BMCR 2009.09.41

L’ image des Parthes dans le monde gréco-romain. Du début du Ier siècle av. J.-C. jusqu’ à la fin du Haut-Empire romain. Oriens et Occidens, 17

, L' image des Parthes dans le monde gréco-romain. Du début du Ier siècle av. J.-C. jusqu' à la fin du Haut-Empire romain. Oriens et Occidens, 17. Stuttgart: Franz Steiner Verlag, 2007. 427; ills. 9. ISBN 9783515085304. €62.00.

[Table of contents is listed at the end of this review.]

In questa monografia, Charlotte Lerouge illustra nell’arco di un’ampia ed esaustiva panoramica l’insieme delle caratteristiche e degli attributi riservati ai Parti nell’ambito dell’immaginario letterario romano a cominciare dall’epoca dei primi contatti con gli Arsacidi negli anni 90 del I secolo a.C. sino alla fine dell’impero partico e alla caduta della dinastia arsacide nel 224 d. C.

La ricca indagine della Lerouge, una delle più importanti nella storia degli studi sul regno arsacide e indubbiamente la più approfondita per quanto riguarda la questione della percezione presso i Romani dello stato e del popolo partico, si articola in due sezioni principali. La prima parte prende in considerazione il processo di evoluzione dell’immagine del mondo partico a Roma attraverso la storia delle relazioni tra i due imperi. La seconda parte costituisce una sorta di studio etnografico nel quale l’autore presenta l’insieme delle informazioni sulla civiltà partica desumibili dalle fonti greche e romane.

Nella prima parte sono presentati i primi contatti tra Roma e i Parti al tempo di Silla, di Lucullo e di Pompeo nel tentativo di comprendere se e in quale misura i “signori della guerra”, cui il senato romano aveva affidato la risoluzione dei problemi in oriente, avessero una sostanziale cognizione della potenza arsacide e del ruolo che lo stato partico ricopriva nell’assetto geopolitico vicino-orientale. La questione del presunto trattato sottoscritto da Silla gode in questo contesto di particolare attenzione. È opinione dell’autore che il Gran Re di Partia sia rimasto sostanzialmente neutrale nel corso del conflitto tra Roma e Mitridate IV del Ponto. Tale presunto immobilismo da parte dello stato partico è stato da alcuni messo in dubbio. Una più approfondita analisi della situazione d’altra parte necessiterebbe di una completa indagine dei rapporti clientelari tra il Gran Re e Tigrane d’Armenia nel periodo in questione, indagine questa che esulerebbe dall’oggetto dello studio in questa sede presentato.

I capitoli seguenti trattano dell’epoca successiva, dalla battaglia di Carrhae sino al regno di Augusto. I Parti entrati prepotentemente nell’orizzonte politico romano con il disastro della campagna di Crasso, trovarono posto nell’ideologia romana quali temibili avversari con i quali Roma era costretta a trattare ad un livello di parità. Essi sono ritratti dagli scrittori augustei come un potere alternativo a Roma in oriente, una potenza capace di rivaleggiare con l’unico impero universale, ma che nondimeno Augusto fu in grado di sottomettere attraverso un’accorta politica diplomatica. In confronto attenzione molto minore è riservata alle successive fasi della politica romana in oriente (14-224 d.C.) caratterizzate da un elemento di continuità: l’importanza della contesa per l’Armenia, considerata da entrambi come appartenente alla propria area di influenza politica.

La seconda sezione analizza importanti aspetti della storia e dell’etnografia dei Parti. Attenzione è riservata a questioni già a lungo discusse e concernenti gli inizi dello stato arsacide, la sua organizzazione istituzionale, l’arte della guerra e le tradizioni religiose. Ampio spazio è dedicato tuttavia anche ad aspetti spesso considerati secondari quali l’estensione geografica del regno e gli usi e i costumi partici, analizzati sempre attraverso la lente dell’indagine etnografica condotta dai contemporanei studiosi greci e romani. L’autore sottolinea l’esistenza di una doppia tradizione concernente l’origine dei Parti. Una tradizione più antica risalente a Strabone e a Pompeo Trogo identifica i Parti con una tribù di origine scitica. Un’altra tradizione storica in parte ravvisabile nei medesimi due autori vede invece nei Parti un popolo autoctono delle satrapie più orientali dell’antico impero persiano. Sarà questa seconda ricostruzione storica ad godere in epoca imperiale del più ampio seguito mentre l’altra tenderà a scomparire dalle fonti letterarie.

La trattazione geografica del regno prende le mosse dalla discussione delle sue frontiere geografiche: la frontiera meridionale, il golfo Persico e il mare d’Oman, la frontiera occidentale al medio Eufrate, e quella settentrionale tra il Tauro e il mar Ircano. Secondo l’autore il limite orientale dei possedimenti arsacidi nell’immaginario romano si spingeva sino all’Indo, tradizionale confine estremo del regno Achemenide prima e delle conquiste alessandrine poi. La discussione sulla reale portata delle conquiste orientali di Mitridate I è ancora in atto, ma pare sia certo che il dominio diretto di tali territori attribuito al Gran Re corrispondesse ad un dato reale solo nel corso di brevi periodi nel corso della storia partica. Anche in questo frangente appare chiaro come l’identificazione da parte degli scrittori occidentali degli Arsacidi quali eredi del regno persiano influenzasse la ricostruzione di una realtà geopolitica contemporanea che sfuggiva, per distanza geografica e disponibilità delle fonti, dall’indagine o esulava dall’interesse decisamente superficiale espresso dagli autori greci e romani.

