Il bel volume di Massimo Frasca costituisce un importante tassello nella ricostruzione delle vicende delle fondazioni calcidesi in Occidente, la cui comprensione dal punto di vista archeologico e topografico è in molti casi ancora largamente frammentaria. Nonostante il titolo faccia immaginare al lettore che si tratti di una rassegna archeologica dedicata alla fase di vita della colonia greca, e cioè nel periodo compreso tra il 729-728 a.C. e la conquista romana del 214 a.C., il libro offre molto di più. La definizione più corretta del volume è infatti forse offerta da Paola Pelagatti nella prefazione all’opera (pp.XI-XIII): “un appassionante racconto della vita della antica Leontinoi”. Si tratta in effetti di un’efficace sintesi sul centro, che comprende sia le vicende storiche che una rassegna dettagliata dei dati archeologici, divisi per periodi fino all’età medievale.
Dopo una presentazione del volume da parte di Mario Torelli (pp.XV-XVII) e l’Introduzione (pp.1-4), l’autore inizia con un capitolo esplicativo sull’identificazione della città antica (cap.I, pp.5-20). È solo grazie alla revisione delle fonti storiche (Polibio, VII, 6, 1-6 e Tito Livio, XXIV, 7, 2-5) condotta dallo Schubring nel 1874 che si giunge alla corretta ubicazione della città antica sui colli di San Mauro e Metapiccola a Sud della città moderna. Dopo la fase “filologica” si assiste alla fine dell’800 -come è del resto comune a tutta la ricerca sulle antichità della Magna Grecia e della Sicilia- al sorgere di un interesse schiettamente archeologico, dovuto in un primo tempo a studiosi locali e a rinvenimenti nel territorio in concomitanza con lo sviluppo della coltivazione degli agrumeti. Ma con l’arrivo di Paolo Orsi nel 1899 (anche in questo caso le vicende lentinesi si associano a quelle di molti altri centri sicelioti o meno, come Gela, Megara Hyblaea, Locri e così via) vengono effettuate delle vere e proprie campagne di scavo, i cui risultati sono prontamente pubblicati come era consueto allo studioso. Vengono così gettate le basi per la piena comprensione topografica della città antica e il suo studio in una lunga prospettiva diacronica.
Come specifica lo stesso autore, la ricerca archeologica nel sito è poi proseguita in modo “lento e discontinuo”, sia per le sue particolarità geo-morfologiche sia a causa della posizione geografica tra Siracusa e Catania. Dopo le indagini di Orsi si riscontra una certa stasi nelle indagini sulla città antica, stasi che si interrompe bruscamente nel secondo dopoguerra prima ad opera di dotti locali appassionati di archeologia e poi in modo sistematico grazie a scavi e ricerche nel sito da parte dell’Università di Catania sotto la guida di Giovanni Rizza, a partire dal 1950.
Seguendo un ordine cronologico, nel capitolo II l’autore fornisce un dettagliato inquadramento del luogo prima dello stanziamento dei coloni greci (pp.21-35). Dopo un primo paragrafo dedicato alla ricostruzione del paesaggio antico, oggi completamente alterato, Frasca si dedica alla rassegna dei dati sulla presenza indigena nel territorio e sui colli, emersi grazie alle indagini degli anni ’50.
Il terzo capitolo (pp.37-97) è il più corposo e certamente il più interessante per chi si occupa di problemi archeologici e topografici del mondo classico. Esso è infatti dedicato alla fondazione calcidese, datata al 729/728 a.C. in base alla cronologia tucididea, e comprende la vita della colonia sotto l’aspetto storico, topografico e storico-artistico fino all’insediamento del tiranno Enesidemo di Rodi voluto da Ippocrate di Gela nel 495 a.C., che segna la fine della sua indipendenza.
Il quarto capitolo (pp.99-120) comprende invece un periodo storico più limitato, tra il 495 e il 403 a.C., data dell’abbandono della città assediata da Dionisio I tiranno di Siracusa da parte dei suoi abitanti e loro trasferimento a Siracusa. In questo lasso di tempo gli eventi storici si susseguono in maniera drammatica, e la città vede l’alternarsi di momenti di crisi ad altri in cui riesce a tenere testa con orgoglio alla pressione siracusana, ricorrendo anche all’alleanza con Atene. Nonostante queste vicende, i dati archeologici relativi al V sec.a.C. sono estremamente scarsi, specialmente per quello che riguarda l’area urbana.
Gli ultimi due secoli di vita della città sono descritti nel capitolo V (pp.121-146), in cui si affrontano le vicende storiche e si passano in rassegna i dati archeologici relativi alla città -mai completamente abbandonata- assegnata a 10.000 mercenari e inglobata di fatto nel territorio siracusano.
Le scarne notizie sulla città di epoca romana dopo la conquista di Marcello del 214 a.C. e medievale sono ben riassunte nel capitolo VI (pp.147-155), cui fanno seguito le conclusioni (pp.157-163). A queste fasi più tarde non si è mai prestata particolare attenzione, e da questo punto di vista la ricerca su Lentini è accomunata a quella degli altri centri sicelioti in cui tutti gli studi convergono verso le fasi greche, e arcaiche in particolare.
