BMCR 2008.04.27

Euripide, Eraclidi. I canti. I canti del teatro greco 2

, , Eraclidi : i canti. I canti del teatro greco ; 2. Roma: Edizioni dell'Ateneo, 2006. 103 pages : illustrations ; 20 cm.. ISBN 8884761166. €22.00.

Questo libro è il secondo volume della collana I canti del teatro greco, diretta da B. Gentili e P. Giannini e promossa dal Centro Internazionale di Studi sulla Cultura Greca Antica dell’Università di Urbino (Italia).1

In linea con quanto da essa previsto, M. G. Fileni (d’ora in poi l’A.) si occupa della parodo (vv. 73-92), del primo (vv. 353-380), del secondo (vv. 608-629), del terzo (vv. 748-783) e del quarto stasimo (vv. 892-927) degli Eraclidi.

E, in accordo evidentemente con i criteri della collana, per ognuno di questi cantica — in ordine — stabilisce il testo, per il quale utilizza i ben noti codici L (Laur. pl. 32, 2) e P (Vat. Pal. gr. 287 + Laur. conv. soppr. 172), ma anche gli apografi di L, cioè F1 (Laur. pl. 31,1), E (Paris. gr. 2887 + 2888) e Mr (Paris. gr. 2817), nonché — per i vv. 608-609, 615-618 e 625 — i codd. F (Farn. III D 15) e P (Paris. gr. 2129) dell’ Anthologium di Stobeo.

Salta subito agli occhi che il testo — e ciò è fatto qui per la prima volta — è impaginato non solo per versi, ma anche per cola, i quali, all’occorrenza, definiscono i versi stessi ricorrendo all’ εἴσθεσις.

Presenta lo schema con l’interpretazione metrica, già nel quale dà conto di possibili interpretazioni diverse (poste tra parentesi o precedute da un “vel”) e segnala i casi di responsione impura o libera (con il segno della tilde).

Offre, poi, l’apparato delle varianti e degli interventi testuali significativi dal punto di vista metrico, fatta inclusione degli interventi tricliniani sul cod. L e delle numerose correzioni moderne a partire dall’ editio princeps del 1503 fino almeno alla più recente del 1995 curata da D. Kovacs.

Redige — ed anche questo è fatto qui per la prima volta — l’apparato delle varianti colometriche, che tiene conto degli stessi testimoni adoperati per stabilire il testo, è impostato come apparato negativo ed è costruito in modo strettamente legato allo schema metrico che infatti lo precede.

Fornisce, infine, un ampio commento, nel quale — tra il tanto altro — spesso in un apposito corpo più piccolo tiene anche a discutere le congetture ed interpretazioni moderne in modo dettagliato (tra gli studiosi qui più citati Triclinio, Canter, Musgrave, Wecklein, Seidler, Murray, Garzya, Dale, Pearson, Irigoin, Diggle) e, soprattutto, supporta di frequente le proprie scelte editoriali sulla base delle moderne teorie metriche ma anche dei necessari loci paralleli (tragici e comici principalmente, ma anche lirici in genere), controllandoli — si è ancora una volta di fronte ad una novità — direttamente sui codici (anche tramite microfilm) oppure sulle poche pubblicazioni con edizione od almeno resoconto colometrico oggi disponibili, a partire da quelle di Fleming (Eschilo) e Kopff (Euripide, Baccanti) e fino ad includere anche alcune tesi di laurea.

Insomma, questo libro si presenta piccolo nel formato e quasi smilzo nel numero di pagine, ma poi si rivela denso di contenuti, pieno di riscontri e controlli in codici ed in loci paralleli, fitto di dati e considerazioni. Chiaramente, vuole proporsi come uno studio ed un’edizione metrica di riferimento e come un importante strumento di lavoro, da consultare ogni volta che si abbia bisogno di conoscere il dettato testuale e colometrico dei codici, qui finalmente a disposizione del lettore, o che si abbia bisogno di notizie e analisi metrico-testuali e ritmiche ampiamente documentate.

