La Sylloge Gemmarum Gnosticarum, parte II, si inserisce in un progetto di ricerca più ampio fortemente voluto da Attilio Mastrocinque e di questo progetto essa rappresenta, per così dire, la seconda “tappa”. Infatti siamo di fronte alla seconda parte di un’opera pensata in più volumi dei quali proprio il primo, (la Sylloge Gemmarum Gnosticarum, parte I) assume valore prodromico per l’intero “piano editoriale”, e non solo per la qualità del materiale raccolto, ma anche per gli studi qui confluiti. Infatti, se da una parte la SGG 1 ha messo a disposizione degli specialisti un ragguardevole numero di gemme “gnostiche” contenute nelle pubblicazioni antiquarie, dall’altra ha dato vita ad un team di specialisti che hanno curato le varie sezioni e che hanno contribuito ad una messa a punto storico-religiosa di uno degli specimena del mondo Tardo Antico qual’è, appunto, il fenomeno della magia. Naturalmente, come in ogni miscellanea, non tutti i contributi mantengono la stessa perspicuità, ma nel complesso la SGG 1 si rivela un lavoro degno di nota e meritevole di larga diffusione e relativa utilizzazione tra gli specialisti del settore.
Come i papiri magici, anche le gemme magiche (chiamate gnostiche da Mastrocinque nella prima come nella seconda Silloge, in omaggio alla tradizione degli studi di settore) risultano essere il risultato della collazione moderna di una “classe di materiali” riconducibili ad una medesima forma di atteggiamento religioso capace di risemantizzare more proprio elementi e credenze afferenti a tradizioni religiose distinte se non francamente antinomiche. Di certo, di fronte ad una tale classe di materiali, il rischio di equivocare come quello di attribuire valore ad un manufatto di epoca moderna rimane almeno latente, e tale rischio è stato ben ponderato anche nella SGG 2, seppure con qualche rara approssimazione. La presenza di iscrizioni magiche quali formulae, Ephesia grammata, nomina magica e charakteres, nonché la presenza nell’intaglio di iconografie estranee alla tradizione “ufficiale” e relative a divinità più o meno note, naturalmente lascerebbe propendere con buona certezza per la portata magica dell’oggetto . Tuttavia, di gran lunga più difficile si rivela il tentativo di cogliere la medesima portata di fronte a delle gemme che potrebbero avere soltanto carattere devozionale. Va da sé che un margine di arbitrio nella selezione dei materiali da rubricare rimane ineludibile.
La SGG 2 ha inteso raccogliere e mettere a disposizione della comunità scientifica un congruo numero di gemme magiche attualmente conservate in collezioni italiane pubbliche e private; oltre ad Mastrocinque, alla realizzazione del volume hanno contribuito E.M. Ciampini, C. Fontanive, B. Nardelli e P. Vitellozzi. Come mette bene in luce Mastrocinque, il fatto che tali materiali siano oggi conservati in Italia non ne prova né un avvenuto ritrovamento epicorico, né, tanto meno, una produzione locale; è per questo che, laddove possibile, è stata ripercorsa la storia delle singole collezioni. I vari capitoli del volume corrispondono alle diverse località nelle quali tali gemme sono conservate ,secondo un rigoroso ordine alfabetico : Museo Archeologico Nazionale di Altino (Mastrocinque), Museo Archeologico Nazionale di Aquileia (Mastrocinque), Museo Civico di Bologna (Mastrocinque), Museo Civico Archeologico P. Giovio di Como (Mastrocinque), Museo dell’Accademia Etrusca (Mastrocinque), Musei Civici di Arte Antica (Mastrocinque), Museo Archeologico Nazionale di Firenze (Mastrocinque), Museo Archeologico Nazionale. Museo Egizio di Firenze (Mastrocinque), Museo Archeologico Nazionale. Gemme di Luni di Firenze (Mastrocinque), Museo Archeologico Nazionale di Napoli (.Mastrocinque), Museo Archeologico Provinciale A. Salinas di Palermo (Mastrocinque), Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Collezione Guardabassi (Mastrocinque; V.), Museo Archeologico Nazionale di Ravenna ( Mastrocinque), Musei Capitolini di Roma ( Mastrocinque), Museo Nazionale Romano di Roma ( Mastrocinque), Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma ( Mastrocinque), Museo Archeologico Provinciale di Siracusa ( Mastrocinque), Fondazione Torino Musei. Museo Egizio (Ciampini), Fondazione Torino Musei. Collezioni di Palazzo Madama ( Mastrocinque), Museo Civico di Storia ed Arte e Orto Lapidario ( Mastrocinque), Museo Civico di Udine ( Mastrocinque), Museo Civico Correr di Venezia ( Mastrocinque), Museo Archeologico Nazionale di Venezia ( Nardelli), Museo Civico di Castelvecchio di Verona ( Mastrocinque); segue un capitolo intitolato Gemme mancanti e da collezioni private ( Mastrocinque; Nardelli). Già da una rapidissima lettura di tale elenco si evince immediatamente che il contributo dei diversi autori non è paritario e che il lavoro di Mastrocinque è di fatto alla base del volume. D’altronde, il curatore è tutt’altro che nuovo a questo genere di studi e la sua erudizione critica —anche se qualche volta troppo coraggiosa nell’accostare materiale documentario di diversa provenienza spazio-temporale— a nostro giudizio trova terreno d’elezione proprio in opere “monumentali” e sempre potenzialmente “paludose” quali sono, appunto, la SGG 1 e la SGG 2.
Le gemme sono state schedate tenendo conto dei seguenti criteri di rubricazione. Un acronimo specifico fa riferimento ad un preciso museo o ad una collezione nella quale sono state identificate le varie gemme; le cifre che fanno seguito alla sigla si riferiscono alla numerazione specifica della SGG2; l’ulteriore presenza delle lettere D e/o R sta ad indicare rispettivamente il lato anteriore e/o posteriore del reperto. E così, una sigla quale FiE 1 D/ FiE 1 R/ indicherà la gemma n. 1 della sezione della SGG 2 relativa al Museo Archeologico Nazionale. Museo Egizio di Firenze.
Nel collazionare i diversi reperti si è tenuto conto della seguente seriazione: divinità egiziane (con sotto-sezioni ognuna relativa al dio di volta in volta considerato a patto che questi compaia in maniera numericamente rilevante oppure sia di assoluta portata “magica,” come nel caso di Chnoumis e del gallo anguipede; in questa sezione trova posto anche il leone con testa di toro identificato con Horus in forma leonina che controlla Seth, ovverosia il male), dèi orientali, divinità magiche ebraizzanti, (gemme magiche) cristiane, dèi del Vicino oriente, dèi greco-romani (anche in questo caso possono essere presenti delle sotto-sezioni che seguono il criterio già utilizzato per le divinità egizie), astrologiche, uterine, animali, simboli, oggetti, iscrizioni. Si ribadisce, di fatto, quello che già nella SGG 1 era stato adottato quale criterio di raccolta del materiale gemmario. Ogni gemma è corredata di fotografia in bianco e nero a dimensioni reali, numero di inventario, bibliografia, descrizione, e rapide note interpretative. Le stesse immagini vengono poi riproposte, e questa volta con dimensioni maggiori che ne facilitano la leggibilità, in ben 60 tavole a colori che, a chiusura del volume, lo arricchiscono imprescindibilmente e ne esaltano l’eleganza formale (in queste tavole si ripropongono gli stessi criteri di numerazione relativi dei reperti). L’editore merita un encomio. Tali tavole sono precedute da un elenco di abbreviazioni relative ai periodici, ai corpora, ai dizionari, alle riviste etc. utilizzati, da una ricca ed aggiornata bibliografia che raccoglie oltre 350 titoli e da alcuni studi di approfondimento di .Ciampini, “Nota su un’iconografia particolare del serpente” pp. 213-220; e soprattutto di Mastrocinque, “Il leone con la testa di toro” pp. 221-223; “Sulla statuetta magica del Museo Archeologico Nazionale di Perugia” p. 224; “Due monete inedite con soggetti ricorrenti sulle gemme gnostiche”pp. 225-226.
