BMCR 2009.08.29

Between Rome and Persia: The Middle Euphrates, Mesopotamia and Palmyra under Roman Control. Routledge Monographs in Classical Studies

, Between Rome and Persia: The Middle Euphrates, Mesopotamia and Palmyra under Roman Control. Routledge Monographs in Classical Studies. London/New York: Routledge, 2008. xx, 289. ISBN 9780415424783. $125.00.

Table of Contents

L’oggetto principale dello studio di Peter Edwell pare evidente sin dal titolo del libro: “Between Rome and Persia”. Lo studioso si prefigge di indagare e illustrare lo sviluppo cronologico della frontiera e più in generale dello spazio, comprensivo di tutte le sue articolazioni geopolitiche, compreso tra l’impero romano e i due grandi soggetti politici che storicamente contendevano a Roma il dominio assoluto dell’oriente: la Partia e successivamente, dal terzo decennio del III secolo d.C., il regno sasanide. Si tratta di un’area complessa da un punto di vista sia geopolitico quanto ideologico e culturale, un luogo di interscambio e di incontro, ma anche e soprattutto di confronto politico tra realtà amministrative diverse, un confronto destinato ad assumere ciclicamente le forme dello scontro militare.

La zona costituì per tutto il periodo preso in esame dall’Edwell (dal I secolo a.C. sino alla metà del III secolo d.C.) una zona di frontiera imperiale dai caratteri atipici nella quale a strutture governative provinciali si affiancavano realtà politiche ed economiche autonome, quali la città di Palmira o Dura Europos in territorio arsacide, i cui legami istituzionali con il potere centrale risultano ancora in larga parte poco definiti. L’indagine prende l’avvio dal territorio, individuando naturalmente l’Eufrate quale elemento geomorfologico preminente nell’ambito della frontiera. Nell’introduzione l’autore definisce il suo studio un’indagine regionale del medio Eufrate inteso quale centro nevralgico del traffico di uomini e merci e snodo vitale nelle comunicazioni tra oriente ed occidente.

Lo sviluppo cronologico di tale indagine prende le mosse quindi dallo studio dal bacino dell’Eufrate, linea divisoria originaria tra gli interessi di Roma e quelli dei Parti e perno sul quale si appoggia, nel corso della sua esperienza evolutiva, l’intero sistema frontaliero romano. Sembra di poter individuare varie fasi attraverso le quali si è articolata e strutturata la presenza romana nell’area in questione. Dalla creazione della provincia di Siria da parte di Pompeo sino alle radicali trasformazioni operate da Vespasiano l’importanza militare del corso dell’Eufrate andò crescendo in modo significativo. Solo con i Flavi tuttavia si registra la dislocazione di unità dell’esercito romano in corrispondenza della sponda occidentale, fenomeno limitato all’alto corso del fiume e finalizzato quasi esclusivamente ad agevolare un’eventuale offensiva in Armenia e ad esercitare quindi una funzione di deterrente nei confronti delle iniziative arsacidi. Non sembra che in questa fase i reparti romani fossero impiegati in modo da costituire una linea difensiva per le provincie di Siria e Cappadocia. Dalla metà del secondo secolo d.C., dopo le campagne di Lucio Vero, l’importanza squisitamente militare del settore, essendosi spinta verso oriente e verso l’alta Mesopotamia (Tigri e Khabur) l’area controllata da Roma, cede il passo ad un ruolo di preminenza strategica. L’Eufrate non rappresenta più l’ultimo confine di Roma verso oriente, ma mantiene una funzione basilare nel collegare il settore della nuova frontiera con i territori provinciali.

Nel secondo capitolo viene presa in considerazione la condizione particolare di Palmira, città della Siria interna, dotata di uno straordinario livello di autonomia in virtù della sua fondamentale funzione commerciale. L’interesse espresso dal direttivo romano nei confronti della metropoli del deserto sembra essersi orientato ad estendere l’influenza di Roma sui traffici che la coinvolgevano. Nello scenario successivo alle campagne traianee, con il regno di Adriano l’importanza della comunità palmirena risulta evidente nel fornire reparti di truppe ausiliarie che vengono dislocate nelle più disparate province dell’impero. La prima stabile presenza militare in città sembra tuttavia risalire al solo periodo successivo alle campagne di Lucio Vero. In quegli anni si rafforzano in modo sostanziale sia l’influenza politica romana quanto la presenza militare nell’area, processi che vedranno il loro culmine con la riorganizzazione dell’intero settore orientale sotto i Severi.