Per sintetizzare i risultati interpretativi cui l’A. giunge è qui comodo ricorrere alle parole con cui suole aprire i suoi commenti. La parodo è “un amebeo giambico-docmiaco di tipo epirrematico” (p.28), “le strutture metrico-ritmiche … si configurano nella quasi totalità come metra giambici intercalati da docmi i quali, nella forma in cui sono tramandati dai codici L e P, mostrano alcuni degli schemi meno comuni … e sono caratterizzati, in diversi punti, da una responsione libera” (p.31). La parodo, quindi — ed è la prima volta che accade almeno in un’edizione — viene individuata nei vv. 73-110 e letta come articolata in due strofe in responsione (vv.73-89 e 93-110) ed in una mesodo (vv. 90-92). Il primo stasimo “che nell’attacco della coppia strofica e dell’epodo presenta elementi coriambici e gliconici (str. 1-3; ep. 1-4), rivela per il resto una peculiarità metrico-ritmica, consistente nell’occorrenza di strutture ritmicamente ambigue, che si possono intendere come gliconiche o come ioniche” (p. 45). Il secondo stasimo è “un breve canto formato da una sola coppia strofica costruita sul ritmo ampio dei κατὰ δάκτυλον : agli alcmani di str. 1, 2, 3, 6 e 10, agli hemiepe di str. 4, 5 e 8, da intendere in questo contesto come misure dattiliche, e agli anapesti di str. 7 e 11 si associano solo sporadici epitriti trocaici e giambici (str. 7 e 9)” (p. 56). Il terzo stasimo è costituito “da due coppie strofiche con prevalenza di strutture gliconiche (str. α 1-3, 5-10 e str. β 1-3, caratterizzate da fenomeni di ipercatalessi, acefalia e catalessi) sporadicamente unite, soprattutto nella seconda parte della seconda coppia strofica, a ritmi κατὰ δάκτυλον. E’ possibile, per alcune delle sequenze gliconiche, una interpretazione ritmica diversa, come si verifica nel primo stasimo e nel quarto” (p. 68). Nel quarto stasimo, infine, “il ritmo. . .è in prevalenza coriambico e gliconico (di nuovo variato attraverso il gioco dell’acefalia, della catalessi e della ipercatalessi), con l’inserimento di rare strutture trocaiche (str. α 7; str. β 6) e giambiche (str. α 1-2; str. β 6, v. 915); per alcune delle sequenze gliconiche è anche possibile una interpretazione ritmica diversa” (p.83).

Per toccare con mano, invece, le inevitabili ricadute ecdotiche di queste interpretazioni metriche, fondamentale ed assai istruttivo un confronto con le edizioni precedenti, almeno quelle correnti o canoniche di Wecklein, Murray, Pearson, Méridier, Garzya, Diggle, Wilkins e Kovacs.

Tutte queste edizioni sono intervenute — ora concordemente ora in modo diversificato — a modificare la colometria, in tutto, per ben 57 versi su 161. In particolare, presa a base del computo la colometria adottata dell’A.: Wecklein interviene a modificarla in 19 casi;2 Murray la modifica in 44 casi;3 Pearson la modifica in 34 casi e cioè adotta la colometria di Murray in 33 casi, in 11 casi si rifà a Wecklein che (prima dell’A.) però aveva seguito i codici LP, ed in un caso introduce una variante sua propria;4 Méridier interviene per 49 volte ed in particolare ha la stessa colometria di Murray, tranne in un caso, ma ha in più rispetto a Murray cinque altre varianti;5 Garzya interviene per 42 volte ed in particolare ha le stesse varianti di Murray tranne che in quattro casi (in tre dei quali, prima ancora dell’A., ritorna al dettato dei codici λπ ed ha due casi in meno, perché anche per questi già lui (prima dell’A.) preferisce ritornare ai codici λπ;6 Diggle la modifica per ben 51 volte;7 Wilkins, infine, fa sempre propria la colometria di Diggle e, di fatto, la fa sua anche Kovacs, il quale, però, in 14 casi si permette di cambiarla, aggiungendo per quattro volte anche proprie correzioni.8

Quindi, Wecklein si era mantenuto più vicino alla tradizione manoscritta, ma non aveva esitato comunque a mutarla. Murray aveva introdotto in modo sistematico una colometria moderna, che ha fatto scuola (ved. Pearson, Méridier, Garzya) fino a che Diggle non ne ha proposto un’altra ancora, poi largamente adottata.

La posizione dell’A. rispetto a questi editori è chiara e conferma quanto lei scrive con afflato nell’ Introduzione in termini di osservazione generale (pp.17-18). Per tutti e 57 i casi qui in questione — infatti — preferisce tornare al dettato e alla testimonianza dei codici LP.

Si può ben dire, quindi, che colometricamente questo “volumetto” costituisce un’edizione conservativa, nella quale, ribaltando il principio secondo cui evidentemente si erano mossi gli altri editori, si afferma che la colometria tradita è da ritenere valida, fino a che non risulti non difendibile e non giustificata. E da qui un paradosso: l’A. proprio restituendo (ovvero non innovando) i cola traditi, compie una sorta di rivoluzione rispetto a come ci si era abituati a vedere edito il testo euripideo.