Naturalmente in un’opera di così ampio respiro non tutto è condivisibile, soprattutto per quanto riguarda alcune interpretazioni — a volte troppo audaci a volte troppo timide — in merito a specifici manufatti. A onor del vero, bisogna dire che nell’introduzione Mastrocinque specifica che “forse potremmo definire le gemme qui rappresentate come monumenti legati alla magia, allo Gnosticismo, all’astrologia, alla religione egiziana, alla religione votiva e, in generale, di rilevante interesse per la storia delle religioni nell’impero romano”;1 tuttavia, sarebbe stato meglio, di volta in volta, specificare la portata magica o meno dell’intaglio considerato. In ogni caso, il servizio reso da Mastrocinque e dal suo team agli studiosi della Tarda Antichità, come già nel caso della SGG 1, è senz’altro meritorio.
Alcuni appunti. Fi 20: parrebbe più opportuno leggere l’iscrizione che circonda Serapide gradiente come ΕΛΕΗΣΟΝ piuttosto che ΕΛΕΗ ( ΣΟΝ) ΒΟΗ ( ΘΙ), né sembrerebbe necessario ricondurre questa invocazione al giudeo-cristianesimo dal momento che la formula esclamativa ΕΛΕΗΣΟΝ non è estranea alla devozione serapica tout court. A tal proposito basterà ricordare un amuleto in oro rinvenuto a Roma e recante su ognuno dei quattro lati rispettivamente le seguenti parole ΠΟΥΒΛΙΚΙΑΝΕ ΕΙΣ ΖΕΥΣ ΣΕΡΑΠΙΣ ΕΛΕΗΣΟΝ.2
Fi27: non vediamo il motivo di dubitare l’identificazione con Serapide del dio stante tra Iside ed Hekate proprio alla luce del suo accostamento con la dea egizia e senza volere considerare che il quadrupede che si trova ai piedi del dio è con ottime probabilità cerbero trifauce e non un semplice cane.3
Na9: si può proporre la lettura del R dell’intaglio nel seguente modo: ΧΝΟΥΒΙΣ ΝΑΒΙΣ ΒΙΕΝΥΘ. Siamo di fronte, infatti, a voces magicae spesso rinvenibili nelle gemme che rappresentano il serpente leontocefalo Chnoumis o Chnoubis,4 qui chiaramente identificabile grazie alla ricorrenza del simbolo tipico di questa divinità (i.e., tre segni a forma di S attraversati da una lunga linea orizzontale) che chiude l’iscrizione magica.
Pe3: non è chiaro perché la figura rappresentata debba essere letta come una Iside; la sola situla tenuta nella sinistra, data la mancanza di altri attributi canonici della dea egizia, quali il nodus Isiacus ed il basileion,5 non è sufficiente per una tale interpretazione. Ancor meno chiaro è il motivo per cui la supposta Iside debba a sua volta essere identificata con Pax; l’adduzione di una preghiera magica nella quale Iside è identificata con Adrasteia, Nemesi e Sothis non sembra soddisfacente per corroborare la lettura proposta.6
Pe11: non è individuabile, almeno dalle immagini riprodotte, la protome umana che emergerebbe dall’abituale capo leonino di Chnoumis e, di conseguenza, non sembrerebbe condivisibile neanche l’interpretazione del serpente leontocefalo rappresentato come un Chnoumis-Agathodaimon; inoltre, non siamo riusciti a leggere la vox magica ΣΕΜΙΣΕΙΛΑ ( sic) benché riportata nella schedatura dell’intaglio.
