BMCR 2011.01.12

Plato comicus: die fragmentarischen Komödien ein Kommentar. Studia comica Bd. 1

, Plato comicus: die fragmentarischen Komödien ein Kommentar. Studia comica Bd. 1. Berlin: Verlag Antike, 2009. 416. ISBN 9783938032312. €64.90.

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Alla traduzione ed al commento dei 198 frammenti ex certis fabulis del commediografo Platone è dedicato il volume di Serena Pirrotta, versione rivista della sua dissertazione dottorale discussa nel 2008 presso la Albert-Ludwigs Universität di Freiburg (11). Dopo le pionieristiche Observationes in Platonis comici reliquias di C. G. Cobet, comparse ad Amsterdam nel 1840, se si eccettua l’inedita Thèse de licence di Aurore Schoevaerts (Liège 1940/41), è questo il primo lavoro organico dedicato alla figura del commediografo, accompagnato da traduzione in una lingua moderna di tutti i frammenti certae fabulae.

L’introduzione contiene una serie di utili sottosezioni: fonti e tradizione dei frammenti comici (32-39), criteri di datazione dei frammenti e tentativo di datazione delle commedie di Platone (39-41), classificazione dei drammi platonici sulla base del loro probabile contenuto (41-46), komodoumenoi (47-49); particolarmente apprezzabile l’ultima in cui Pirrotta radica Platone Comico nel milieu della Commedia Antica contro alcune fonti tarde che assegnano il commediografo alla cosiddetta Commedia di Mezzo (50-61), anche se nella discussione non sembra doversi menzionare il cosiddetto Pseudo-Andronico (53), scritto pseudoepigrafo confezionato da Costantino Paleokappa, e privo, pertanto, di valore autonomo come testimonianza. Frequente il riferimento a questioni di metodo, avallato dal richiamo a studiosi di provata esperienza (Arnott, Storey, Dover), su cui, tuttavia, sarebbe possibile un’ulteriore riflessione. Ad esempio, dai testimonia vitae che offrono informazioni di carattere cronologico (21-26) si potrebbe ricavare ancora qualche indicazione: il sincronismo di Sud. π 1708 potrebbe essere legato al primo successo lenaico di Platone nel 420; il dato di Marcell. Vit. Thuc. 29 potrebbe riferirsi ad anni successivi al 405; Cyrill. Alex. Iul. I 15, 21-22 B.-É. sembrerebbe da riferire a Platone filosofo e non al commediografo;1 l’assunzione del 414 come terminus post quem per la prima vittoria dionisiaca di Platone può essere discussa. Infine, quanto al rapporto fra Platone e Aristofane (27-32), se da un lato concordo pienamente sulla necessità di “staccare” l’interpretazione dei frr. 106 e 107 del Pisandro dal dato fornito da Pap.Oxy. 2737, rr. 44-51 sull’esordio “registico” di Platone (24-32: Pirrotta riprende quanto argomentato precedentemente in SemRom 9, 2006, 69-85), dall’altro non concorderei sulla proposta di riferire i frr. 106 e 107 all'”esordio segreto” di Aristofane: (1) non è procedimento sicuro trarre dal γέγονας di Zen. Ath. II 78 (fr. 107) la conclusione che nella parabasi (?) del Pisandro il poeta si rivolgesse direttamente ad Aristofane: la 2 ps. sing. è tutt’altro che certa; inoltre, si dovrebbe postulare la presenza di Aristofane come dramatis persona (almeno in questa direzione porta l’analisi delle 50 occorrenze di 2 ps. sing. nelle parabasi aristofanee, statistiche in M. Naso, Lexis 26, 2008, 15-46, in part. 34-35), (2) il φησί in Eustath. In Il. 302,27 (fr. 106) da cui muoveva Cobet, seguito da Pirrotta, per ricostruire gli ipsissima verba di Platone va riferito a Pausania atticista che Eustazio sta citando (cf. H. Erbse, Untersuchungen zu den attiz. Lex., Berlin 1950, 8ss.).

