BMCR 2021.12.28

Von Picus bis Licinius: historischer Kommentar zu den “Chronica urbis Romae” im Chronographen von 354

, Von Picus bis Licinius: historischer Kommentar zu den "Chronica urbis Romae" im Chronographen von 354. Roma Aeterna, 11. Stuttgart: Franz Steiner Verlag, 2021. Pp. 410. ISBN 9783515128759. €76,00.

Il volume di G. Pfund, pubblicazione della tesi di dottorato dell’autore, si configura come un ampio e dettagliato commento storico dei cosiddetti Chronica urbis Romae, anonima cronaca di IV secolo in cui si narra la storia di Roma dalle sue origini mitiche alla morte di Licinio (324 d.C.). Scopo del commento è la sistematica analisi delle notizie presenti nei Chronica nel tentativo di valutare la loro storicità e rintracciare l’origine delle tradizioni storiche confluite nell’opera.

Negli ultimi anni la cronachistica latina e greca ha conosciuto un periodo di rinnovato interesse presso gli studiosi, con la pubblicazioni di numerosi ed importanti volumi; gli stessi Chronica urbis Romae sono stati oggetto di due edizioni, accompagnate entrambe da un commento: l’edizione dello storico canadese Richard W. Burgess (Roman Imperial Chronology and Early-Fourth-Century Historiography.The Regnal Durations of the So-called Chronica urbis Romae of the Chronograph of 354, Stuttgart 2014)  e quella curata da Bruno Bleckmann, Jan-Markus Kötter, Mehran A. Nickbakht, In-Young Song e Markus Stein (Origo Gentis Romanorum. Polemius Silvius. Narratio de imperatoribus Domus Valentinianae et Theodosianae (Kleine und fragmentarische Historiker der Spätantike B5–7), Paderborn 2017) che Pfund però, a causa di una sfortunata tempistica editoriale, non è riuscito ad integrare a pieno nel proprio commento.[1] Inserendosi in questo florido filone di studi, quindi, il presente commento si confronta direttamente con il lavoro di Burgess nel tentativo di approfondire, ampliare e in alcuni casi correggere l’analisi dei Chronica offerta dallo storico canadese, cui l’autore, per sua stessa ammissione, è comunque profondamente debitore. In dialogo costante con il commento di Burgess, quindi, ma lungi dall’essere un lavoro privo di un’autonoma linea interpretativa, il commento di Pfund presenta alcune importanti differenze: innanzitutto l’autore rifiuta, a mio avviso giustamente, la classificazione dei Chronica come “breviarium” proposta dallo storico canadese, adottando invece quella tradizionale di “cronaca”. In secondo luogo il commento, dall’approccio più storico che storiografico, è caratterizzato da un raggio di indagine decisamente più ampio rispetto a quello di Burgess, incentrato prevalentemente sull’analisi delle varie notizie cronologiche.

Il volume si apre con il testo latino, secondo l’edizione di Mommsen (Chron. Min. I, MGH, Auct. Ant. 9, 1892, 141-148)[2], e una ineccepibile traduzione. Nonostante l’autore indichi puntualmente nel commento le varianti presenti nelle altre edizioni dei Chronica, a mio avviso sarebbe forse stato preferibile adottare come base testuale l’edizione di Burgess, decisamente più sistematica nelle scelte rispetto a quella del filologo tedesco.[3] Questo non inficia tuttavia l’ottima qualità del lavoro, il cui fine evidentemente non è la redazione di una nuova edizione critica ma, come detto, la stesura di un dettagliato commento storico. Quest’ultimo è suddiviso in cinque capitoli.

Il primo consiste in una breve ma esaustiva introduzione generale ai Chronica, alla loro trasmissione manoscritta e alle varie edizioni.

Il secondo capitolo è incentrato invece sulle prime tre sezioni dell’opera (Origo gentis Romanorum, reges Albani, e reges Romanorum), dedicate al periodo mitistorico che va da Picus, figlio di Saturno e primo re italico, a Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma.

Nel terzo capitolo Pfund si sofferma poi sul periodo repubblicano, che nella cronaca è trattato sommariamente con un elenco di 26 “dittatori” (Nomina dictatorum). Come giustamente evidenziato dall’autore, il termine dictatores doveva essere inteso nel più generico significato di uomini celebri che in età repubblicana rivestirono cariche o ruoli di grande rilievo: solo dieci dei ventisei personaggi citati, infatti, furono effettivamente nominati dittatori.

