Nel rappresentare le vicende di una donna e di un giovane, di una madre violentata e di un figlio abbandonato (che si incontrano dopo una concitata sequenza di tentati omicidi e di riconoscimenti presunti o reali), Euripide nello Ione porta in scena, e risolve positivamente, l’eterno dramma dell’uomo alla ricerca di quei vincoli di sangue che né il tempo né le distanze possono rimuovere o spezzare. A differenza di altre tragedie euripidee, che sono state al centro dell’interesse anche di autorevoli studiosi, questo dramma non ha goduto di una pari, rilevante attenzione filologica: è fondamentale, ma ormai datato, il commento di U. von Wilamowitz-Moellendorff (Berlin, Weidmannsche Buchhandlung, 1926); risale al 1939 la pubblicazione oxoniense di A. S. Owen, inserita nella prestigiosa collana di edizioni e commenti per i tipi di Clarendon Press; e solo dopo un ampio arco temporale della durata di quasi sessanta anni è apparso il notevole lavoro di K. H. Lee (Warminster, Aris & Phillips, 1997), fondato sul testo dell’edizione curata da J. Diggle (Oxford, Clarendon Press, 1981, pp. 305-373). In Italia sono meritevoli di menzione le traduzioni di E. Mandruzzato (in C. Diano, Il teatro greco. Tutte le tragedie, Firenze, Sansoni, 1970) e di F. M. Pontani, Euripide. Le tragedie, Vol. II, Roma, Newton Compton, 1977 (la traduzione è ora in Euripide. Le tragedie. A cura di A. Beltrametti. Con un saggio di D. Lanza, Torino, Einaudi, 2002); nonché le traduzioni corredate di commenti di buona divulgazione a cura di U. Albini e di V. Faggi (Milano, Garzanti, 1982), di O. Musso ( Tragedie di Euripide, Vol. II, Torino, UTET, 1993) e di G. Guidorizzi (Milano, Oscar Mondadori, 2001). Del 2004 è infine il volume Euripide. Ione, introduzione traduzione commento a cura di M. Pellegrino (Bari, Palomar).
E ora della tragedia euripidea, per la collana dei Classici greci e latini della Biblioteca Universale Rizzoli, fornisce un pregevole commento, corredato da una ricca introduzione e da una puntuale traduzione, Maria Serena Mirto (M.), che al dramma ha anche dedicato un denso contributo ( Euripide regista del paradosso morale: Ione, gli uccelli e l’oracolo ingannevole, in A. Grilli – A. Simon [a cura di], L’officina del teatro europeo, vol. I: Performance e teatro di parola, Pisa, Edizioni Plus, 2001, pp. 29-46). Nell’ Introduzione (pp. 5-62), M. ne riconosce meritoriamente i motivi fondanti: il disagio della paternità di Apollo, intervenuto, in una prospettiva tragica investita di luci e di ombre, nella vicenda umana di Creusa a cui ha imposto una intima relazione amorosa che è all’origine della sorte eroica di Ione (pp. 5-10); la straordinaria esperienza di vita di un trovatello senza nome e senza patria, destinato a divenire il capostipite della gente ionica, chiamata con Atene alla grandiosa missione della conquista del mondo (pp. 11-14); i timori di una vergine violentata, lacerata dal rimorso di aver abbandonato il proprio figlio, e tuttavia disposta, in ossequio all’ideologia familiare della difesa della purezza della stirpe, a eliminare senza scrupoli il suo potenziale rivale (pp. 15-25); il contraddittorio coinvolgimento di Apollo nelle vicende umane di Creusa e di Ione, che ne incrinano e rovesciano le qualità profetiche e catartiche per cui il dio è venerato e temuto dai mortali (pp. 25-36); il complesso intreccio sottilmente ironico del dramma familiare risolto positivamente dall’ anagnorisis finale, propiziata dalla benevola azione della Tyche, che sembra anticipare i motivi fondanti del teatro menandreo (pp. 37-53); una particolare predisposizione da parte di Euripide ad indagare la precarietà delle vicende umane, segnate da menzogne e verità, purezza e contaminazione, delusione degli affetti, orgoglio dinastico, odio razziale (pp. 53-62).
Nell’ Appendice (pp. 63-74) M. propone un’interessante analisi dello stupro e dell’adulterio nel diritto attico e sulla scena euripidea: la studiosa argomenta come nella lingua greca non fosse attestato alcun termine idoneo a designare specificamente lo stupro, e dimostra che le leggi attiche volte a punire i crimini sessuali non erano affatto sistematiche e non si preoccupavano di definire rigorosamente l’offesa; l’azione penale contro l’adulterio era peraltro condotta esclusivamente contro l’uomo e coinvolgeva la donna solo in quanto elemento passivo, ché la legge della polis non riconosceva dignità giuridica alla donna, verso cui una possibile sanzione punitiva era affidata al solo parere discrezionale della famiglia. È in tal senso istruttiva la testimonianza mitico-letteraria sulla punizione prospettata per la fedifraga Elena nelle Troiane : la circostanza che la moglie di Menelao meriti una morte esemplare (vv. 1055-1059) è smentita dal comportamento del marito che, stando alle parole del Coro, la farà benevolmente salire sulla sua stessa nave (vv. 1100-1117), e ne subirà ancora il fascino, come testimonia peraltro l’ Andromaca euripidea per bocca di Peleo (vv. 627-631): “i destinatari principali delle misure punitive”, osserva la studiosa, “continueranno a essere gli uomini che seducono le mogli altrui, mentre l’iniziativa colpevole di Elena — sulla cui responsabilità morale concordano vinti e vincitori — resta giuridicamente indifferente” (pp. 67-68).