Testo e apparato dei frammenti, a parte alcune rettifiche (13) e aggiornamenti delle citazioni, sono quelli dei PCG (11 e 13), anche se il numero piuttosto elevato di refusi sfuggiti all’attenzione dell’autrice consiglia al lettore di usare il volume con una certa cautela. Pirrotta ha scelto, inoltre, di non commentare i frammenti incertae fabulae; tuttavia si sarebbe desiderato almeno un cenno alle proposte di attribuzione di tali frammenti formulate da altri studiosi (alcune volte si forniscono indicazioni, più frequentemente si tace) per consentire al lettore di avere dinanzi uno status quaestionis completo, ed eventualmente di approfondire per conto proprio.

Qui di seguito alcune osservazioni sparse:

Fr. 9: per ι breve nel futuro di πίνω, cf. anche Amips. fr. 21,2; Epicr. fr. 3,17 e A. Aureli, GFF 5, 1982, 107-112. Se αὐτῆς del fr., come suggerisce Bergk, va riferito alla πόλις si può ipotizzare un rapporto con il *fr. 14. Fr. 11: λίνον di Casaubon pro ὁρμιὰ è probabile: ripristina il legame fra lemma e interpretamentum in Hsch. α 7749. Fr. 24: una minuzia: Pirrotta eredita dai PCG la scorretta citazione del nome della commedia in Antiatt. 114,8 (cf. anche 37). Ἑλλαδίῳ è vox nihili; già Meineke FCG II 623 leggeva Ἑλλάδι. Se l’interpretazione di Pirrotta è corretta (non Poseidone, ma un demagogo pronunzia le parole del fr. 23), allora anche questo frammento apparterrà verosimilmente al medesimo contesto. Fr. 27,1: avrei rilevato la presenza dell'”anapesto strappato” che ha dato origine agli interventi di Kock, van Herwerden, Headlam. Fr. 33: il raffinato letto a due spalliere qui descritto non sarà stato fatto integralmente di legno di bosso ( Buchsbaumholz in ted. e non Bauxbaumholz, come scrive Pirrotta), ma avrà eventualmente avuto parti di bosso (le spalliere?): il bosso era un legno pregiato il cui uso è attestato già in epoca micenea (cf. P.G. Scardigli, Minos 6, 1958, 156-157). Si potrebbe ipotizzare una connessione con il fr. 32. Fr. 48: soggetto di τὸν κότυλον φέρει potrebbe essere la fanciulla cui Eracle aveva consegnato la coppa che costituiva la posta del gioco (Cobet), ovvero se si legge φέρε pro φέρει (Schweighäuser, seguito da Kaibel), ad Eracle viene intimato di onorare la scommessa di gioco. Fr. 51,3: la proposta di intravvedere un’allusione alla pratica di riservare la lingua dell’animale sacrificato al sacerdote è suggestiva (avrei citato anche Ar. Pax 1109), tuttavia fa forse difficoltà l’aggettivo ἀγαθός, che non sembrerebbe adatto a qualificare una Delikatesse. Fr. 53: forse il proverbio fa riferimento ad una progressiva dissipazione di beni (cf. fr. 49). Fr. 54: manca la traduzione: “simili tutti e due quanto a cervello”; probabilmente Eracle e chi lo accompagnava non facevano la figura di persone intelligenti. Fr. 57: mi pare che l’interpretazione vulgata del frammento, accolta anche da Pirrotta, trascuri il pregnante valore sociativo di συγκατοικίζω. I dativi del v. 2 potrebbero non essere dativi commodi e si potrebbe intendere: “ti pose ad abitare insieme a” (Bothe): la madre di Cleofonte faceva la pescivendola (Kaibel) perché il figlio non poteva mantenerla (Sommerstein), se soggetto del verbo è Cleofonte (βοράν potrebbe, però, fare difficoltà). In alternativa, συν- potrebbe riferirsi ad un personaggio precedentemente