BMCR 2010.04.18

Comic Epic and Parodies of Epic: Literature for Youth and Children in Ancient Greece. Spudasmata Bd. 122

, Comic Epic and Parodies of Epic: Literature for Youth and Children in Ancient Greece. Spudasmata Bd. 122. Hildesheim/New York: Georg Olms Verlag, 2008. 133. ISBN 9783487138794. €29.80 (pb).

[L’indice del volume è riportato al termine della recensione.]

Reyes Bertolín Cebrián conduce la sua analisi nell’ambito di un’eterogenea e frammentaria produzione che si è soliti inserire, in blocco, nel contesto della parodia epica; secondo la studiosa, invece, è possibile distinguere tra una humorous (ovvero comic) epic (di tipo orale, umoristica, ma non antitetica all’epica eroica), una beast epic (anch’essa consanguinea dell’epica eroica, ma che ha per protagonisti gli animali) e, infine, una produzione parodica propriamente detta (tendenzialmente scritta e critica verso l’epica tradizionale, di cui comunque adopera il metro). L’argomentazione si articola in sette capitoli che, pur nella loro autonomia, concorrono a disegnare una linea esegetica in sé coerente.

Dopo la premessa e un sintetico capitolo introduttivo, la studiosa instaura un confronto testuale tra il Margite e Archiloco, giungendo a dimostrare — con una certa originalità e, talora, con qualche forzatura1 — che l’epica seriocomica arcaica mutua caratteristiche del giambo e trasforma “the invective into playful humor” (p. 25). Se il Margite offre dunque una versione umoristica ma non dissacrata degli ideali epici, la parodia ipponattea invece si impossessa esteriormente della forma epica (esametro, formule tipiche) e ne attacca i valori fondanti, ponendosi come radicale alternativa: una conclusione che appare convincente, seppur basata pressoché esclusivamente sul fr. 126 Dg.2 (= 128 W.2).2

I destinatari della produzione parodica di tipo ipponatteo diventano oggetto di indagine nel terzo capitolo. Basandosi (forse troppo incondizionatamente) sulla teoria di Martin Steinrück (2000), secondo cui il pubblico del giambo è identificabile nei νέοι, Bertolín Cebrián ritiene che anche la parodia epica sia destinata a un'”audience of unmarried young men”, caratterizzati da “a reaction to the heroic values expressed in epic and elegy” (p. 40). La marginalità sociale dei νέοι è tuttavia valutata in modo unidirezionale dalla studiosa: basterebbe ricordare l’invito di Callino ai neoi a combattere “per i figli e per la sposa” (fr. 1.6-7 G.-Pr.2 [= 1.6-7 W.2]) o la celebre esortazione di Tirteo ai neoi, simpateticamente basata su Iliade 22.66-76 (fr. 7 G.-Pr.2 [= 10 W.2]), per riconoscere, invece, un’indubbia sensibilità dei neoi ai valori matrimoniali come a quelli epici.

La ricognizione storico-letteraria sulla produzione di Egemone, Ermippo, Matrone e Archestrato (argomento del quarto capitolo) consente alla studiosa di fare nuova luce sul mutevole rapporto tra il ‘genere parodico’ e il testo omerico: se fino al V secolo, l’epica è considerata un modello di riferimento da piegare, parodicamente, a specifiche esigenze poetiche o politiche (come si evince dall’analisi del fr. 63 di Ermippo),3 nei decenni successivi l’uso dell’esametro diviene più generico, non comporta allusioni polemiche di tipo giambico e tende a ridurre la componente umoristica a favore di quella erudita; in questo contesto storico-letterario si giunge al punto — ben documentato dalla produzione di Archestrato — che “hexameters are no longer indicative of parody or imitation of Homer”, con il risultato che coloro i quali intendono ancora agire parodicamente sul modello omerico “are obliged to quote Homer very closely” (p. 58): “Their parodies — sintetizza più avanti Bertolín Cebrián — were closer to a cento” (p. 87).

