BMCR 2009.08.26

Escuela y Literatura en la Grecia Antigua

, , , Escuela y Literatura en la Grecia Antigua. Actas del Simposio Internacional Universidad de Salamanca 17-19 Noviembre de 2004. Collana Scientifica, 17. Studi Archeologici, Artistici, Filologici, Filosofici, Letterari e Storici. Cassino: Università degli Studi di Cassino, 2007. Pp. 750. €58.00 (pb).

Table of Contents

Il volume oggetto di questa recensione rappresenta il frutto delle ricerche coordinate di un gruppo di studiosi di tre università spagnole ed italiane (Salamanca, Extremadura e Cassino) e raccoglie gli atti del Simposio Internazionale “Escuela y literatura en Grecia Antigua”, tenutosi a Salamanca tra il 17 e il 19 novembre del 2004.

Il volume si apre con due introduzioni: nell’avant-propos (pp. 7-9), P. Odorico presenta le finalità e le attività del “Laboratorium”, un consorzio di ricerca formato da professori e ricercatori di diverse università europee (Budapest, Cassino, Jannina, Paris-EHESS, Salamanca), mentre J. A. Fernández Delgado (pp. 11-18) illustra la storia e le finalità del progetto di ricerca, che ha trovato una prima espressione negli interventi del Simposio. La consistenza del volume (oltre 700 pagine) non consente di rendere conto in modo dettagliato di ogni singolo contributo: per questa ragione ho scelto di procedere per gruppi tematici, secondo una suddivisione che per forza di cose potrà apparire schematica e arbitraria, riservando alla sezione conclusiva un bilancio relativo agli elementi di novità e alle domande aperte che emergono dalla lettura dei vari interventi.