Come detto, perché possa essere accolta, la colometria tradita deve comunque risultare metricamente difendibile e giustificata. Ed anche l’A. — del resto — in almeno due casi sceglie di accantonare la lezione di codici LP, facendo sue talora anche le correzioni proposte da Triclinio sui margini di L in una delle tre fasi ad inchiostro differente che gli vengono attribuite (in sigla Tr1, Tr2, Tr3). Si tratta di: 1) terzo stasimo, str. α 4-5 vv. 751-752 ἀγγελίαν μοι ἐνέγκατ’ / ἰαχήσατε δ’οὐρανῳ / Tr2 et Fileni: ἀγγελίαν μοι ἐνέγκατ’ ἰ‐ / αχήσατε δ’οὐρανῳ / codd. λπ; 2) terzo stasimo str. α 9-10 vv. 767-768 Ζεύς μοι χάριν ἐνδίκως / ἔχει οὔποτε θνατῶν Tr3 et Fileni: Ζεύς μοι χάριν ἐνδίκως ἔχει / οὔποτε θνατῶν codd. LP. E parimenti non mancano i casi in cui L e P sono discordanti (in tutto però — si badi — solo 3 casi!) e l’A. ha dovuto optare per uno dei due codici. Si tratta di: 1a) secondo stasimo, str. 4-5 vv. 611-612 εὐτυχίᾳ: παρὰ δ’ ἄλλον / ἄλλα μοῖρα διώκει cod. P, Tr2 et Fileni: εὐτυχίᾳ: παρὰ δ’ ἄλλον ἄλλα μοῖρα διώκει coniungit L; 1b) secondo stasimo, str. 4-5 vv. 622-623 ἁ μελέα πρό τ’ ἀδελφῶν / καὶ γᾶς: οὐδ’ ἀκλεής νιν cod. P et Fileni: ἁ μελέα πρό τ’ ἀδελφῶν καὶ γᾶς: οὐδ’ ἀκλεής νιν coniungit L; 2) secondo stasimo, str. 8-9 vv. 626-627 ἄξια μὲν πατρός, ἄξια δ’ εὐγενείας / τάδε γίνεται cod. L et Fileni: ἄξια μὲν πατρός, ἄξια δ’ εὐγενείας τάδε γίνεται / coniungunt cod. P et Tr1; 3) secondo stasimo, str. 10-11 vv. 628-629 εἰ δὲ σέβεις θανάτους ἀγαθῶν, / μετέχω σοι. / cod. L et Fileni: εἰ δὲ σέβεις θανάτους ἀγαθῶν, μετέχω σοι coniungit P.

Ma proprio sotto questo importantissimo aspetto, il volumetto — molto probabilmente — susciterà discussioni. Il fatto è noto, su tanti metri e tipi di versi non c’è affatto accordo tra gli studiosi e lo stesso dicasi anche per quanto riguarda persino il valore in sè della colometria, da cui per l’appunto nascono edizioni così diverse come quelle qui messe a confronto.

Già il ” conservatorismo rivoluzionario“, infatti, pone l’A. sulla scia di quella che per comodità qui si potrebbe chiamare scuola gentiliana. Ma a questa l’A. risulterà molto vicina a maggior ragione per quanto riguarda l’interpretazioni metrica di volta in volta da lei adottata.

Per i docmi e/o i contesti docmiaci, si possono segnalare:9 (a) le sequenze L L B (ad es. parodo, str. 10, v. 81 e 102) e L B L (ad es. parodo, str. 11, v. 82 e 102) lette rispettivamente come baccheo esasemo (in sigla ‘ba’) e cretico esasemo (in sigla ‘cr’); (b) la sequenza di str. 3 v. 95 B L L B B L da non correggere perché docmio con la penultima sede realizzata da due brevi, come attestato anche da numerosi loci paralleli melici; (c) le sequenze tipo quelle di parodo, str. 11 v. 103 B B L L B L e str. 12 v. 104 B B B L B L da non correggere perché docmi ampiamente attestati nell’uso corale e corrispondenti al docmio con la base ἄτακτος od ἄλογος di Efestione/Cherobosco, il secondo dei due docmi per l’esattezza un prosodiaco docmiaco.