Il quarto capitolo del commento è dedicato alla parte più rilevante dell’opera, ossia la storia imperiale da Cesare a Licinio (Imperia Caesarum). Sebbene Pfund commenti con dovizia di particolari ogni singolo fatto riportato dai Chronica, ad essere trattati in modo particolarmente dettagliato sono le notizie che anche all’anonimo autore di IV secolo dovevano sembrare più rilevanti: la durata dei singoli regni, i congiaria, l’attività edilizia imperiale a Roma e la morte degli imperatori. Attraverso il confronto con le diverse fonti, Pfund dimostra in maniera convincente come i Chronica siano un’opera di grande utilità storica, principalmente per le informazioni legate ai congiaria. Anche le notizie circa la durata dei regni dei singoli imperatori, nonostante varie e a volte gravi imprecisioni, si rivelano mediamente più attendibili di quelle fornite dalle cronache e dai breviaria coevi, soprattutto per il periodo della cosiddetta “anarchia militare”.

Il quinto ed ultimo capitolo, infine, riassume quanto emerso nelle pagine precedenti e offre alcune interessanti riflessioni conclusive sul genere stesso della cronaca e, soprattutto, sulle possibili intenzioni del suo redattore. Pfund sostiene che i Chronica furono composti con l’intento primario di celebrare e mantenere viva la memoria della grandezza di Roma, in un periodo in cui la città aveva perso la propria posizione di prestigio: il resoconto dettagliato dei ricchi congiaria, dei numerosi edifici realizzati dagli imperatori e dei prodigi verificatisi mirava quindi a stupire il lettore, ravvivando il ricordo del glorioso passato dell’urbe. La tesi è sicuramente condivisibile, ma rimangono a mio avviso da chiarire i criteri di scelta del materiale narrato: perché ad esempio dedicare tanto spazio all’attività edilizia di Domiziano e non menzionare nessuno dei numerosi edifici realizzati da Augusto? O ancora, perché ricordare il rapporto incestuoso di Caracalla con la madre e non fare cenno al rapporto incestuoso di Caligola con le sue sorelle? Questo problema, che accomuna molte delle cronache greche e latine, è probabilmente destinato a rimanere senza risposta, ma meriterebbe indubbiamente un’analisi più approfondita.

Nel complesso, quindi, il volume di Pfund riesce nel suo intento, configurandosi come un lavoro di straordinaria sistematicità. Ciò che caratterizza il presente commento è infatti un immenso lavoro di Quellenforschung: per verificare la correttezza storica dei dati riportati nella cronaca Pfund si è avvalso di un’impressionate gamma di fonti, che utilizza con grande competenza. La parte più cospicua delle fonti analizzate è indubbiamente costituita da quelle letterarie, soprattutto cronache ed opere storiografiche, ma importanza tutt’altro che secondaria è riservata anche alle fonti archeologiche, numismatiche (fondamentali per l’indagine delle notizie legate ai congiaria) e papiracee.

È proprio questa sistematicità nel lavoro di ricerca che fa del volume di Pfund un commento storico imprescindibile per chiunque voglia studiare i Chronica urbis Romae.

Notes

[1] L’edizione critica di Bleckmann et al., a mio avviso la migliore, è stata infatti pubblicata quando il presente commento era ormai in gran parte concluso. Se ciò a posteriori appare un limite, non è evidentemente imputabile all’autore e soprattutto non compromette in alcun modo il valore complessivo del lavoro di Pfund.

[2] Il testo riportato nel volume di Pfund presenta un errore a pag. 18 (habitaverant al posto del corretto habitaverunt).

[3] Oltre alla già citata edizione di Burgess, Pfund ha consultato per il proprio lavoro anche le seguenti edizioni: Karl Frick, Chronica minora Bd. 1, Leipzig 1892, pp. 111-122; Roberto Valentini e Giuseppe Zucchetti, Codice Topografico della Città di Roma, Roma 1940, pp. 266-281; Bruno Bleckmann, Jan-Markus Kötter, Mehran A. Nickbakht, In-Young Song e Markus Stein, Origo Gentis Romanorum. Polemius Silvius. Narratio de imperatoribus Domus Valentinianae et Theodosianae (Kleine und fragmentarische Historiker der Spätantike B5–7), Paderborn 2017, su cui però cfr. nota 1. Pfund attribuisce erroneamente anche a Burgess le lezioni Marcius Philippus e Servius Tullius presenti nel testo di Mommsen (pp. 58-60): Burgess, infatti, nella propria edizione mette a testo le varianti Mancius Philippus e Servilius Tullius, correggendole però nella sua evidentemente epesegetica traduzione (Burgess 2014 p. 146f).