BMCR 2009.11.20

Musica e filosofia da Damone a Filodemo: sette studi. Accademia toscana di scienze e lettere “La Colombaria” – Serie Studi 245

, Musica e filosofia da Damone a Filodemo: sette studi. Accademia toscana di scienze e lettere "La Colombaria" - Serie Studi 245. Firenze: Leo S. Olschki editore, 2008. 161. ISBN 9788822258212. €18.00.

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Il volume raccoglie sette contributi già editi e qui riproposti in una versione rielaborata, tutti incentrati sul dibattito filosofico intorno al fenomeno musicale (nel senso più ampio del termine) tra l’ età classica e l’ età ellenistica. I saggi, grazie anche ai frequenti rimandi interni, appaiono tra loro fortemente interrelati, così che il volume si presenta effettivamente come “un percorso omogeneo” fatto di “momenti distinti”, per dirla con l’ A(utore) (p. 5). Le linee portanti di tale percorso, strutturato secondo un criterio cronologico (da Damone a Filodemo), coincidono sostanzialmente con i principali temi della discussione musicologica nel periodo sopra indicato: il nesso tra musica, etica e politica (capp. 1, 2, 4 e 7); il rapporto tra musica e retorica (cap. 4); la μουσική come forma di παιδεία e di cultura generale (capp. 2, 3 e 5); l’ armonica come scienza con uno statuto epistemologico autonomo (cap. 6).

Comune ai vari contributi è il fatto di muovere sempre dai testi greci, di cui si propone dapprima una esegesi puntuale, quindi una lettura di più ampio respiro, volta a contestualizzare il singolo brano nel pensiero di un autore antico o di metterlo in relazione con il contesto culturale di riferimento. La prospettiva seguita dall’ A. è, dunque, duplice: esegetico-testuale e storico-culturale. In essa risiede certamente uno dei punti di forza del libro. Ciò premesso, passo ad alcune osservazioni di dettaglio.

Tra i contributi più significativi del volume possono essere segnalati i seguenti. Anzitutto, la delucidazione del valore dell’ espressione μουσικῆς τρόποι nella testimonianza platonica su Damone ( Resp. IV 424c = 37 B 10 DK): nel cap. 1 l’ A. mette bene in luce come il sintagma, cui non è dedicata molta attenzione nei commenti al passo, sembri indicare estensivamente “tutte le principali convenzioni, melodiche ma anche ritmiche, che regolavano e determinavano il carattere della musica ἀρχαία” (p. 16) — un valore che trova un preciso riscontro nella Politica (VIII 1341a 1-4) di Aristotele.1

In secondo luogo, mette conto di segnalare l’ esegesi di Plat. Resp. IV 441e 8-442a 2, dove l’ interpretazione tradizionale introduce nel discorso platonico una contraddizione logica: come nota l’ A., nel passo i correlativi τὸ μέν e τὸ δέ non devono essere intesi come riferimenti all’ una e all’ altra parte dell’ anima — quella emozionale o θυμοειδές e quella intellettuale o φιλόσοφον — ma vanno interpretati in senso avverbiale (“da una parte … dall’ altra”), come particelle che introducono, rispettivamente, gli effetti opposti che l’unione di musica e di ginnastica esercita su entrambe le parti dell’ anima, rendendole reciprocamente ‘armoniche’. In questo modo il discorso appare in linea con Resp. III 410b, 411e, dove si afferma che musica e ginnastica esercitano la loro azione su entrambe le parti dell’ anima, ma con influenze opposte: mentre la prima rilassa lo θυμοειδές e attiva il φιλόσοφον, la seconda sortisce effetti contrari.2

Non meno degno di attenzione è il pregevole studio sul frammento de musica trasmesso da P. Hibeh 13 (cap. 4), del quale, attraverso l’ analisi della lingua, dello stile e del lessico, oltre che del contenuto e del tipo di argomentazione, l’ A. mette in evidenza la notevole consonanza con gli scritti di Alcidamante (in part. con l’ esordio dell’ Odisseo e con quello del discorso Sui Sofisti), proponendo l’ attribuzione del frammento al retore ateniese, o quantomeno all’ area alcidamantea — un’ ipotesi che ha ormai incontrato il favore di molti studiosi, come lo stesso A. ricorda nella Postilla (pp. 59s.).

Infine, non può non segnalarsi la lucida disamina del cap. 6 sui presupposti scientifici sopra i quali Aristosseno ha fondato l’ armonica: (1) l’ individuazione del campo specifico di studio, (2) la determinazione delle funzioni cognitive necessarie e (3) la ricerca dei principi fondamentali della disciplina. La trattazione di questi tre temi dimostra che il Tarentino ha concepito la scienza armonica come una disciplina assiomatico-deduttiva “il cui modello è la trattazione aristotelica degli Analytica posteriora” (p. 103): in ultima analisi, egli ha tentato una sintesi tra conoscenza sensibile e conoscenza razionale ben lontana da quell’ atteggiamento di puro empirismo e di radicale avversione al matematismo pitagorico impropriamente attribuitogli da L. Laloy e, dopo di lui, da numerosi altri studiosi.3 La puntuale analisi della struttura e del contenuto degli Elementa harmonica permette altresì all’ A. di evidenziare una certa evoluzione metodologica e concettuale tra il primo libro dell’ opera e i due successivi e di postulare l’ esistenza di almeno due stadi compositivi: il II ed il III libro, tra loro strettamente connessi, sembrano appartenere a una redazione successiva al I libro, “forse una seconda edizione del libro I destinata a un corso di insegnamento più approfondito, o, più probabilmente, una rielaborazione e rimeditazione complessiva del libro I” (p. 106).