Un primo gruppo di articoli ha come oggetto privilegiato di indagine i cosiddetti progymnasmata (o esercizi preliminari), che vengono studiati da differenti prospettive. Il contributo di J. A. Fernández Delgado (pp. 273-306), dedicato all’influenza letteraria degli esercizi preliminari, si configura come una sorta di introduzione complessiva a questo specifico filone di ricerca: lo studioso si sofferma infatti ad analizzare l’influenza dei progymnasmata nella letteratura profana (e non solo scolastica) e, dopo aver ricostruito la funzione e le caratteristiche di questi esercizi nel curriculum scolare antico, descrive l’impiego letterario di alcuni di essi ( synkrisis, ekphrasis, ethopoiia e encomio). Proseguendo idealmente questo percorso, M. A. Bellu (pp. 363-372) si propone di analizzare l’impiego letterario di un singolo esercizio preliminare (la chreia) in una singola opera (i Coniugalia praecepta di Plutarco), mettendo in luce come esso venga spesso utilizzato dall’autore per introdurre o illustrare, in modo grazioso o anche comico, i consigli ed i precetti indirizzati ai giovani sposi. Alla fabula è invece dedicato il contributo di T. Morgan (pp. 373-404), che si sforza di ricostruire il messaggio etico che veniva veicolato attraverso l’insegnamento di questo specifico esercizio. Dopo aver messo a confronto le tematiche e gli schemi ricorrenti nelle raccolte attribuite a Babrio e Fedro, la studiosa sottolinea la complessità connaturata a questo genere letterario: complessità che, pur mettendo in crisi il concetto tradizionale di paternità letteraria e rendendo di fatto la favola inadeguata ad essere uno strumento educativo univoco e funzionale, non ha impedito che essa divenisse un elemento di base del pensiero etico popolare. All’encomio è dedicato l’articolo di F. Pordomingo (pp. 405-453), che offre una presentazione sistematica delle fonti papiracee (fino al IV sec. d.C.) che conservano testimonianze di questo esercizio. Il materiale raccolto e descritto, quasi interamente adespoto, è assai vario, in quanto comprende testi scritti da maestri e da alunni, in poesia o in prosa, con riferimento a pressoché tutti i soggetti di elogio previsti dai manuali (uomini, dei, città, animali, piante); particolarmente interessanti mi sembrano i casi di P. Berol. 9772-3 e P. Mil.Vogl. I 20, che sembrerebbero contenere del materiale “grezzo”, perlopiù letterario, raccolto per la realizzazione di esercizi preliminari (tra cui l’autrice propone di individuare anche l’encomio). L’intervento di M. Kraus (pp. 455-468) prende invece in considerazione l’esercizio dell’etopea, soffermandosi ad analizzare uno strano paradosso: per quale ragione sono così frequenti i casi di etopee “femminili”, laddove gli studenti di retorica erano quasi esclusivamente maschi? Secondo l’autore, lo scopo degli antichi maestri era quello di far esercitare i loro allievi nel trattamento di una gamma di emozioni più ampia rispetto a quella consentita dalle sole etopee di personaggi maschili, evitando al contempo che essi incorressero nel rischio dell’effeminatezza. Dell’etopea si occupa anche A. Vicente Sánchez (pp. 469-483), che studia l’influsso della precettistica retorica relativa a questo esercizio su due Epistole di Claudio Eliano (5 e 9), con particolare riferimento alla presenza di ethos e pathos. L. Miguélez Cavero ha invece dedicato il proprio intervento (pp. 497-509) alla Nyktomachia di Trifiodoro, che rappresenta un caso di ekphrasis inserita in un poema dedicato alla caduta di Troia (vv. 506-691). L’autrice cerca di mettere in mostra come Trifiodoro, da un lato, segua fedelmente le indicazioni fornite dai manuali progimnasmatici per l’esercizio dell’ ekphrasis“mista”, mentre dall’altro utilizzi come punto di partenza il testo omerico, che viene variato e modificato per la realizzazione di un nuovo testo letterario, indipendente rispetto all’originale. In questo gruppo di interventi possiamo far rientrare anche il contributo di M. Patillon (pp. 511-521), che pure non limita il proprio campo di indagine ai soli progymnasmata. L’autore si propone di ricostruire il rapporto tra l’insegnamento retorico ed i modelli letterari: attraverso la lettura parallela di tre opere di età imperiale (i Progymnasmata di Elio Teone, il De imitatione di Dionigi di Alicarnasso, il trattato sulle “idee” di Ermogene di Tarso), egli sottolinea come il retore fosse aperto alla lettura e alla conoscenza di tutte le opere letterarie, anche quelle in versi, tanto da rendere priva di senso la distinzione tra professore di retorica e insegnante di lettere. Il contributo di F. Mestre (pp. 523-559) è diretto ad analizzare la presenza dei progymnasmata nell’opera di Filostrato, attraverso tre differenti prospettive di ricerca: (a) individuazione di possibili relazioni tra il Gymnastikos di Filostrato ed il manuale progimnasmatico di Teone, sulla base di alcuni (invero piuttosto generici) riscontri testuali; (b) studio degli esempi di ekphrasis presenti nelle opere dell’autore ( Gymnastikos, Eikones, Heroikos), relativi soprattutto a quadri e statue; (c) lettura del Gymnastikos come opera in qualche modo scolastica, strettamente collegata alla prassi progimnasmatica. All’analisi di una thesis di Basilio di Cesarea è dedicato quindi l’articolo di M. A. Valdés García (pp. 701-709): la studiosa offre una lettura retorica della Homilia in Iulittam martyrem (PG 31, 237a-262a), mettendo in evidenza come Basilio, pur trattando un argomento del tutto estraneo rispetto a quelli in voga nelle scuole, si serva sapientemente delle prescrizioni previste nei manuali progimnasmatici a proposito di questo esercizio. Ho lasciato per ultimo l’articolo di J. Ureña Bracero (pp. 645-689), in quanto qui non vengono analizzati nello specifico dei singoli esercizi preliminari, ma viene discussa l’autenticità dei 144 Progymnasmata attribuiti a Libanio (28 dei quali sono pubblicati nel vol. VIII dell’edizione di Foerster come genuini). Lo studioso nega decisamente la paternità libaniana di questi componimenti, sulla base di numerosi argomenti: (a) gli esercizi sono stilisticamente lontani dalle caratteristiche espressive del retore di Antiochia; (b) non sono mai menzionati da Libanio e non sono presenti nei manoscritti più antichi; (c) non vengono mai citati esplicitamente nei riferimenti di Eunapio, Fozio e della Suda alla sua produzione letteraria; (d) alcuni di questi esercizi (6 dei 28 accettati da Foerster) rispettano la “legge di Meyer”, cosa che non succede mai nelle altre opere di Libanio. Sulla base di queste premesse, Ureña Bracero ritiene che i progymnasmata attribuiti a Libanio (tutti, o almeno in buona parte) siano stati composti in epoca bizantina e che, con il tempo, siano entrati a far parte del corpus delle opere del retore di Antiochia, utilizzato come vero e proprio “libro retorico”. Si tratta di un’ipotesi plausibile, ancorché non dimostrata con certezza: lo stesso Ureña Bracero conclude affermando la necessità di verificare questa possibilità alla luce di nuove analisi stilometriche e retoriche.