La sezione concernente l’organizzazione istituzionale arsacide si accentra attorno ad un passo di Posidonio ripreso da Strabone (11, 9, 3) nel quale l’etnografo greco sembra asserire che la scelta del monarca arsacide fosse il frutto di un processo istituzionale in qualche misura di carattere elettivo. Nel medesimo passo si indica l’esistenza di un senato reale suddiviso in due camere. L’interpretazione del frammento di Poseidonio data dalla Lerouge tende tuttavia ad attribuire a tale organo collegiale una funzione prettamente consultiva. L’autore sottolinea l’importanza dei sacerdoti sotto i Parti anche se ammette che la loro condizione non fosse così elevata come presso i successivi Sasanidi. La sezione si conclude con una serie di osservazioni. Se in molti degli aspetti affrontati il regno partico sembra essere accomunato dalle fonti letterarie all’impero persiano Achemenide, tuttavia pare che in nessun scrittore occidentale un tale paragone sia teso a comprovare una decadenza del regno arsacide.

Molta attenzione è riservata all’arte della guerra presso i Parti illustrata ricorrendo all’analisi della battaglia di Charrae e attraverso la trattazione delle campagne contro i Seleucidi. Si fa riferimento all’associazione già in antico tra tecniche di combattimento arsacidi e scite. Sono passate inoltre in rassegna la debolezze dell’apparato militare, debolezze sia di natura tecnica che psicologica. Subito dopo la disastrosa sconfitta subita da Crasso i Romani svilupparono un’opinione decisamente rispettabile della capacità guerriera arsacide. Tale punto di vista tuttavia coesisteva con opinioni di senso contrario che attribuivano ai Parti scarsa abilità nel combattimento corpo a corpo e una totale ignoranza delle tecniche poliorcetiche, oltre che una naturale incostanza e una generale tendenza all’infedeltà e al tradimento.

L’ultimo capitolo concernente gli usi e i costumi dei Parti si apre con un’interessante trattazione sulla molto poco conosciuta religione partica. Notevole spazio è riservato al culto di Mitra e alla possibilità che esso sia penetrato nel mondo occidentale attraverso una mediazione partica. A tale riguardo l’autore fa riferimento all’incontro cerimoniale che ebbe luogo a Roma nel 66 d.C. tra l’imperatore Nerone e Tiridate, nuovo monarca arsacide d’Armenia. Nella restante parte dell’ultimo capitolo la Lerouge illustra le pratiche matrimoniali e sessuali del popolo orientale e la loro attitudine nei confronti della ricchezza. In questi ambiti gli scrittori occidentali greco-romani, affetti forse più che in altri ambiti del sapere da una cronica ed irrimediabile superficialità nella trattazione e nella conoscenza delle contemporanee cose d’Oriente, riprendono in modo evidente temi e luoghi comuni caratteristici dell’immaginario greco di epoca classica. Attributi e pregiudizi largamente diffusi nel mondo greco in riferimento ai Persiani Achemenidi vengono trasposti dal passato al presente del I e II secolo d.C. senza alcuna sostanziale modifica. In non pochi casi, come per il tema della ricchezza o, come si vide, per la descrizione della competenza militare, temi, è noto, strettamente connessi nel mondo letterario antico, permangono caratterizzazioni di senso contrario.

Sembra potersi concludere che l’immagine dei Parti nel mondo romano è un’immagine composita frutto di due tradizioni storiografiche radicalmente distinte. La ripresa dei temi classici della storiografia greca sui popoli d’oriente quali il despotismo, la ricchezza smodata o la mollezza nei costumi e nella pratica bellica sembra coesistere tranquillamente con riferimenti che sottolineano l’origine e l’appartenenza alla comunità scita, e quindi barbara, del popolo arsacide: l’efferatezza e la mancanza di civilizzazione. Tale situazione è originata dalla profonda ignoranza da parte di Greci e Romani della natura del regno e del popolo partico. A colmare tale lacuna intervengono così gli stereotipi etno-storiografici ripresi dalla caratterizzazione di due mondi tra loro profondamente diversi, ma sufficientemente noti attraverso le fonti greche, quello persiano e quello scita.

La coesistenza pacifica di entrambe queste interpretazioni è facilmente comprensibile se si considera il generale intento propagandistico dell’approccio occidentale al mondo arsacide. Con lo scopo di dimostrare la superiorità romana e per contro l’inferiorità dei Parti parve legittimo attribuire a tale popolo caratteristiche riprese da due mondi profondamente diversi, ma accomunati dal fatto di rappresentare nell’ideologia greca e poi greco-romana due differenti antimodelli di civiltà. Un popolo quale quello partico, nel quale erano presenti caratteri comuni a due dei popoli ritenuti agli occhi del mondo greco-romano massimamente inferiori rispetto all’ideale romano, per quanto valoroso in battaglia e in grado di tenere testa a Roma in Oriente, non poteva che risultare, come in una sorta di equazione matematica, esso stesso irrimediabilmente inferiore.

Table of contents:

Première partie: l’image des Parthes et les relations romano-parthiques

1. De Sylla a Crassus. Le royaume parthe: un royaume oriental comme les autres?

2. La soumission nécessaire. Construction d’une spécificité du royaume arsacide a Rome de 53 av. J.C. a 31 av. J.C.

3. Auguste et les ambiguïtés de la politique parthique

4. Rome et les Parthes de Tibère a Sévère Alexandre. Le royaume arsacide: un royaume soumis ou a conquérir?

Deuxième partie: l’image ethnographique des Parthes

5. Le discours Gréco-romain sur les origines du peuple parthe

6. L’empire arsacide. Délimitation et description dans les sources Gréco-romaines

7. Institutions et vie politique dans le royaume des arsacides

8. L’art militaire des parthes

9. Moeurs et coutumes des parthes

Conclusion