BMCR 2009.05.32

Epigramas Helenísticos de Creta, Manuales y Anejos de “Emerita”; 48

, Epigramas Helenísticos de Creta, Manuales y Anejos de "Emerita"; 48. Madrid: Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Instituto de Filología, 2006. 352; 56 plates. ISBN 978-8-400-08469-1. €30.00 (pb).

Il libro di Martínez Fernández (d’ora in poi M.) consiste in una raccolta di iscrizioni metriche cretesi: sono tutti testi di età ellenistica, compresi fra la morte di Alessandro Magno (323 a.C.) e la dissoluzione del regno dei Tolemei (31 a.C.).1 Di ogni epigrafe viene fornito un dettagliato ragguaglio sulle circostanze del rinvenimento e sullo stato attuale di conservazione, il testo, un esteso apparato critico, la traduzione, un commento filologico e linguistico, la bibliografia, mentre le numerose immagini sono accluse nelle tavole in fondo al volume. Si tratta nella quasi totalità dei casi di iscrizioni già note da precedenti pubblicazioni,2 ma le ricerche autoptiche condotte da M. e la accurata valutazione e discussione delle interpretazioni precedenti rendono questo volume strumento indispensabile per successive ricerche relativamente a ciascuna delle iscrizioni in oggetto.3

Dopo i ringraziamenti ed una prefazione di K. Kritsas, nell’introduzione (25-50) M. documenta la tradizione filologica all’interno della quale il suo contributo si inserisce, a cominciare dalla prima raccolta di epigrammi a noi pervenuta, l’Antologia Palatina. Una minuziosa rassegna dei progressi compiuti dalla scienza epigrafica rivela l’assenza, ad oggi, di un corpus omogeneo e unitario che raccolga le iscrizioni metriche conosciute nell’ambito della lingua greca. Una seconda parte dell’introduzione è dedicata ai progressi della esplorazione epigrafica cretese, a cominciare dai viaggiatori veneziani del XVI secolo, Francesco Barozzi e Onorio Belli, fino ai moderni lavori accademici, in parte notevole pure dovuti a studiosi italiani, fra cui — oltre alla già menzionata Guarducci — F. Halbherr, G. De Sanctis e D. Levi.

Per quanto riguarda la delimitazione cronologica della materia, delle circa 100 iscrizioni metriche cretesi, solo due sono anteriori al III secolo a.C.,4 mentre 36 in tutto sono giudicate appartenere all’età imperiale e pertanto escluse, benché indubbiamente abbiano una certa rilevanza anche per il materiale qui raccolto.5 Restano pertanto 64 iscrizioni metriche giudicate di età ellenistica, ma solo 55 di esse sono considerati veri e propri epigrammi e vengono riprodotti e analizzati nel catalogo del volume. Le altre iscrizioni metriche comprendono 7 lamine di contenuto orfico, un amuleto e un inno a Zeus Ditteo.6

Seguono alcune osservazioni generali in merito alla lingua e alla metrica delle iscrizioni. Per quanto riguarda l’aspetto linguistico troviamo la combinazione di tre diverse matrici: la lingua dorica propria del luogo, la koiné propria dell’età ellenistica e la lingua epica propria del metro dattilico. Per quanto riguarda la metrica, due soli epigrammi risultano infine composti in giambi, mentre tutti gli altri sono svolti appunto in metri dattilici, a volte però con irregolarità nella alternanza di esametro e pentametro.

Gli epigrammi sono disposti nel catalogo secondo un ordine geografico: innanzitutto gli epigrammi della parte centrale dell’isola (Arcades [1-3], Cnosso [4-5], Gortina [6-8], Lasea [9], Lato [10-19], Lebena [20], Malla [21], Olunte [22], Festo [23], Rauco [24], Tilisso [25-26]), poi quelli della parte occidentale (Asso [27-29], Cantano [30], Caudo [31], Lisso [32-33], Pecilasion [34], Polirrenia [35-39]), infine quelli della parte orientale (Ierapitna [40-41], Itano [42-51]). Al termine del catalogo figura un epigramma di provenienza cretese indefinita [52]; nel caso di un epigramma di Cnosso [53] e di uno di Litto [54], incerti per quanto riguarda la datazione, e di un testo di Piloro [55], di non sicura natura metrica, si tratta in ogni caso di frustuli assai miseri.

Per quanto riguarda il contenuto, il genere sepolcrale è quello largamente più rappresentato: un sottogruppo è costituito dai funera acerba, che a loro volta possono essere suddivisi tra quelli di giovani maschi adolescenti e quelli di fanciulle defunte in età da marito.