Un secondo gruppo di interventi ha come denominatore comune il ricorso a testimonianze non “letterarie”, soprattutto epigrafiche e papiracee, ma anche archeologiche, per lo studio della storia dell’educazione nel mondo greco. D. J. Thompson (pp. 121-140) si serve di alcuni papiri per tentare di ricostruire, nei limiti del possibile, il programma educativo e culturale dei Tolomei nell’Egitto ellenistico, mettendo in particolare evidenza lo stretto rapporto che univa istruzione, ellenizzazione e controllo del territorio egiziano. L. Del Corso (pp. 141-190) si sforza invece di ricostruire, attraverso un’analisi puntuale delle iscrizioni relative alle pratiche educative, il nuovo modo di intendere la scuola che differenzia l’età ellenistica rispetto alla Grecia delle poleis : mentre prima l’educazione era concepita come un fatto esclusivamente privato, con il tempo si afferma l’idea che la paideia debba essere in qualche modo riconnessa alla sfera pubblica, dapprima nelle teorizzazioni dei filosofi (Platone, Aristotele), quindi in una serie di interventi disomogenei e spesso precari, ma ben diffusi (Mileto, Teo, Delfi, Pergamo, Egitto) e sempre più elaborati, che testimoniano un mutamento profondo all’interno del quadro culturale greco. Il lavoro della Del Corso è idealmente continuato dall’articolo di M. P. de Hoz (pp. 307-332), che si propone di ricostruire, sulle base delle iscrizioni epigrafiche, il sistema scolastico di epoca imperiale: qui le informazioni sull’istruzione elementare si fanno assai rare, tanto da mettere in dubbio un interesse dello stato, mentre abbondano le notizie a proposito dell’insegnamento retorico. Una novità importante è costituita dall’istituzione delle cattedre imperiali di retorica ad Atene e Roma, mentre l’interesse dello stato nell’educazione superiore è testimoniato anche dai privilegi economici concessi ai professori. Nel loro articolo, P. Swiggers e A. Wouters (pp. 191-206) si sforzano invece di ricostruire, sulla scorta di numerose testimonianze papiracee, le modalità concrete di insegnamento del grammatikós all’interno della classe. Gli autori prendono le mosse da una lettura di P.Berol. inv. 9917 (un papiro inedito del 300 d.C. circa, che comprende, tra l’altro, una trattazione delle congiunzioni) e, sulla base di un confronto con il manuale attribuito a Dionisio il Trace, cercano di precisare le dinamiche concrete della didattica nelle scuole grammaticali dell’antichità. Alla presenza di Omero presso la scuola greca è dedicato invece il lavoro di J. M. Díaz Lavado (pp. 207-224), che analizzando 153 esercizi con tematica omerica, suddivisi in differenti tipologie (narrazioni, “catechismi”, lessici e scholia minora, parafrasi, hypotheseis, varia Homerica, etopee), mostra come gli sforzi degli studenti antichi fossero concentrati su “una porción infima del texto homérico” (soprattutto sull’ Iliade e poco sull’ Odissea, prevalentemente sulla prima metà dei due poemi e di ogni singolo canto, su temi e situazioni ben determinati). L. A. Guichard (pp. 225-236) si sofferma sull’impiego didattico degli indovinelli, analizzando alcuni esempi conservati in papiri e ostraka (P. Rein. II 84; O. Narm. I 128 [inv. 956]; P. Lond. Lit. 63; O.Edfou II 305; P. Vindob. G 25733), dove essi vengono utilizzati come esercizi di copiatura, dettato o pronuncia, ma servono anche a trasmettere una conoscenza concreta. Ai Gymnasia ateniesi nel I secolo d.C. è dedicato infine il lavoro di F. E. Brenk (pp. 333-347), che indaga — anche sulla base di testimonianze archeologiche — sull’eventuale presenza di biblioteche in queste strutture e sul ruolo da esse ricoperto nella vita della città.