Per i metri ed i contesti coriambici, si possono segnalare: (a) le responsioni libere tra sequenze piene e sequenze acefale e, ad es., tra epitrito trocaico L B L B e coriambo L B B L (secondo stasimo, str. 7 vv. 614 e 625) o tra epitrito giambico L L B L e coriambo al quarto stasimo (str. β 6 vv. 915 e 924); (b) il ditrocheo seguito da un coriambo (epicoriambo) anche in contesti docmiaci (parodo, mesodo 2 v. 91), uso affine a quello, sempre in contesti docmiaci, del trocheo semplice o dell’aristofanio in posizione clausolare.

Per quanto riguarda i ritmi gliconici, si possono segnalare: (a) i ferecratei con base resa da due B B (primo stasimo: ep. 3, v. 373; terzo stasimo: str. α 3, vv. 750 e 761; terzo stasimo: str. α 10, vv. 757 e 768); (b) le sequenze (nel primo, terzo e quarto stasimo) interpretabili sia come gliconiche sia come ioniche (il gliconeo acefalo come telesilleo; il faleceo come trimetro ionico a minore) o come ritmi enopliaci, ma con evidente componente ionica (il ferecrateo acefalo come enoplio tipo “a1” = ionico a maiore + trocheo; il ferecrateo con base B B come reiziano tipo “d” = pentemimere anapestica; il gliconeo acefalo e catalettico come reiziano tipo “c” = dimetro ionico a maiore brachicataletto); (c) l’ammissione delle responsioni impure tra ferecrateo acefalo e ferecrateo pieno (primo stasimo, str. 1 v. 355 e 364) e tra ipponatteo e gliconeo (terzo stasimo, β str. 1 vv. 770 e 777), perché — tra l’altro — compensate dalla prassi del canto e della musica.

Per quanto riguarda, infine, i ritmi κατὰ δάκτυλον, si possono segnalare: (a) i così detti “alcmani archilochei” terminanti in un cretico (L B B L B B L B B L B L) di secondo stasimo, str. 1 vv. 608 e 619 e str. 6 vv. 613 e 624; (b) l’alcmanio di dattili e spondei (secondo stasimo, str. 2 vv. 609 e 620); (c) l’alcmanio olodattilico (str. 3 vv. 610 e 621); (d) l’alcmanio catalettico in syllabam (str. 10 v. 617 e 628); (e) gli hemiepe di secondo stasimo str. 4 e 5 (femminili, vv. 611/2 e 622/3) e 8 (maschili, vv. 615 e 626) con misura non κατ’ἐνόπλιον, ma dattilica in linea con la mise en page dei codici; (f) l’ hemiepes di terzo stasimo, str. α 4 (vv. 751 e 762) anche in contesto gliconico e da non correggere per evitare l’ adiaphoria e la sinafia dell’ultima sillaba, perché si tratta di casi già attestati nella prassi dei poeti lirici e dei commediografi.

Questo in sintesi il volume di M. G. Fileni. Prima di concludere alcune osservazioni.

In primo luogo — come detto — solo in due casi (vv. 751-752, 767-768) l’A. accoglie un testo colometrico che non corrisponde ad alcun codice, per quanto persino concordemente trasmesso da LP. Si tratterebbe allora di due casi di errori colometrici di archetipo al pari di quelli già segnalati per il Reso da G. Pace.10 Il condizionale qui, però, è d’obbligo, perchè si tratta pur sempre di errori non significativi ai fini stemmatici: si giustificano facilmente come i classici errori o di completare una parola piuttosto che dividerla su due cola o di tendere a completare su di un rigo una frase compiuta, ed inoltre sono errori isolati, perché non ritornano anche nei versi in responsione.