In un solo caso si ravvisa la mancata registrazione di un contributo testuale non trascurabile, di cui si poteva tenere conto in sede di ripubblicazione. Si tratta della discussione (cap. 1) su Philod. Mus. IV 33,37 (p. 104 Kemke = p. 83 Neubecker), un’ importante testimonianza sul contenuto del progetto politico-paideutico di Damone. La discussione mostra che l’ integrazione χαρίεντας — proposta da Kemke e rigettata da Wallace come impossibile4 — è pienamente accettabile e costituisce il termine-chiave del frammento dell’ Areopagitico, in antitesi con il precedente ἀφυεῖς (IV 33,37), integrazione di Bücheler accolta da Kemke e dalla Neubecker. In quest’ ultimo caso, però, si deve notare che nella recente edizione di Delattre,5 citata dall’ A. a conferma della lezione χαρίεντας, al posto del vulgato τοὺς ἀφυεῖς, si legge καὶ τοὺς ὑεῖς (p. 309), sulla base delle pur incerte tracce di inchiostro presenti nel P.Herc. 1497. Di questa nuova lettura l’ A. non dà conto, mentre sarebbe stato opportuno discuterne e trarne le debite conseguenze sul piano interpretativo (se si accetta καὶ τοὺς ὑεῖς, il senso del passo non risulta stravolto, ma viene meno l’ esplicita antitesi tra coloro che sono privi di disposizioni naturali per la cultura musicali e coloro che ne sono dotati).

In conclusione, il volume non può che essere salutato con favore, anzitutto perché riunisce e rende facilmente accessibili saggi apparsi in sedi disparate, agevolandone la consultazione attraverso una bibliografia ragionata (pp. 135-145) e due indici, l’ uno dei nomi antichi e moderni (pp. 149-152), l’ altro delle fonti antiche citate (pp. 153-159). La rilevanza degli argomenti trattati e la competenza in materia dell’ A. rendono il libro di grande interesse per gli studiosi — ma anche per gli appassionati colti — di filosofia antica e di musica greca antica. La lettura dei contributi risulta piuttosto scorrevole e persino piacevole, grazie alla fluidità di scrittura e alla chiarezza espositiva dell’ A. La veste editoriale si presenta nitida ed elegante. Pochi e per lo più trascurabili sono i refusi riscontrabili.6

Indice:

1. I “tropoi” di Damone (37 B 2 e B 10 DK)

2. Protagora, Damone e la musica

3. Socrate, la musica, e la danza: Aristofane, Senofonte e Platone

4. Alcidamante e PHibeh 13 “de musica”. Musica della retorica e retorica della musica

5. Musica e filosofia in Platone, “Repubblica” II-IV

6. Aristosseno e lo statuto epistemologico della scienza armonica

7. Diogene di Babilonia e Aristosseno nel “De Musica” di Filodemo

Notes

1. La valenza del termine τρόπος in àmbito musicale è chiarita da A. Barker ( Greek Musical Writings, Cambdrige 1984, I, p. 199 n. 68): “some authors use the term, on occasion, as an equivalent for harmonia, in the sense ‘scale-structure’ (e.g. Arist. Quint. 8.20, 13.9-10, etc.), but its meaning is usually broader. A ‘style’ of melody may be determined by any combination of scale-structure, pitch, and melodic shape”. La nota non riguarda però il passo platonico in esame, cui peraltro non si fa cenno, ma i Problemata di scuola aristotelica (19,38).

2. A favore di questa interpretazione si può richiamare anche la metafora di Resp. III 412a, dove le componenti dell’ anima appaiono come le corde di uno strumento da tendere o allentare per ottenere la giusta tonalità e produrre una buona consonanza.

3. L. Laloy, Aristoxène de Tarente et la musique de l’ Antiquité, Paris 1904.

4. J. Kemke, Philodemi de musica librorum quae exstant, Lipsiae 1884, p. 104; R. W. Wallace, Damone di Oa i suoi successori: un’ analisi delle fonti, in Id.-B. MacLachlan (eds.), Harmonia Mundi: Musica e filosofia nell’ antichità. Music and Philosophy in the Ancient World, Roma 1991, pp. 30-53: p. 34.

5. D. Delattre, Philodème de Gadara. Sur la musique. Livre IV, Paris 2007.

6. Mette conto di segnalare soltanto και; (p. 132 n. 23), da correggersi in καὶ, e πρὸς φρόνησις (p. 133), da correggersi in πρὸς φρόνησιν.