Un terzo gruppo di interventi ha come campo di indagine privilegiato l’immagine della scuola e dell’educazione che si può ricavare dalla lettura di singoli autori o di singole opere. A. Blanchard (pp. 19-34) si propone di ricostruire il ruolo dei valori di libertà ed eguaglianza nelle pièces di Menandro e, sulla base di questa indagine, offre l’immagine di un “poète de l’aristocratie, o du moins […] peu démocrate”. Il contributo di Á. F. Ortolá Guixot (pp. 67-81) è invece finalizzato ha ricostruire il ruolo dell’educazione dei giovani nei frammenti del sofista Antifonte, completando le informazioni fornite dalle testimonianze letterarie (Suda, Ermogene, Senofonte). Nel suo contributo, A. Casanova (pp. 83-95) offre un’interessante interpretazione a proposito del celebre agone delle Nuvole di Aristofane: secondo la lettura proposta, Discorso Migliore e Discorso peggiore sarebbero “due maschere prototipiche portate sulla scena dagli abitanti del Pensatoio”, che si propongono di convincere Fidippide offrendo un’immagine caricaturale — ma apparentemente veritiera — del modello educativo tradizionale. Un tentativo di ricostruzione delle strategie comunicative ed argomentative di Protagora e dei sofisti è operata invece da L. Senzasono (pp. 97-106), che, sulla base di una lettura del Protagora di Platone, cerca di dimostrare come, presso i Sofisti, l’impiego del mito fosse funzionale alla comunicazione e all’esposizione del logos. Al trattato De liberis educandis, di incerta paternità, è dedicato l’intervento di J. Pinheiro (pp. 349-362): l’autore mette in evidenza il carattere eclettico di questo trattatello, finalizzato alla creazione di un cittadino onesto e ben integrato nella società, sottolineando come in esso l’etica, la filosofia e la politica ricoprano un ruolo privilegiato, anche a scapito della retorica. Alla concezione della scuola e dell’educazione di Luciano è invece dedicato il lavoro di P. Gómez (pp. 485-496): analizzando l’idea di originalità e quella, complementare, di mimesis espressa da Luciano, l’autrice mette in evidenza nello scrittore di Samosata una forte tendenza a rivendicare il ruolo ed i valori dell’istruzione tradizionale, contro le tendenze “deformanti” dei sofisti a lui contemporanei. Della figura di Temistio si occupa infine P. Volpe Cacciatore (pp. 691-700): attraverso una lettura delle orazioni 21, 23, 24 e 34 è possibile ricavare la figura di un uomo in cui “teoria e prassi, parola e pensiero, retorica e filosofia trovano il loro equilibrio” (p. 698) e che rivendica la necessità di applicare alla vita politica i valori e gli insegnamenti della paideia tradizionale.

