman society in which the work was composed” (p. 125). In generale Juul osserva che Pausania accorda grande spazio a Delfi, pur essendosi ormai concluso il periodo di massimo splendore del suo oracolo, mentre lo stesso Periegeta non accorda alcuno spazio all’oracolo di Didima, che pure ancora in quel periodo godeva di grande prestigio e importanza. In effetti Pausania accorda maggiore attenzione a quegli oracoli che non paiono legati a un’unica realtà cittadina, ma che sono in contatto con “a number of Hellenic poleis and that were not solely attached to a certain city, as was the case with Didyma” (p. 127). Inoltre Juul osserva opportunamente che la maniera con cui Pausania si pone di fronte alle antichità greche risente certamente della temperie della cosiddetta Seconda Sofistica: anche se indubbiamente il Periegeta non può essere visto come un esponente di tale corrente culturale, tuttavia egli è “product of his time” e – aggiunge l’Autrice – “he would certainly have had a different approach and style if he had not lived in the period of the Second Sophistic” (p. 129).
Infine nel sesto capitolo ( Conclusion, p. 131-134) Juul prova a riassumere i risultati ottenuti nel corso della sua ricerca: secondo l’Autrice tale indagine ha il pregio di mostrare che i racconti oracolari andrebbero esaminati non solo in relazione alla loro eventuale autenticità e nel loro rapporto con eventi storici, ma anche – e soprattutto! – per la loro struttura narrativa fissa, per la presenza di elementi ricorrenti, per tutti quegli aspetti che fanno rientrare i racconti oracolari riportati da Pausania (così come quelli menzionati da Erodoto) nell’ambito di un “orally composed literary genre” (p. 132). Inoltre, per quanto riguarda la funzione dei racconti oracolari nell’ambito della Periegesi, Juul osserva che l’intento di Pausania non è creare un’identità panellenica da contrapporre a Roma, ma piuttosto quello di ricostruire le diverse, varie e variegate identità locali delle singole poleis che egli visita e descrive (p. 133).
Al sesto capitolo fa seguito una scarna bibliografia alle p. 135-140. Segue poi un Corpus oraculorum alle p. 141-186, un’utilissima raccolta dei passi della Periegesi (riportati in greco) contenenti riferimenti ad oracoli. Al Corpus oraculorum segue il vero e proprio Catalogue of oracular tales (p. 188-259) in cui i racconti oracolari menzionati nella Periegesi vengono descritti sulla base delle seguenti voci: context, source, occasion, oracle, questioner, question, responder, response, code, type.
Alle p. 260-265 vi sono poi delle tavole di concordanze tra le liste di racconti oracolari presenti nelle opere (menzionate sopra) di Parke – Wormell e di Fontenrose e quella di L. Andersen ( Studies in Oracular Verses. Concordance to Delphic Responses in Hexameter, 1987). A ciò segue uno schema alle p. 266-267 che riassume la distribuzione dei racconti oracolari nei dieci libri che compongono la Periegesi. Alle p. 268-269 si trovano due cartine geografiche relative ai siti dei più importanti oracoli del mondo greco. Infine, in fondo al volume, alle p. 270-278, troviamo il testo delle note presenti nel testo.
Nel complesso il volume di Juul ha l’indubbio merito di proporre agli studiosi nuovi spazi di ricerca e una prospettiva chiara e netta (in verità onnipresente nel volume) su un aspetto specifico dell’opera di Pausania – i racconti oracolari come espressione di una letteratura orale – che forse fino a questo momento non era stato sufficientemente preso in considerazione. In ciò consiste certamente il merito più evidente dell’Autrice, che affronta la materia con chiarezza e scrupolo.
Alcune obiezioni, di poco conto in verità, possono però essere mosse a un’opera che il lettore dovrà valutare come finalizzata a suscitare dibattiti e discussioni più che a proporre soluzioni e risposte nette e ben definite. In primo luogo si osserva che la bibliografia è davvero molto stringata: naturalmente l’individuazione di mancanze bibliografiche è sempre molto soggettiva, ma forse conviene menzionare l’assenza, in un’opera specificamente dedicata a Pausania, di due monografie in lingua italiana dedicate alla figura del Periegeta come C. Bearzot, Storia e storiografia in Pausania il Periegeta, Venezia 1992 e C. Zizza, Le iscrizioni nella Periegesi di Pausania. Commento ai testi epigrafici, Pisa 2006. In secondo luogo l’attenzione viene concentrata pressoché esclusivamente sulla struttura narrativa dei racconti oracolari (e ciò è, come detto sopra, un elemento di originalità) a discapito però di qualsivoglia tentativo di collocare le tradizioni letterarie confluite nella Periegesi (a prescindere se esse siano di origine orale o scritta) nell’ambito della cultura letteraria del suo tempo, anche in rapporto con il patrimonio storiografico precedente.
Queste osservazioni tuttavia non mirano a sminuire i meriti che Juul ha saputo conquistare sul campo: una prospettiva di ricerca nuova che fa leva su strumenti di ricerca non nuovi certamente, ma rifunzionalizzati alla luce di un’indagine originale e proficua sulla Periegesi di Pausania.