Agli epigrammi per i fanciulli ascriviamo il nr. 18, posto da entrambi i genitori per un bambino di sette anni, Aristono. Sedici anni aveva Leon, figlio di Leodamante, pianto nel nr. 48. Il giovane ricordato nel nr. 29 non aveva ancora compiuto 20 anni. L’epigramma nr. 19 A viene posto pubblicamente dalla città per il ventunenne Ierone, morto in circostanze imprecisate, a consolazione della madre. Il nr. 43 è un lunghissimo epigramma (30 vv.) per il giovane cacciatore Exakon, morto all’età di 22 anni. Nel caso del giovane Adrasto (nr. 35, cfr. 36), la madre lamenta il mancato compimento delle nozze. Nel nr. 40 il lamento riguarda il giovane Panson, morto di malattia prima di poter rilevare la casa paterna. Il nr. 44 commemora tre giovani fratelli, Damon, Pheidon e Ammonios.

Fra gli epigrammi per le giovani donne il nr. 28 commemora Radó, morta all’età di 15 anni, lasciando insoddisfatto il desiderio del padre di vederla sposa. L’interesse del nr. 8 è principalmente costituito dalla forma dialogica: dalla conversazione fra i due viandanti e la tomba apprendiamo che la defunta, originaria di Tauchira in Cirenaica, pur essendo stata sposata ad un tal Quinto era morta senza figli in età di 20 anni. Il nr. 19 B è un epigramma posto in memoria di Amphia, morta all’età di 21 anni, dal padre Eraclida e dai fratelli. Il nr. 3 è un componimento di cinque esametri posto dal padre Quinto alla figlia Demetria morta all’età di 22 anni. Il nr. 16 rinnova il tema di una morte femminile prematura, ma in questo caso la donna aveva già avuto due figli. Anche Teodota, compianta nel testo nr. 30, lascia in vita il marito e i figli. Della fanciulla Tiro, posta accanto al padre Sosameno dalla madre Pisis (nr. 38), ignoriamo l’età del trapasso. Un carattere particolare ha il nr. 50, in cui è una donna di nome Semiramis e non il marito Phidon a porre l’epigramma per la defunta, di nome Pisó, che ha lasciato in vita il figlio decenne Sonautas.

Ancora nell’ambito degli epigrammi sepolcrali un altro sottogruppo è costituito dal ricordo di uomini caduti in battaglia. Il nr. 4, in distici elegiaci, è in memoria di Trasimaco, morto combattendo valorosamente a cavallo, in un episodio che, sebbene non sia possibile identificare con assoluta certezza, è stato ricondotto dalla Guarducci all’ultima campagna condotta da Filopemene in Messenia. Al nr. 15 all’interpretazione di Peek seguita da M. preferisco quella del Van Effenterre, che ha identificato il valoroso defunto in battaglia con un Polytimos figlio di Cletonymos ben noto da un’altra iscrizione.7 Nel nr. 37 Theagenidas vanta di aver mantenuto inviolato l’onore degli antenati guerrieri, sopportando in prima persona fatiche e pericoli di guerra pari a quelli di un eroe. Dell’epigramma nr. 41 sfortunatamente manca la traduzione di M.: sembra farsi riferimento ad una azione militare condotta con l’ausilio di cani da caccia; l’epigramma è preceduto da una lista, verosimilmente degli uomini che hanno preso parte alla spedizione, capeggiata da un tal Onasandro. Azioni di caccia sembrano associate ad azioni di guerra anche nel nr. 42, per il giovane Demetrio figlio di Ammonio, morto circa ventenne e seppellito a spese pubbliche, e nel nr. 45, per Leon figlio di Thennas: in questo epigramma al verso 1 suggerirei l’integrazione ἐν ἀλκαῖς (‘nelle battaglie’) oppure meglio ἐν ἄγραις (‘nelle cacce’) piuttosto che ἐν ἀστοῖς proposto dalla Guarducci (‘fra i cittadini’).

Altri uomini adulti sono pure commemorati per meriti civici o di altro genere: il nr. 17 riguarda un Cletonymos (cfr. 16) che viene paragonato, per la saggezza politica dimostrata in vita, alle figure dei sapienti Cleobulo di Lindo e Periandro di Corinto. Il nr. 24 ricorda il flautista Hyperphanes. Nel nr. 34 mi sembra che l’espressione τέρμα βιóτου (lin. 4) unita al participio ἡνιοχῶν della riga 6 evochi il contesto di una corsa di carri, che potrebbe avere costituito l’occasione accidentale della morte di Trophimos. Nel nr. 52 i genitori piangono Demetrio, che come medico tanti aveva salvato dalla morte.