Nelle conclusioni, infine, l’autore suggerisce con enfasi diverse prospettive di ricerca sul centro, oltre ad auspicare (e noi con lui) l’imminente apertura del Parco Archeologico che potrà ridonare importanza al sito, attualmente penalizzato dalle difficoltà di visita e dalla scarsa visibilità delle strutture antiche, poco valorizzate e comprensibili al vasto pubblico.
Il volume di Massimo Frasca è supportato da un’ampia bibliografia, che conferma la piena conoscenza del sito dove l’autore ha condotto ricerche e scavi sia nell’area urbana che in quella necropolare fin dagli anni della sua formazione universitaria, come viene descritto nell’Introduzione. Un ottimo risultato dell’attenzione posta alla ricerca su Lentini sotto diversi aspetti (archeologico e geomorfologico) è infatti fornito dal volume da lui curato: Leontini. Il mare, il fiume, la città, Catania 2004. Egli ha inoltre partecipato alla scoperta di due aree sacre extraurbane (in contrada Alaimo e Scala Portazza), della prima delle quali è stata recentemente fornita una completa edizione ad opera della compianta Lorenza Grasso ( Il santuario di Alaimo a Lentini. Un’area sacra tra la chora e il mare, Catania 2008).
Tra i tanti spunti interessanti del volume ve ne sono alcuni che meritano di essere sottolineati: in primo luogo la particolare attenzione al problema della correlazione cronologica e del rapporto con lo/gli stanziamenti indigeni nel sito. L’autore precisa infatti che, in base ai dati archeologici a nostra disposizione sull’insediamento capannicolo del colle Metapiccola (anche se sarebbe stato auspicabile un apparato iconografico di dettaglio per una migliore comprensione delle strutture), non è possibile concludere che esso fosse ancora occupato al momento della fondazione calcidese, nonostante i Siculi venissero ancora sepolti sui fianchi del colle tra la fine dell’VIII e la prima metà del VII sec.a.C. Anche riguardo alla dibattuta questione sui rapporti iniziali tra Greci e Indigeni l’autore mantiene una posizione prudente, aderente alla scarsa documentazione materiale disponibile. È probabile che alcuni gruppi indigeni abbiano infatti continuato a risiedere sul colle San Mauro anche dopo l’arrivo dei Calcidesi, e che abbiano finito con l’essere integrati ai Greci (in posizione subalterna?).
Il secondo punto su cui l’autore si sofferma è il riesame della documentazione relativa all’articolata cinta muraria. In base ad esso egli ipotizza, contrariamente a quanto scritto in precedenza, che la cinta arcaica sia rimasta in uso per tutta l’epoca classica. Inoltre, riconsiderando l’area della porta meridionale e quella della porta settentrionale, Frasca giunge alla conclusione che autore del rifacimento delle mura dopo il 403 a.C. sarebbe stato lo stesso Dionisio I tiranno di Siracusa, nella prospettiva di fare di Leontinoi una delle fortezze del vasto territorio da lui controllato.
Il terzo punto di interesse è costituito dall’attenzione verso le produzioni artistiche e artigianali del sito finora poco valorizzate, di cui l’autore riesce a fornire una sintesi, periodo per periodo, mettendo insieme i dati frammentari desumibili dagli scavi e dai recuperi ottocenteschi.
In ultima analisi merita di essere ricordata l’attenzione rivolta al territorio della polis, sia per quello che riguarda le diverse aree sepolcrali sia per le vie di penetrazione verso la chora e i territori limitrofi. L’autore ritorna inoltre sulla convincente identificazione, già proposta nel 1997, della sottocolonia Euboia con l’insediamento dagli spiccati caratteri greci di Monte San Mauro presso Caltagirone. Si può quindi concludere che, nonostante i dati archeologici relativi all’area urbana siano, per motivi diversi, decisamente scarni, il tentativo di inquadramento generale delle vicende della colonia e dell’area da essa occupata riesce a fornire un’idea sufficientemente chiara della Leontine.
Il testo è corredato da 23 tavole, e forse è proprio questo l’unico punto in cui si deve fare una piccola critica al volume, lacunoso nella presentazione di piante d’insieme e di vedute complessive del sito che ne permettano una piena comprensione specie per chi abbia scarsa familiarità con i luoghi citati. Una maggiore attenzione anche alla caratterizzazione grafica esplicativa del rapporto topografico tra aree necropolari e urbane, sia per le aree utilizzate in un lungo arco cronologico, sia per quelle specificamente legate ad un determinato periodo di vita della città antica, avrebbe infine evitato al lettore di perdersi nel complesso elenco dei toponimi delle contrade e dei colli. A parte queste notazioni, possiamo senz’altro concludere che il volume di Massimo Frasca rappresenta un utilissimo strumento di lavoro per le ricerche sul sito di Leontinoi e sulla Sicilia sud-orientale più in generale.