Il quarto e ultimo gruppo di articoli ha come interesse principale il ruolo rivestito dall’insegnamento delle varie discipline (letterarie e tecniche) nel curriculum scolastico antico. Nel suo contributo, R. Nicolai (pp. 39-66) ricostruisce l’impiego delle opere storiografiche nel sistema scolastico greco, dove la storia non assurse mai al ruolo di vera e propria materia di insegnamento, ma rimase per così dire “emarginata” e considerata alla stregua di un genere letterario come gli altri. Ciò è evidente soprattutto presso le scuole di retorica, dove le opere storiche erano utilizzate per ricavare exempla da utilizzare nelle orazioni. J. C. Iglesia Zoido (pp. 107-120) si propone invece di giustificare la scarsa presenza dell’arringa militare, che costituisce il discorso storico per eccellenza, nelle opere retoriche: lo studioso delinea l’importanza di Tucidide nella creazione di un modello di riferimento, fondato sulla commistione di più generi (epidittico, deliberativo) e dunque non del tutto adatto alle teorizzazioni dei retori. Nel suo articolo, Á. L. Gallego Real (pp. 237-250) mette a fuoco il ruolo esercitato dai Phaenomena di Arato di Soli nell’ambito delle scuole antiche, mettendo in evidenza il “contagio retorico” che caratterizzò l’insegnamento scientifico dell’astronomia. All’astronomia (unitamente alla geografia) è dedicato anche l’intervento di J. L. García Alonso (pp. 711-726), che — partendo da una lettura di Strabone — ricostruisce tre livelli di insegnamento per questa disciplina scientifica e propone di trovare nei manuali tramandatici una conferma di questa tripartizione (elementare: Arato; secondario: Gemino; superiore: Tolomeo). Alla figura dell’architetto si è dedicata infine J. C. Capriglione (pp. 251-272). Dopo aver evidenziato l’importanza (anche e soprattutto “politica”) di questa professione nel mondo antico, la studiosa si sforza di ricostruire il percorso scolastico che consentiva di raggiungere lo status di architetto: la conclusione (basata soprattutto su Vitruvio) è che non esisteva una “scuola specifica”, ma si arrivava ad essere architetti attraverso una paideia onnicomprensiva.

Restano infine due contributi che, in virtù del loro carattere particolare, non rientrano in nessuno dei gruppi fin qui analizzati. G. Cavallo (pp. 557-576) si propone di delineare un’immagine del “lettore comune” nel mondo greco-romano, vale a dire di quelle persone che si accostavano alla letteratura solo per piacere personale, al di fuori di ogni obbligo o impegno di carattere sociale. A tal fine, l’autore segue percorsi diversi ma convergenti, delineando l’estrazione sociale ( media plebs, scuola del grammatico), le letture affrontate (libri di testo + scritti di consumo che attraggono il lector gulosus) e la maniera di leggere i testi (narrativa, testi paradossografici, difficoltà con la letteratura elevata) di questa particolare tipologia di lettori che, pur priva di una “mentalità di conservazione”, è stata comunque in grado di imporre i suoi gusti alla produzione e alla circolazione di testi. In un lungo contributo, infine, A. Stramaglia (pp. 577-643) si occupa di delineare una sorta di “storia del fumetto” nel mondo greco-latino, intendendo per “fumetto” tutti i documenti costruiti sulla base di una “associazione diretta di un enunciato alla rappresentazione grafica del personaggio (o al limite, dell’oggetto) che s’immagina pronunciarlo” (p. 579): dopo aver proposto una rassegna della documentazione a noi nota, a partire dalla ceramica greca del VI secolo a.C. fino alle testimonianze del IV sec. d.C., l’autore si sofferma sulla delicata questione relativa alla presenza di “libri a fumetti” nel mondo antico. La conclusione pone in evidenza la piena consapevolezza degli antichi a proposito delle potenzialità mediatiche del fumetto, ipotizzando un suo possibile impiego scolastico.

Il volume si conclude con due indici: l’Indice dei materiali (pp. 729-746), dove troviamo un elenco complessivo delle fonti utilizzate dai vari autori (suddivise in “iscrizioni”; “papiri ostraka e tavolette”; “codici medievali”) e l’Indice generale (pp. 747-750). Considerando le dimensioni del volume e l’ampiezza degli argomenti trattati, credo che la predisposizione di un indice degli autori (antichi e moderni) avrebbe potuto essere di grande aiuto al lettore, agevolando il confronto tra contributi e passi in qualche modo paralleli. Si avverte anche la mancanza di un indice delle figure (che rappresentano un complemento fondamentale degli articoli di Pordomingo e Stramaglia). In linea generale, il volume appare comunque ben curato1 e pregevole dal punto di vista dell’impaginazione.