In secondo luogo, la vexata quaestio dei rapporti tra L e P. Al riguardo l’A. si esprime con toni prudenti che non si possono che condividere (ved. pp.15-17) e si pronuncia a favore della presenza di un modello comune tra L e P, giungendo così — si osservi — alla stessa conclusione cui è giunta anche G. Pace per il caso del Reso.11 A quanto l’A. argomenta si potrebbero, però, anche aggiungere — leggendo l’apparato — i due soli casi in cui L e P coincidono in variante contro Tr1 e vengono accolti dall’A. nel testo: per la colometria, parodo, mesodo 2-3 vv. 91-92 ἀλλὰ τοῦ ποτ’ ἐν χερὶ σᾷ / κομίζεις κόρους νεοτρεφεῖς; φράσον codd. LP et Fileni: ἀλλὰ τοῦ ποτ’ ἐν / χερὶ σᾷ κομίζεις κόρους νεοτρεφεῖς; φράσον Tr1; per il testo, si tratta di v. 372 κακόφρων LP et Fileni: κακόφρον Tr1. Ed ancora il caso già segnalato (vv. 611-612 in responsione con vv. 622-623) in cui l’A. ha optato per P contro L: evidentemente, se P è testimone sano di un testo colometrico che L conserva in modo errato, allora P non potrebbe essere stato copiato su L, ma sul modello comune. Di tutto questo ulteriore materiale abbastanza significativi soprattutto il caso della variante colometrica dei vv. 91-92 e dei vv. 611-612 con 622-623: per i vv. 91-92 già Tr1 aveva pensato che il sintagma χερὶ σᾷ non fosse al giusto posto quanto alla colometria e così lo aveva cerchiato, mentre solo Tr3 l’ha riscritto sul margine, in testa al v. 92; per i vv. 611-612 la variante non è isolata, ma confermata anche dalla responsione dei vv. 622-623.

Infine l’apparato colometrico. Esso registra in modo fedele e completo le varianti presenti nei testimoni utilizzati. Solo in due casi manca di dar conto del comportamento di un ms: 1) secondo stasimo, str. 4-5 vv. 611-612, prima della variante tricliniana, bisogna aggiungere “coniungit L”; 2) secondo stasimo, str. 4-5, vv. 622-623, prima della variante tricliniana, bisogna aggiungere “coniungit L”. Ma che si tratti solo di una svista di registrazione, lo si capisce dal fatto che l’A. stessa riferisce e discute di queste due varianti in sede di commento (ved. p.58).

Di contro, forse, un apparato positivo, al posto di quello negativo, sarebbe stato ancora più perspicuo almeno per i casi in cui le varianti dei codici si intrecciano con i numerosi interventi di Triclinio (ad es. per i vv. 626-627 o 628-629), oppure, più in generale, per i pochi casi già segnalati in cui non viene accettato il dettato dei due codici (vv. 751, 767-768) o si accetta la lezione di uno solo di essi (vv. 611-612, 622-623, 626-727, 628-629).

Parimenti, si sarebbe potuto anche pensare di raccogliere le annotazioni di interpretazione metrica e/o prosodica fatte da Demetrio Triclinio (ad es. τροχαικά. τ in margine alla parodo o συνίζησις sul θεῶν di v. 364 o ἴαμβος sul v. 109 od anche στροφή in testa a v. 748) nonché le sue cancellazioni e/o riscritture e/o trasposizioni colometriche (ved. ad es. secondo stasimo, ad v. 609, 615, 618, 629; terzo stasimo, ad vv. 751-752; quarto stasimo, ad v. 902), non all’interno del semplice apparato critico-testuale, che ne risulta disomogeo, ma piuttosto in un apposito livello di apparato, sulla falsa riga, ad es., dell’apparato “Triclinius” proposto da Kannicht nella sua edizione dell’ Elena o di quello “Numeri” voluto da Collard per le Supplici di Euripide.12

Infine, sarebbe forse più semplice riportare sempre (e soltanto) nell’apparato colometrico le note relative all’impaginazione colometrica dei codici o delle edizioni (non è fatto così, ad es., per parodo, vv. 86-87, 90-92).

Notes

1. Il primo volume della collana è apparso nel 2001: Euripide, Reso. I canti, a cura di Giovanna Pace (I canti del teatro greco 1). Ved. S. Delle Donne, “In margine ad un’edizione colometrica dei cantica del Reso di Euripide”, Rudiae. Ricerche sul mondo classico, 16-17, 2004-2005, Tomo I pp. 171-208.

2. Nel riportare e nel calcolare i casi di interventi colometrici operati da Wecklein come dagli altri editori, vengono computati una sola volta i cola /versi in responsione, e, per convenzione, questi ultimi vengono qui riportati di seguito uniti da una “e”. I 19 casi di Wecklein in questione sono i seguenti: parodo: v.81 e 102, v. 82 e 103, v. 86 e 107, v. 87 e 108, v. 90, v. 91, v. 92; primo stasimo: v. 375, v. 376; secondo stasimo: v. 608 e 619, v. 609 e 620, v. 611 e 622, v. 612 e 623, v. 615 e 626, v. 616 e 627, v. 617/8 e 628/9; quarto stasimo: v. 892 e 901, v. 893 e 902.

