BMCR 2002.05.39

Dión de Prusa. Discursos I-LXXX

, Dión de Prusa. Discursos I-XI. Bibliotheca Clasica Gredos . Madrid: Editorial Gredos, 1988. 547 pages. ISBN 9788424912659.
, Dión de Prusa. Discursos XII-XXXV. Bibliotheca Clasica Gredos . Madrid: Editorial Gredos, 1989. 503 pages. ISBN 9788424913885.
, Dión de Prusa. Discursos XXXVI-LX. Bibliotheca Clasica Gredos . Madrid: Editorial Gredos, 1997. 374 pages. ISBN 9788424918453.
, Dión de Prusa. Discursos LXI-LXXX. Bibliotheca Clasica Gredos . Madrid: Editorial Gredos, 2000. 319 pages. ISBN 9788424922580.

Questi quattro tomi, che presentano finalmente completa, dopo dodici anni dalla comparsa del primo, la traduzione dei discorsi di Dione di Prusa, vengono ad arricchire la madreilena ‘Biblioteca Clásica Gredos’, che, con i suoi oramai circa trecento volumi (alcuni davvero di grande pregio ed utilità), offre un validissimo contributo nella diffusione dei classici greco-latini, molti dei quali poco conosciuti o mai tradotti in una lingua moderna (dispiace che tra le scelte editoriali non vi sia quella di stampare il testo originale a fronte).

È questo il caso di Dione di Prusa, che, letto e studiato nel tardo-antico, ma molto apprezzato già dai contemporanei, dai quali meritò l’appellativo di crisostomo (‘Bocca d’oro’), risulta essere tra i grandi assenti in Italia (assieme ad autori altrettanto avvincenti ed importanti per la loro testimonianza) rispetto, ad esempio, a scrittori, come Plutarco, del quale avremo ben presto due edizioni dei Moralia (una nel Corpus Plutarchi Moralium dell’editore D’Auria di Napoli, l’altra del Pisani nelle Edizioni ‘Biblioteca dell’Immagine’ di Pordenone). Non che manchino versioni di singole orazioni o gruppi di orazioni (si veda l’importante traduzione francese dei discorsi Bitinici (38-51) ad opera di M. Cuvigny, Ann. Litt. Univ. Besançon 520: diff. Les Belles Lettres, 1994), ma su qualcuna di esse è legittimo nutrire realmente seri dubbi.1 L’opera, dunque, di G. Morocho Gayo e G. del Cerro Calderón deve riguardarsi come una bella novità nel panorama delle traduzioni dal greco, dal momento che le uniche versioni moderne dell’intero corpus dioneo erano finora rappresentate da quella inglese in cinque volumi di Cohoon-Crosby a fronte del testo greco nella ‘Loeb Classical Library’ e dalla tedesca (non più disponibile) di W. Elliger (Zürich: Artemis, 1967).

Lo scopo di questa edizione è chiaramente divulgativo: ogni orazione è preceduta da una breve introduzione col sunto dello scritto e i principali problemi critici. Ciascun volume è corredato di un utilissimo indice dei nomi; completa l’ultimo tomo la traduzione dei frammenti di tradizione indiretta, le cinque epistole attribuite a Dione negli Epistolographi Graeci di Hercher e le testimonianze sulla vita e sull’opera. Il testo seguito è quello già citato di Cohoon-Crosby, almeno da come si legge a p. 125 del tomo I e a confrantare l’intera traduzione spagnola con l’originale greco (G. del Cerro Calderón omette, infatti, di dichiarare a quale edizione si sia attenuto).

A voler soppesare le responsabilità dei due traduttori, va detto che, seppure al secondo dei curatori spetta l’onere maggiore del lavoro, è fuor di dubbio che il volume curato da G. Morocho Gayo, a fronte delle numerosissime imprecisioni e sviste, risulta essere di gran lunga superiore. Nell’ampia ‘Introdución general’ (pp. 7-126), sulle orme del vecchio, ma fondamentale Leben und Werke des Dio von Prusa del von Arnim (Berlin, 1898) e del Dione di Prusa del Desideri (Messina-Firenze: D’Anna, 1968), si legge un esaustivo profilo dell’autore (che, a detta del curatore, non ha mai goduto di molta attenzione in Spagna) con un breve giudizio sull’opera, sulla lingua e lo stile. Più particolareggiato è il cp. III dedicato alla ‘Historia de la Transmisión Textual’ (pp. 61-104), in cui il Morocho Gayo ricostruisce le vicende del corpus di Dione a partire dai contemporanei fino alle testimonianze più recenti di Fozio, Areta e della Suda, arricchito dall’elencazione dei manoscritti dionei e da una breve, ma utile rassegna dello status degli studi sulla tradizione del testo.