nominato: “e con…pose ad abitare insieme te…”. Fr. 62: i ματαισμούς provocati dalla peonia potrebbero essere delle πορδάς (così Casaubon, Edmonds, Gulick, Friedrich). Fr. 69: il tràdito παριστῶ crea problemi, di qui la pioggia di interventi testuali. Pirrotta traduce “stelle ich mich neben diesen”, ma come si spiegherebbe il congiuntivo? Fr. 71,3: il commento sembra da correggere (173); λίτρον non è congettura di Cobet accolta da Kaibel, ma lezione del Marcianus di Ateneo (A). Cobet ( Observationes, 91) accoglie νίπτρον di Casaubon ( Animadversionum in Athenaei Dipnosophistas libri XV, Lugduni 1600, 596). Νῖκαι (192): andate in scena (vittoriosamente?) alle Lenee del 420, secondo una seducente ipotesi di W. Luppe, Nikephoros 1, 1988, 185-189, contributo citato da Pirrotta che poteva essere utilizzato per la datazione. Fr. 89: Edmonds era giustificato a riferire μου ad ἄνδρα, poiché leggeva con van Herwerden γέλως τὸν. Παιδάριον (213): “Das Kind” o “Lo schiavetto”? (cf. F. Guglielmino, Poeti della comm. attica antica, Catania 1945, 121). Fr. 102: v. 2: su ὀψάριον, cf. J.E. Kalitsunakis in Festschrift Kretschmer, Wien-Leipzig-New York 1926, 96-106; v. 4: il κάραβος ( Palinurus vulgaris) sembra da identificare con la pregiata aragosta rossa e non con il granchio (“Krabbe”), cf. E. de Saint-Denis, Le vocabulaire des animaux marins, Paris 1947, 18-19; bene, invece, a pagina 302 r. 26: κάραβοι “Langusten”. Fr. 110: il fatto che, oltre a Philostr. VS I 15,2, fonte del frammento sia anche [Plut.] Vit. X or. 833c non implica che “sollte jedoch kein Zweifel bestehen, dass der Komodoumenos in Platons Komödie mit dem Redner [ sc. Antifonte] zu identifizieren ist” (233). La pseudo-plutarchea vita di Antifonte non è immune da confusioni (cf. Vit. X or. 832f e 833a: Antifonte di Ramnunte è confuso con Antifonte figlio di Lisonide) e così anche quella filostratea. Fr. 113: non è sicuro che in Diph. fr. 132 K.-A. il verbo πολιτοκοπεῖν abbia lo stesso significato che ha in Platone Comico ( pace LSJ 9 s.v. : sarebbe opportuno almeno un punto interrogativo) sol perché anche Difilo è un commediografo. Fr. 114,2: che l’identificazione del Glaucete menzionato con il padre di Pisandro non sia plausibile per ragioni cronologiche non è giudizio di Sommerstein ( Aristophanes. Peace, Warminster 1985, 181, citato da Pirrotta), il quale si limita a rilevare che, se il Glaucete di Pax 1008 è il padre di Pisandro, egli avrà avuto circa sessant’anni quando fu messa in scena la commedia e settanta quando fu dileggiato in Thesm. 1033. È, semmai, Olson ( Aristophanes. Peace, Oxford 1998, 262-263) a dimostrarsi scettico. Fr. 115: il frammento attesterebbe una rivendicazione di priorità da parte di Platone vs. Aristofane nella polemica anti-cleoniana; ma c’è una difficoltà di ordine linguistico: non mi pare che πρῶτα μὲν valga “als erster”, ci aspetteremmo piuttosto πρῶτος. Intenderei “in primo luogo” e certo al “prima” si contrapponeva un “poi” nei versi successivi (ἔπειτα δέ, εἶτα δέ vel sim., cf. LSJ 9 s.v. πρότερος B III 3a). Fr. 125: all’interpretazione di Ar. Ran. 422-427 proposta da Sommerstein, e accolta da Pirrotta, ha mosso obiezioni, a mio parere convincenti, C.G. Brown, Eikasmos 8, 1997, 62-69 in part. p. 62 n. 6. Πρέσβεις (259): ad un’ambasceria “privata”, i.e. comica, alla volta di Sparta o della Persia ha pensato K. Dover, CR 64, 1950, 5-7 (= Greek and the Greeks, I, 220-222), che mette in dubbio il carattere “impegnato” del dramma. Fr. 147: il mancato allungamento di vocale breve finale di parola dinanzi a ῥ- è rarissimo nei trimetri comici. A parte questo esempio (τὸ ῥάμφος), si registra solo Pherecr. 