3. I 44 casi di interventi di Murray sono in ordine: parodo: v. 81 e 102, v. 82 e 103, v. 86 e 107, v. 87 e 108, v. 90, v. 91, v. 92; primo stasimo: v. 358 e 367; v. 359 e 368, v. 360 e 369, v. 361 e 370, v. 371, v. 372, v. 374, v. 375, v. 376; secondo stasimo: v. 608 e 619, v. 609 e 620, v. 611 e 622, v. 612 e 623, v. 615 e 626, v. 616 e 627, v. 617/8 e 628/9; terzo stasimo: v. 748 e 759, v. 749 e 760, v. 755 e 766, v. 756 e 767, v. 770 e v. 777, v. 771 e 778, v. 772 e 779; quarto stasimo: v. 892 e 901, v. 893 e 902, v. 894 e 903, v. 895 e 904, v. 898 e 907, v. 899 e 908, v. 900 e 909, v. 910 e 919, v. 911 e 920, v. 912 e 921, v. 913 e 922, v. 917 e 926, v. 918 e 927.

4. Pearson si allontana da Murray e si allinea alle scelte di Wecklein solo per il quarto stasimo (vv. 892, 893, 894, 895 e 901, 902, 903. 904; vv. 898, 899 e 907, 908; vv. 910, 911, 912, 913 e 919, 920, 921, 922; vv. 917/8 e 925/6), mentre ha in più la sua propria scelta editoriale dei vv. 615-616 e 626-627.

5. Méridier presenta una colometria diversa da Murray solo a quarto stasimo, v. 893; mentre ha in più rispetto a Murray: primo stasimo, v. 356 e 365, v. 377, v. 378, v. 379, v. 380.

6. Garzya in particolare ha le stesse varianti colometriche di Murray, tranne a v. 371, v. 372, v. 374, v. 375. Ha in meno rispetto a Murray: quarto stasimo: v. 898 e 907, v. 899 e 908.

7. Per Diggle (ma anche per Wilkins) si tratta in ordine di: parodo: v. 81 e 102, v. 82 e 103; v. 90; v. 91; v. 92; primo stasimo: v. 356/7 e 365/6; v. 358 e 367; v. 359 e 368; v. 360 e 369; v. 361 e 370; v. 371; v. 372; v. 374; v. 375; v. 376; v. 377; v. 378; v. 379; v. 380; secondo stasimo: v. 608 e 619; v. 609 e 620; v. 611 e 622; v. 612 e 623; v. 615 e 626; v. 616 e 627; v. 617/8 e 628/9; terzo stasimo: v. 748 e 759; v. 749 e 760; v. 755 e 766; v. 756 e 767; v. 770 e 777; v. 771 e 778; v. 772 e 779; quarto stasimo: v. 892 e 901; v. 893 e 902; v. 894 e 903; v. 895 e 904; v. 896 e 905; v. 898 e 907; v. 899/900 e 908/9; v. 910 e 919; v. 911 e 920; v. 912 e 921; v. 913 e 922; v. 915 e 924; v. 916 e 925; v. 917 e 926; v. 918 e 927).

8. Kovacs, in particolare, ha le stesse varianti di Diggle, tranne a: parodo v. 82 e 103, v. 90, v. 91, v. 92; primo stasimo: v. 376; secondo stasimo: v.616 e 627, v. 617/8 e 628/9; quarto stasimo: v. 892 e 901, v. 893 e 902, v. 896 e 905, v. 897 e 906, v. 911 e 920, v. 912 e 921. Di contro, presenta in più rispetto a Diggle varianti colometriche in ordine a: parodo: v. 75/6 e 95/6, v. 86/7 e 107/8.

9. Per convenzione si usa L come segno di lunga e B come segno di breve.

10. Per il Reso, si tratta di vv. 46-47, 689 e v. 912/3. Ved. Euripide, Reso. I canti, a cura di Giovanna Pace, cit., pp. 22 (app. colometrico), p. 49 (app. colometrico) e p. 61 (app. colometrico). Ma G. Pace (pp. 9, 34-35) ha potuto anche individuare esempi di ‘colometria parallela’ ovvero di varianti colometriche equipollenti: 1) vv.342-343 in responsione con vv.351-352; 2) vv. 349-350 in responsione con 358-359.

11. Ved. Euripide, Reso. I canti, cit., pp. 10-15.

12. Euripides. Helena, hrsgb. von R. Kannicht, B. ι Heidelberg 1969, spec. pp. 20, 102 e ad es. pp. 140-141; Euripides. Supplices ed. by Ch. Collard, voll. ι Groningen 1975, spec. pp. 44, 46 e ad es. pp. 54, 56.