Nel complesso, il volume presenta la mescolanza e la varietà tipica di tutti i libri miscellanei (e di tutti i convegni): brevi comunicazioni accanto ad articoli di dimensioni più consistenti, saggi di maestri affermati e contributi di giovani ricercatori, analisi d’insieme e proposte relative a problemi particolari, lavori pienamente condivisibili ed altri più discutibili. Mi sembra di poter dire che il lavoro di équipe portato avanti da questo consorzio di ricerca, che negli atti del Simposio ha trovato una prima concretizzazione, abbia consentito di apportare importanti progressi alle nostre conoscenze relative alla storia dell’educazione nel mondo greco, focalizzando al contempo l’attenzione su alcune questioni che, per il momento, sono destinate a rimanere aperte e che costituiscono il campo d’indagine per future ricerche. Qui di seguito mi limito a segnalare solo alcuni interrogativi o problemi che ritornano a vario titolo in numerosi contributi:

– un primo punto di discussione riguarda la titolarità dell’insegnamento dei progymnasmata nella scuola greca. Mentre Fernández Delgado (pp. 278-279), pur ammettendo possibili differenziazioni nel tempo e nello spazio, sembrerebbe approvare la validità della distinzione tradizionale, secondo cui questi esercizi rientravano, in Grecia, nel campo di competenze dei retori, e nella parte latina dell’Impero erano appannaggio dei grammatici, altri autori (Bellu, p. 364 n. 8; Pordomingo, pp. 410-413 e 445; Ureña Bracero, p. 655) mostrano di privilegiare l’ipotesi che, anche nel mondo greco, gli esercizi preliminari più semplici potessero essere affidati all’insegnamento del grammatico;

– alcuni dubbi, anche sostanziali, avvolgono poi delle opere che rivestono un ruolo importante nella tradizione retorica. Com’è noto, M. Heath2 ha recentemente proposto di collocare il manuale progimnasmatico di Teone nel V secolo d.C., ma questa ipotesi non sembra aver convinto Fernández Delgado (p. 277 n. 16), Pordomingo (p. 408) e Patillon (p. 512), che per contro ripropongono la datazione tradizionale.3 Si è anche visto come Ureña Bracero metta in discussione, nel suo contributo, l’autenticità dei Progymnasmata attribuiti ad un altro autore importante come Libanio. E l’elenco potrebbe continuare.

– Un altro interessante problema, anch’esso meritevole di ulteriori approfondimenti, è quello relativo al rapporto che lega i progymnasmata (e quindi, tutti gli esercizi retorici codificati) ai loro modelli letterari. Numerosi esercizi preliminari derivano chiaramente da forme letterarie di antica tradizione nella storia della letteratura greca e quindi latina (Pordomingo p. 409); spesso però si tende a dimenticare che, soprattutto nel periodo tardoantico, si assiste a volte ad un fenomeno che potremmo definire “inverso”, ossia alla letterarizzazione degli esercizi preliminari: non solo progymnasmata che costituiscono i “building blocks” di opere letterarie più ampie, ma anche progymnasmata che divengono essi stessi letteratura, assumendo spesso una veste poetica (Fernández Delgado, p. 286; Pordomingo, pp. 419-421).