Proficuo risulta pure il cp. IV relativo alle traduzioni e diviso per le diverse aree linguistiche (si riscontra, naturalmente, maggiore accuratezza nella sezione delle versioni spagnole; è, invece, del tutto assente la sezione italiana) e quello successivo relativo alla sopravvivenza di Dione nell’Umanesimo e nel Rinascimento e alla sua influenza in Spagna.

La ‘Bibliografia’ offre in nove pagine (117-125) un quadro cronologico delle edizioni di Dione (sia complete che parziali) e una scelta, in verità molto selettiva, di monografie e studi. Nella traduzione, che procede scorrevole e lineare, Morocho Gayo segue il testo della Loeb (senza, però, perdere di vista il ricco apparato critico del von Arnim), propendendo, talora, per la lezione dei codici, come è elencato a p. 125, o avanzando le nuove interpretazioni di p. 126, discusse nelle singole note a piè di pagina. Queste, poi, risultano ben informate e bibliograficamente aggiornate.

Al contrario, la versione, anch’essa lineare e corretta, di G. del Cerro Calderón segue acriticamente l’edizione Loeb, risultando molto vicina alla traduzione inglese sia nella scelta dei vocaboli, che nella punteggiatura; lo stesso dicasi per le note, strettamente informative, a piè di pagina, e le introduzioni alle singole orazioni, eccessivamente sintetiche, che trascurano tutti gli apporti bibliografici successivi.

Per fare un esempio sconcertante, la traduzione delle orazioni XXXVII e LXIV, ormai pacificamente attribuite a Favorino di Arles, è condotta senza tener minimamente conto dell’edizione di riferimento del Barigazzi (Firenze: Le Monnier, 1966), né dei numerosi contributi (testuali ed esegetici) che hanno visto luce in questi ultimi tempi.2 E così, solo per mantenersi ai margini, nella Corinthiaca continua ad essere riproposta la vecchia ed errata identificazione del re Filippo di § 41 con Filippo II, laddove, invece, si tratta di un aneddoto relativo a Filippo V, figlio di Demetrio II l’Etolico.3 Se, poi, nell’introduzione al discorso 37 si legge, quantomeno, che l’opera è unanimamente attribuita a Favorino (errati, comunque, sono i limiti cronologici proposti: 85-143 d.C.4), nella premessa al De fortuna (Ps.-Dio Chrys., or. 64) del Cerro Calderó si limita unicamente a ricordare che ‘este segundo discurso sobre la Fortuna ha concitado algunos debates sobre su autenticidad’ (p. 31), senza fare mai il nome di Favorino, anzi, a giudicare dai riferimenti nelle note esplicative (p. 34, n. 1), finendo in pratica con l’attribuire il pezzo a Dione.

Non si capisce, infine, perché il traduttore non abbia inserito tra i frammenti dionei anche i resti papiracei conservati nella Pap. 2823 del British Museum, noti al pubblico a far data dal 1930.5

Un grande iato, dunque, è quello che si apre tra i lavori dei due curatori spagnoli. È forse da rimpiangere che l’intera opera non sia stata portata a termine dal solo Morocho Gayo.

Notes

1. Cf. E. Amato (2000), ‘Il futuro di Dione Crisostomo: in margine ad una recente edizione’ in E. Amato, A. Capo e D. Viscido (edd.), Weimar, le Letterature Classiche e l’Europa del 2000, Salerno, 277-307.

2. Un aggiornamento alquanto selettivo si legge in A. Barigazzi (1993), ‘Favorino di Arelate’, ANRW II, 34/1, 580-1. Vedi, ora, E. Amato (1995), Studi su Favorino. Le orazioni pseudo-crisostomiche, Salerno, 107-110; id. (2000), ‘Favorino, Sul ‘proprio’ esilio’, ZPE 133, 43-50.

3. Vedi G. Prestiani Giallombardo (1985), ‘Nota a Favorin. Corinth. 41′, QUCC n.s. 20/2, 19-27.

4. Per una nuova discussione, vedi E. Amato (2000), ‘Cristoph M. Wieland lettore di Luciano e l’identità del filosofo celta οὐκ ἀπαίδευτος τὰ ἡμέτερα di Herc., 4′ in Weimar, le Letterature Classiche e l’Europa del 2000, in part. 87-127.

5. Cf. H.J.M. Milne (1930), ‘Papyri of Dio Chrysostom and Menander’, JEA 16, 187-192; più di recente, M.T. Luzzatto (1992), ‘De servitute et libertate (PBr Libr inv. 2823)’ in Corpus dei Papiri Filosofici greci e latini, I/1, Firenze, 44-45.