Altri epigrammi hanno invece carattere votivo: fra questi i nrr. 6-7 sono accomunati dalla identità del dedicante, Pyroos: il personaggio è verosimilmente un uomo d’armi al servizio dei Tolemei d’Egitto, il quale nel primo caso dedica agli dèi Sarapide ed Iside armi di sua invenzione,8 nel secondo offre alle medesime divinità egiziane una preghiera ed un ringraziamento in occasione di una fallita offensiva militare da parte di Antioco. Il nr. 11 è una dedica posta ad Afrodite da un collegio di magistrati presieduto da un tale Aution, noto anche da altre iscrizioni. Il nr. 20 è invece un ringraziamento rivolto al dio Asclepio da parte di Soarco, il quale è stato guidato in visione alla riscoperta di sorgenti sacre, già rivelate al padre di lui, Soso, e poi essiccate. Anche il nr. 33 attesta che un figlio è succeduto al padre nella devozione al dio Asclepio: la dedica di un sacello e di un altare per i sacrifici è accompagnata qui da alcune prescrizioni rituali. Il nr. 21 è un ex-voto posto al dio Apollo da Neocle per essere tornato felicemente dalla Libia. Il nr. 22 è l’offerta di un sacello, pure ad Apollo, accompagnata dal sacrificio di 22 buoi.

Un carattere squisitamente sacro ha l’iscrizione nr. 23, in esametri, una sorta di aretalogia della Magna Mater venerata a Festo, la quale per mezzo di oracoli profetizza agli uomini pii la benedizione di una discendenza.

Per concludere: si tratta di un lavoro di grande interesse sia per il filologo, che trova qui raccolto un numero consistente di epigrammi appartenenti ad un ambito geografico e cronologico circoscritto, sia per l’epigrafista, che vede documentati in questo libro tutti gli elementi di carattere archeologico, antiquario e squisitamente epigrafico relativi ai documenti in oggetto.9

Notes

1. La recensione di questo libro, prevalentemente composto di epigrammi funerari, è stata accompagnata dalle drammatiche notizie relative al terremoto che ha sepolto la città de L’Aquila, alle cui vittime va il nostro pensiero.

2. L’unico testo inedito, a quanto mi risulta, è il frustulo nr. 39.

3. Oltre ad una bibliografia generale, il volume è fornito alle pp. 341-345 di concordanze, le quali permettono di valutarne la rispondenza con precedenti lavori di epigrafia cretese, fra i quali in primis ovviamente le Inscriptiones Creticae di Margherita Guarducci, voll. I-IV, Roma 1935-1950). Fra le precedenti raccolte di epigrammi tramandati in forma epigrafica i lavori di W. Peek, Griechische Vers-Inschriften, Berlin 1955, di L. Moretti, Inscriptiones Graecae Urbis Romae, III, Roma 1979, e di R. Merkelbach-J. Stauber, Steinepigramme aus dem griechischen Osten I-IV, München-Leipzig 1987-2004, costituiscono i modelli più rilevanti.

4. Queste ricevono una succinta trattazione preliminare a p. 38.

5. I dettagli su tali iscrizioni vengono forniti alla p. 45 s.

6. Queste sono trattate alle pp. 41-44.

7. Ho difficoltà infatti a credere che l’espressione ἄριστ’ αἰχμᾶι non debba essere intesa come un epiteto (‘eccellente in battaglia’), bensì come un indicazione del nome proprio Aichmaios, peraltro espresso in forma abbreviata.

8. Il tema è analogo a quello sviluppato in un epigramma di Callimaco (Anth. Pal. XIII, 7).

9. Un piccolo inconveniente si registra nella numerazione delle tavole, dove l’ordinale romano viene adoperato tanto per indicare le pagine, quanto le singole fotografie, con una fastidiosa sovrapposizione. Nomi e parole italiani a volte risultano scorretti (p. 14: Ma[t]teo; p. 35: Marg[he]rita; p. 158: si[g]nificare; p. 247: pre[s]tigio). Al nr. 8 manca l’indicazione delle righe del testo epigrafico. A volte (ad es. nrr. 15, 17) l’apparato critico risulta ipertrofico e sarebbe stato forse conveniente sviluppare la discussione critica assieme al commento lineare. Per l’identificazione corrente del materiale sarebbe stata utile l’indicazione di un titolo per ogni iscrizione, con riferimento agli aspetti più rilevanti della stessa. Al nr. 37 (riga 11) viene tradotto un testo che non è esattamente quello stampato.