Nel quinto capitolo la studiosa torna a seguire l’evoluzione sociale e politica dei neoi e individua un momento di svolta negli anni della Guerra del Peloponneso, quando essi divengono un’autonoma fazione politica, osteggiata dalla generazione più anziana: contro di loro — storicamente rappresentati da Alcibiade — opera in modo vigoroso il genere comico, che stabilisce il binomio dispregiativo neoi -parassiti. Malgrado gli indubbi tratti di marginalità e di alterità che accomunano neoi e parassiti, non è del tutto convincente l’ipotesi che i parassiti fossero, “as a group, marginal enough to be authors of parodies as well” (p. 59): la produzione umoristica dei parassiti prevede anzi — per quello che si può storicamente accertare — forme di humor assai poco caustiche e finalizzate, piuttosto, a un’agevole integrazione conviviale.4

Negli ultimi due capitoli, segnati da qualche evitabile ridondanza concettuale, Bertolín Cebrián pone opportunamente l’accento sui condizionamenti determinati dalla scrittura e dall’impiego scolastico del patrimonio epico. A differenza infatti della parodia epica, che contesta i valori dominanti, il sistema scolastico apprezza il valore esemplare dell’epica e tende a farne oggetto di esercizio tra gli alunni: “children and youth” sarebbero i destinatari di testi apparentemente parodici, quali Batracomiomachia o Galeomiomachia, che andrebbero invece intesi come “children’s literature and served to initiate them in the enjoyment of epic and educate them in its appreciation ” (p. 96). La pur suggestiva ipotesi di un impiego didattico (più che parodico) della beast epic seriocomica diviene tuttavia francamente ardita allorché la studiosa si spinge a suggerire che i teenagers della scuola, componendo la Batracomiomachia o analoghi poemetti, si rivolgessero a un “public […] much younger, perhaps children up to 10 or 12 years of age, the younger schoolmates of the producers” (p. 115).

Chiudono il volume una sintetica Conclusion riepilogativa e una Bibliography essenziale, gravata invero — più di altre parti della monografia — da spiacevoli refusi (soprattutto nei titoli in italiano), nonché da una certa approssimazione o incoerenza editoriale (per esempio nell’uso delle abbreviazioni e della punteggiatura); molto stringati e quindi di ridotta utilità sono il General Index e l’ Index of Passages.

Valutando complessivamente il lavoro di Reyes Bertolín Cebrián, va senz’altro riconosciuto il generoso sforzo di ricostruire il contesto socio-letterario della produzione epica seriocomica e di quella parodica, approfondendo le differenze costitutive delle due forme e le modalità di produzione e fruizione. E se non tutte le tesi discusse appaiono incontrovertibili o sostenute da un solido conforto bibliografico, il volume offre tuttavia interessanti spunti critici per approfondire la conoscenza di alcuni risvolti meno noti della polimorfica materia epica.

Indice:

0. Hypothesis: Comic Epic as Independent Genre from Parody [pp. 1-4]

1. Preliminaries [pp. 5-22]

2. Margites and Hipponax. Comic Epic and Iambus [pp. 23-37]

3. Public of Parodies [pp. 38-42]

4. Parody: Hegemon, Hermippus, Matro, and Archestratus [pp. 43-58]

5. Parasites: Characters and Authors of Parodies [pp. 59-84]

6. Oral and Written Genres [pp. 85-94]

7. The Beast Epics as Children’s Literature [pp. 95-118]

8. Conclusion [pp. 119-121]

9. Bibliography [pp. 122-131]

10. Indexes [pp. 132-133]

Notes

1. Alcune possibili allusioni ad Archiloco hanno talora poca forza persuasiva, soprattutto se valutate in termini di opposizione, come accade per esempio a p. 26, dove la semplice descrizione di Margite “not skilled in anything” contrasterebbe allusivamente “with the knowledge of the poet of ψόγος“.

2. Benché incompleti, andrebbero almeno ricordati anche i frr. 127 e 128 Dg.2 (= 129 e 129a W.2), dove proprio il metro dattilico fa pensare a un contesto parodico.

3. A parte Ermippo, il volume dà scarso rilievo alle forme di parodia epica non esametrica attestate in ambito comico e, in particolare, in Epicarmo, Cratino, Aristofane. Non si spiega inoltre, per i frammenti comici, la scelta di seguire l’edizione ormai datata di Kock invece di quella di Kassel e Austin.

4. Per questi punti, mi permetto un rinvio alle pp. 19-25 del mio volume Le facezie del Philogelos. Barzellette antiche e umorismo moderno, Pensa Multimedia, Lecce 2004.