Pe31: la formula ΕΙΣ ΘΕΟΣ, da sola, non sembra sufficiente per considerare pienamente magica la gemma in questione; infatti, l’acclamazione che attesta l’unicità della divinità è oltremodo presente non solo nelle invocazioni magiche ma anche in quelle semplicemente devozionali.7 Un’esplicitazione in tal senso non sarebbe stata fuori luogo.
Pe32: vale quanto detto per Pe31, infatti la formula ΜΕΓΑ ΤΟ ΟΝΟΜΑ ΤΟΥ ΣΕΡΑΠΙΣ può essere ricondotta oltre che alla sfera della magia anche a quella devozionale simpliciter.8
Ro14: si può leggere ed integrare meglio la formula magica che circonda l’immagine facendo ricorso alla comparazione con altre gemme cc.dd. uterine: ΣΟΡΟΟΡΜΕΡΦΕΡΓΑΡΒΑΡΝΑΦΡΙΟΥΡΙΓΞ.9
Si11: gli “esseri animaleschi simili a scimmie” sono colti nell’atto dell’offerta e dell’adorazione secondo una imagérie tipicamente egiziana e conservata ancora in epoca romana, come dimostrano le rappresentazioni di offerenti e devoti spesso effigiate all’esterno ed all’interno dei templi nilotici.
Ve13: parrebbe difficile identificare con sicurezza il busto profilato con volto circondato da boccoli calamistrati e sorreggente un modio con quello di Iuppiter Heliopolitanus il quale nella glittica magica a lui relativa compare secondo canoni iconografici del tutto diversi.10 Né si può dare troppo credito a Macr. Sat. I 23 10 quando sostiene che il simulacro dio di Eliopoli di Siria sarebbe stato originariamente nell’omonima città egizia.11
Ciò di cui si sente maggiormente la mancanza sono degli indici ragionati che avrebbero completato al meglio un volume importante quale la SGG 2 e ne avrebbero facilitato la fruibilità.
Notes
1. SGG 2, p. 8.
2. Cfr. M. Siebourg, “Neue Goldblättchen mit griechische Aufschriften”ArchRelWiss 10 (1907), pp. 393-399, part. p. 398.
3. Cfr. SGG 1, p. 174, tav. 2.
4. Cfr. S. Michel, hrg. P. und H. Zazoff, Die magischen Gemmen in britischen Museum, 2 voll., London 2001, I, Glossar, s.v. “Naabis-Bienouth-Logos” con bibliografia precedente; SGG 1, pp. 242-261, part. p. 245, p. 257, nota 1.
5. Cfr. V. Tran Tam Tinh, in LexIconMythClass, s.v. “Isis” (e relativo corredo iconografico).
6. Cfr. R. Merkelbach, M. Totti, Abrasax. Ausgewählte Papyri religiösen und magischen Inhalts, Band 2: Gebete (Fortsetzung), PapCol 17, Opladen 1991, pp. 97-98.
7. Cfr. E. Peterson, Eis theos. Epigraphische, formgeschichtliche und religionsgeschichtliche Untersuchungen, ForschRelLitAltNeunTest 41, Göttingen 1926.
8. Cfr. R. Veymiers, Ἵλεως το=| φοροῦντι. Sérapis sur les gemmes et les bijoux antiques, Bruxelles 2009, Index. D. Les inscriptions, s.v. ΜΕΓΑ ΤΟΝΟΜΑ ΤΟΥ ΣΕΡΑΠΙ e segg.
9. Cfr. S. Michel, Op. cit., Glossar, s.v. Soroor-Logos, con bibliografia precedente.
10. Cfr. E. Sanzi, ” Magia e culti orientali. Osservazioni storico-religiose intorno ad una gemma eliopolitana conservata nel Museo archeologico nazionale di Napoli”in A. Mastrocinque (ed.), Atti del Convegno Gemme gnostiche e cultura ellenistica, Verona, 21-24 ottobre 1999, Bologna: Patron, 2002, pp. 207-214 (con bibliografia precedente).
11. Non: Macr. Sat. I 23 1 come indicato.