113,29; la tragedia manifesta un diverso comportamento (cf. L.D. Stephens, ICS 15, 1990, 55-75). In alternativa scandire degli anapesti, leggendo πληγαῖσιν pro πληγαῖς (già Kaibel apud PCG VII 494), a meno di non voler pensare ad un effetto paratragico. Συμμαχία (299s.): personalmente dubito che nella commedia si trattasse dell’ostracismo di Iperbolo. È improbabile che Platone, dopo aver dedicato ad Iperbolo una specifica commedia, ritornasse sull’argomento con un intero dramma, per di più dopo l’ostracismo, quando Iperbolo era politicamente finito. Fr. 168: che nel frammento sia contenuta un’allusione all’ostracismo è cosa possibile, ma non certa; nessun riferimento all’ostracismo in Herm. ad Pl. Phdr. 241b e da Eustath. in Il. 1161,38 non si può dedurre automaticamente che Eustazio citi Platone per esemplificare una coperta allusione all’ostracismo (così Wilamowitz apud Geissler Chr. 40 n. 3). Infine, ammesso che il frammento alluda all’ostracismo, non vedo perché dovrebbe trattarsi proprio di quello di Iperbolo: il tema era sempre attuale e ogni anno ad Atene si votava per decidere se tenere un’ostracoforia (cf. Aristot. Ath. 43,5); v. 4: riferirei εἰς μέσον ad ἀνίησι. Ὑπέρβολος (319ss.): se le Νῖκαι andarono in scena alle Lenee del 420 (cf. supra), l’ Iperbolo andrà datato al 419/418. Fr. 184: la proposta di scandire eupolidei (Dobree) va rigettata per ragioni critico-testuali (ὁ Ὑπέρβολος di Schol. ed. Ald. sembra una glossa esplicativa penetrata nel testo) e metriche (il secondo eupolideo ὡστ᾿ αὐχμότατός ἐστι con soluzione del terzo elemento non ha paralleli), v. 2: αὐχμώτατος è lezione di Γ e non dell’Aldina, come si legge nel commento (333). Fr. 188,14-15: sulle pratiche depilatorie, cf. anche D.M. Bain, LCM 7, 1982, 7-10. Fr. 194: non sappiamo se ὡς avesse valore consecutivo “So dass”; una traduzione alternativa potrebbe essere: “come anche adesso stiamo riguardo a sostanze” (con ἔχω intrans.).

La traduzione dei frammenti è abbastanza accurata; si sarebbe desiderata la discussione di alcune proposte interpretative ( e.g. K.-A. ad fr. 2; Kaibel ad fr. 9; Kaibel ad fr. 98 etc.). Apprezzabile la ricca bibliografia2 e i tre utili indici che chiudono il volume.

Il volume avrebbe forse profittato di una extrema manus da parte dell’autrice. Si tratta comunque, nonostante le riserve espresse, di un lavoro impegnato, che può costituire un utile point de départ per lo studio dei frammenti certae fabulae di Platone comico.

Notes

1. Cf. G. Mancuso, Pl. Com. T 6 K.-A. delendum?, in P. Cipolla, Studi sul teatro greco, Amsterdam 2006, 69-78; alle medesime conclusioni è giunto indipendentemente H.-G. Nesselrath apud N. Kyriakidi, Aristophanes und Eupolis, Berlin-New York 2007, 61-62 n. 111. La tesi di Mancuso è adesso accolta anche da A. Hartwig, ZPE 174, 2010, 19-31, in part. 20.

2. Assente, purtroppo, la pregevole edizione aristofanea curata da G. Mastromarco (vol. I, Torino 1983) e G. Mastromarco-P. Totaro (vol. II, Torino 2006).