A un’agile trattazione dei momenti salienti della vita del drammaturgo ateniese e delle caratteristiche peculiari delle sue tragedie (pp. 75-81), e a brevi osservazioni sul testo e sulla fortuna letteraria e teatrale dello Ione (pp. 82-86), segue la Bibliografia (pp. 87-100), in cui M. rende conto delle principali edizioni e traduzioni, nonché dei più rilevanti commenti e studi sulla tragedia euripidea.
Fondata sulla sopra citata edizione oxoniense di Diggle, la traduzione del testo (pp. 106-213) appare vivace e corretta; anche se a una migliore fruizione della lettura nuoce forse la scarsa presenza di didascalie sceniche: ad esempio, nei vv. 517-565 (pp. 138-145) poteva essere segnalato il contrapposto movimento scenico di avvicinamento, ad opera del troppo espansivo Xuto, e di allontanamento, da parte del diffidente Ione; nei vv. 1402-1403 (pp. 198-199) si sarebbe potuto indicare che l’ordine di Ione ai danni di Creusa veniva impartito agli “uomini armati” entrati con lui in scena già ai vv. 1257-1261; nei vv. 1553-1618 (pp. 208-213), le battute di Atena, di Creusa e di Ione si sarebbero più agevolmente comprese se fosse stato, di volta in volta, indicato il destinatario delle singole apostrofi.
Nelle note di commento al testo (pp. 215-344), puntuali e rigorose, particolarmente attente a problemi di carattere testuale, metrico e scenico, si danno anche utili notizie antiquarie sui riti connessi con l’ambiente oracolare di Delfi e sui miti degli eroi fondatori della stirpe attica: viene così illustrato, e.g., che l'”ombelico” ( omphalós) era una pietra sacra che contrassegnava il punto in cui si erano incontrate due aquile che Zeus aveva inviato dai confini opposti del mondo (n. 2, ai vv. 5-13, p. 216; n. 12, ai vv. 219-236, pp. 236-237); che Creusa, ancora neonata fra le braccia della madre, evitò la sorte sacrificale delle sorelle maggiori, quando già suo padre Eretteo era morto al tempo della guerra degli Ateniesi contro i Traci al seguito di Eumolpo (n. 3, ai vv. 14-27, pp. 217-218); che la storia di Erittonio, al pari di quella di Ione, era caratterizzata dalla presenza di uno stupro, di uno scrigno segreto e di un figlio divino, abbandonato al momento della nascita (n. 3, ai vv. 14-27, pp. 218-219); che la purezza fisica dei frequentatori dell’oracolo delfico era garantita dalle abluzioni nelle acque della vicina sorgente Castalia (n. 7, ai vv. 82-111, pp. 224-225; n. 9, ai vv. 144-183, p. 227); che le Aglauridi precipitarono dalle rupi dell’Acropoli di Atene, dopo essere impazzite di terrore alla vista dei serpenti posti da Atena a presidio di Erittonio (n. 14, ai vv. 258-288, pp. 239-240); che Atena donò a Erittonio due gocce del sangue della Gorgone con opposte preregative, in parte guaritrici e in parte letali (n. 40, ai vv. 961-1028, pp. 296-297); che all’ingresso del padiglione Ione colloca un gruppo figurativo rappresentante Cecrope, il mitico sovrano ateniese per metà uomo e per metà serpente, e le Aglauridi, connesse con la nascita di Erittonio: “la storia primordiale di Atene”, rimarca la studiosa, “è così in posizione di rilievo, grazie a un dono votivo di origine attica, tra i simboli figurativi scelti da Ione per ornare la costruzione che ospiterà la festa del suo congedo da Delfi” (n. 45, ai vv. 1141-1176, p. 307; del valore simbolico dell’esposizione dell’icona della famiglia di Cecrope all’ingresso della tenda in Ione 1163-1165, riconducibile al legame di sangue del protagonista della tragedia con la stirpe regale di Creusa, ho avuto modo di discutere in O. Vox [a cura di], Ricerche euripidee, Lecce, Pensa Multimedia, 2003, pp. 93-114).
In definitiva, ricchezza di informazione, sensibilità critica e chiarezza espositiva fanno sì che questo volume costituisca un sicuro punto di riferimento per gli studiosi dello Ione euripideo.