L’interrogativo principale che scaturisce dalla lettura dei numerosi contributi di questo volume consiste però nel comprendere se e quanto i risultati raggiunti siano in qualche modo applicabili anche al mondo latino. Dobbiamo parlare di un’istruzione latina accanto a un’istruzione greca, tenendo i due ambiti tendenzialmente separati, oppure si può pensare ad un sistema educativo greco-latino, fondato su basi almeno in buona parte comuni?4 L’impressione — che emerge anche da alcuni contributi presenti in questo volume — è che, almeno per quanto riguarda l’età imperiale e gli insegnamenti di grammatica e di retorica, esistesse una certa uniformità tra il sistema educativo della parte greca e di quella latina, tanto che spesso ha più senso parlare di differenze da zona a zona, da città a città, da scuola a scuola (De Hoz p. 327; Brenk p. 336; Cavallo, pp. 561-562) che non di una contrapposizione tra realtà greca e realtà latina. Per questa ragione, l’utilizzo delle conoscenze acquisite sul versante greco, dove il materiale è senza dubbio più abbondante (grazie ai papiri, ma non solo), può rivelarsi di grande aiuto per leggere e interpretare i testi latini; ma, ribaltando la prospettiva, anche i testi latini possono a volte essere utili per comprendere più in profondità le fonti greche. Ad esempio Kraus (pp. 457-459), nella sua trattazione relativa alle etopee con soggetto femminile, istituisce utili confronti con Emporio, Isidoro, Agostino, Pseudo-Quintiliano ed Ennodio. Allo stesso modo, Fernández Delgado (pp. 286-287) cita, a proposito dei progymnasmata in versi, il caso di Quinto Sulpicio Massimo, e probabilmente avrebbe potuto trarre giovamento anche da un confronto con alcuni componimenti della Anthologia Latina o con alcune dictiones di Ennodio. Credo che, in linea generale, si possa concordare con la conclusione di Pordomingo (p. 445):

Nuestro fin ha sido constatar […] la práctica de los ejercicios de composición literaria y retórica en el Egipto greco-romano, ejemplificando especialmente a partir del encomio; un tipo de enseñanza que en gran medida puede hacerse sin duda extensible, a otras áreas — menos afortunadas en cuanto a conservación de testimonios — del mundo griego para la época helenística o del mundo griego-romano para la época imperial.

Il volume qui recensito ha dunque l’indubbio merito di rispondere a molte domande e, al contempo, di aprire nuovi e interessanti interrogativi, mostrando come i tempi siano ormai maturi per procedere ad un lavoro di sintesi e rendendo nuovamente attuali le parole con cui si apriva la Histoire de l’éducation dans l’antiquité di H. I. Marrou (1948), un punto di riferimento per quanto concerne lo studio dell’educazione nel mondo antico, che inevitabilmente, a distanza di sessant’anni, necessita di essere rivisto ed integrato alla luce delle nuove — e numerosissime — acquisizioni:

M’excuserai-je, auprès du public savant, de consacrer une étude d’ensemble à un sujet qui n’est plus neuf, sur lequel il existe une bonne série de livres solides, polis par un long usage? Mais ils commencent à vieillir et disparaissent peu à peu sous la poussière des travaux de détail et des trouvailles qui s’accumulent: il devient nécessaire de procéder à une revue générale et à une mise au point qui intègre dans sa synthèse l’apport réel de ces acquisitions.

Notes

1. Segnalo alcuni errori di stampa, del tutto “fisiologici” in un volume di queste dimensioni: p. 88: esal ta > esalta; p. 176: 98 > 98.; p. 384: prater > praeter; (IV 12, 3.5). > (IV 12, 3.5), ; p. 446: Salerno, 2005, pp. 34-60. > Salerno, 2005. ; p. 475: compasifón > compasión.; p. 708: Nicolis > Nicolai.

2. M. Heath, Theon and the History of the Progymnasmata, “GRBS” 43 (2002-2003), pp. 129-160.

3. Contro la datazione proposta da Heath, cfr. anche M. T. Luzzatto, L’impiego della “chreia” filosofica nell’educazione antica, in M. S. Funghi (a cura di), Aspetti di letteratura gnomica nel mondo antico II, Firenze 2004, pp. 157-187.

4. Naturalmente, non voglio qui mettere in discussione la scelta di fondo del Convegno salmantino, dedicato a Escuela y literatura en Grecia antigua : si tratta di un campo di indagine già di per sé talmente esteso da giustificare questa e ben più rigide limitazioni.