Il capitolo successivo introduce il tema dell’area medio-Eufratica nel III secolo d.C. Nel primo decennio dell’epoca severiana la regione sembra aver subito una radicale riorganizzazione. Sorgono complessi fortificati destinati ad ospitare tutta una serie di reparti militari la cui presenza deve essere interpretata in relazione al controllo del territorio assoggettato a Roma. I comandi militari romani avevano il compito di mantenere l’ordine pubblico e amministrare la giustizia. Tale fatto sembra confermato dalle numerose attestazioni di ufficiali dell’esercito impegnati ad adempiere a funzioni giudiziarie oltre che prendere parte attiva nelle operazioni di esazione dei tributi. Le fonti papirologiche ed epigrafiche descrivono uno scenario militare che sembra avere molto poco a che vedere con la difesa della frontiera da nemici esterni. Il compito dei soldati schierati lungo l’Eufrate e il Khabur era principalmente connesso con l’attività di polizia e con il mantenimento di una presenza regolare finalizzata al mantenimento dell’ordine sociale in un area intensamente abitata e coltivata in virtù della fertilità del suolo e della ricchezza d’acqua.

Il capitolo quarto pone l’attenzione sull’insediamento di Dura Europos sul medio Eufrate, fondazione ellenistica controllata dai Parti sino alle campagne di Lucio Vero, passata quindi sotto la dominazione romana. Per tutti i primi cinquanta anni della dominazione romana la guarnigione cittadina era costituita quasi esclusivamente da palmireni mentre le istituzioni governative restarono di fatto immutate. Solo la riorganizzazione severiana del 211 d.C. comportò un rafforzamento e una preminenza dell’elemento militare sulle altre realtà che costituivano la società cittadina. L’autore discute alcune convinzioni comuni concernenti l’amministrazione romana della città evidenziando come alcune fra esse, forse troppo rapidamente accettate dagli studiosi e presto diventate opinione ampiamente accettata, si basino su motivazioni o su prove non sufficientemente sottoposte al vaglio della critica. In particolare l’autore mette in discussione il ruolo di coordinatore dello sforzo difensivo sull’Eufrate tradizionalmente attribuito al Dux Ripae di Dura. La città venne attaccata dai Persiani una prima volta nel 239 d.C. per cadere definitivamente nel 252/3 d.C., espugnata da Shapur I nel corso della sua prima offensiva verso il territorio provinciale. L’apparato costituito dalla guarnigione di Dura Europos e dai diversi presidi minori schierati lungo il corso dell’Eufrate e del Khabur monitorava il traffico lungo il fiume e affermava l’autorità imperiale nell’area coadiuvando l’attività giudiziaria e la riscossione delle tasse.

Il quinto capitolo fornisce un’esaustiva analisi delle campagne militari che ebbero luogo nel corso del trentennio successivo alla presa di potere sasanide. Nell’ambito di una fase di consolidamento del nuovo stato persiano Ardashir intraprese una serie di offensive contro l’Armenia, contro la Mesopotamia romana e in seguito contro la città di Hatra. La reazione militare romana decisa da Alessandro Severo risultò inconcludente, mentre quella di Gordiano III si rivelò un fallimento. La situazione costrinse l’imperatore Filippo a ricercare un accordo con Shapur. Fu quest’ultimo a lanciare nel 252 d.C. la prima di molte vittoriose offensive aventi come obiettivo il saccheggio delle città della Siria adducendo come pretesto l’intervento romano in Armenia. La campagna a cui i reparti di frontiera non potevano essere minimamente in grado di opporsi, si articolò in una serie di puntate simultanee culminando con l’assedio e l’espugnazione della capitale provinciale, Antiochia.

La monografia fornisce una completa visione dell’occupazione romana del bacino dell’Eufrate e della sua evoluzione cronologica. L’approccio è principalmente romanocentrico. L’autore si discosta da tale indirizzo solo nel caso della descrizione di Dura Europos partica e delle iniziative militari persiane del III secolo d.C. Il titolo sembra tradire l’interesse dell’autore per l’antagonismo dell’impero con la Persia sasanide; tuttavia nell’indagine dello spazio compreso tra i due imperi avrebbero forse meritato almeno un accenno le realtà clienti dell’impero arsacide sull’Eufrate quali l’Osrhoene o la Mesene.

Come appunto finale sembra il caso di segnalare un’imprecisione contenuta nel testo. A pagina 198 si legge: “Julius Bassianus, the hight priest of Elagabal and reputedly a direct descendant of Sampsigeramus, the last king of indipendent Emesa who died c.66 BC”. Pare che sia verificato un errore nell’indicazione della data. Il regno di Emesa venne definitivamente annesso alla provincia di Siria tra il 72 d.C., anno dell’annessione del regno di Commagene, e la fine degli anni settanta. L’ultimo sovrano si chiamava Sohaemus mentre il primo sovrano di Emesa attestato portava il nome di Sampsigeramus I, ma pare sia morto intorno al 46 a.C.1

Notes

1. R.D. Sullivan, “The Dynasty of Emesa”, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, ed. H. Temporini und W. Haase, Berlin/New York, W. de Gruyter, II.8, 1977, pp. 204-205, 218-219.