BMCR 2012.04.15

Hadrianus. P.Monts.Roca III. Orientalia Montserratensia, 5

, , Hadrianus. P.Monts.Roca III. Orientalia Montserratensia, 5. Barcelona: Consejo Superior de Investigaciones Científicas; Publicacions de l'Abadia de Montserrat, 2010. 143; 11 p. of plates (pb). ISBN 9788498833263.

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Quanta carica innovativa sia racchiusa in un volumetto di meno di centocinquanta pagine e dal titolo stringato, Hadrianus. P.Monts.Roca III è cosa che il lettore – sia egli un papirologo, un paleografo, un linguista, uno storico, o uno storico della letteratura o del diritto romano –, sorpreso e affascinato, noterà non appena si sarà catapultato tra linee della letteratura latina costrette al silenzio per forse troppo tempo. Probabilmente, poi, si domanderà il perché di questo silenzio, ma le vicende dell’imperatore lo avvolgeranno e lo guideranno ad altri interrogativi, siano questi relativi alla storicità della trama narrata, dell’isola di Lycaonia o di Recio Varo, o alle fonti di un componimento che ha tutta l’aria di un testo di scuola; e, forse, penserà che l’imperatore poematis dilector di Floro1 e che ricercava interlocutori privilegiati per le sue discussioni grammaticali in Terenzio Scauro2 e Velio Celere3 ben si prestava ad essere manipolato da fili retorici ed avvolto in maglie letterarie.

L’ Hadrianus non è forse null’altro che il ‘gioco’ di un grammaticus, un prodotto basso dal punto di vista letterario e stilistico, ma interessanti questioni di ordine storico e di storia delle fonti ne emergono;4 si tratta di soltanto alcune delle pagine di un codice di studio di piccolo formato con testi in greco e latino, non di lusso ma ben curato dal punto di vista librario, frutto dell’operazione scrittoria di una sola mano.

È nella Prefacio di Pius-Ramón Tragán (9-11) che il volume viene inquadrato tra gli Orientalia Montserratensia, quinto della serie in un puntuale alternarsi (dal 2006) di studi papirologici ed edizioni di cataloghi dei manoscritti in lingua orientale dell’Abbazia di Monserrat, specchio delle figure complementari che ne hanno riunito il patrimonio, il papirologo e classicista Ramón Roca-Puig, da un lato, e l’orientalista ed esegeta, P. Buenaventura Ubach.

Una breve Introduction (13-15) è il luogo in cui gli editori, Juan Gil e Sofía Torallas Tovar, presentano le linee dell’unico testo del Codex Miscellaneus della collezione papirologica Roca-Puig dell’Abbazia rimasto così a lungo inedito, testimone unico di un racconto che parte dalla giovinezza dell’imperatore Adriano, un racconto «deliberately or unconsciously» (13) bruscamente interrotto nel codice attraverso l’apposizione di un colofone.

Il problema delle origini dell’insieme dei testi del codice e della possibile assegnazione ad una biblioteca monastica dell’Alto Egitto viene ripreso nel Cap. I, The Montserrat Codex Miscellaneus (Inv. nos. 126-178, 292, 338) (18-31), attraverso una sensibilmente arricchita ‘variazione su tema’ delle linee precedentemente tracciate nell’edizione del testo stenografico del manoscritto stesso,5 dal momento che, per la prima volta, vengono qui inquadrati nelle vicende del codice due documenti dell’archivio personale di Roca-Puig, due lettere dell’estate del 1955 segno della corrispondenza con Padre Sylvestre Chaleur, direttore dell’ Institut Copte del Cairo, trascritte (25-27) e riprodotte nelle tavole alla fine del volume (IX-XI). La storia del codice viene ripercorsa dall’acquisto di Roca-Puig su mercato antiquario al Cairo di una serie di frammenti alcuni dei quali si rivelarono appartenere allo stesso insieme di altri pezzi che egli stesso acquistò, nel 1973, attraverso scambi con la Fondation Bodmer di Cologny ed uno della collezione della Duke University (il fr. inv. no. 798). Presentato il manoscritto dal punto di vista codicologico, prima, e contenutistico e paleografico, poi, l’attenzione viene focalizzata sulla vistosa varietà di testi che vi si coagulano: dalla letteratura latina pagana (le Catilinarie ciceroniane6 e due prodotti di scuola, l’anonima Alcesti in esametri7 e l’ Hadrianus 8) a testi liturgici cristiani in latino e greco (un inno alla Vergine, l’ Anafora e raccolte di preghiere9), fino ad una lista di parole ed un disegno su un episodio mitologico di controversa interpretazione.10 Si tratta, del resto, di un quadro che permette agli editori di introdurre la spinosa questione sull’analogia paleografica e contenutistica con un’altra miscellanea di ambiente scolastico, il codice Chester Beatty AC 1499̣11 e sulla possibile appartenenza del codice di Montserrat ai documenti dell’archivio di Dishna, frutto di rinvenimenti, nel 1952, in Tebaide, nei pressi di Atripe e Pbow (dove è documentata la presenza dell’ordine monastico pacomiano), la maggior parte dei quali furono acquistati da Martin Bodmer e Sir Chester Beatty e che hanno come denominatore comune la convivenza di letteratura classica (Menandro, Omero, Achille Tazio), biblica e cristiana e materiale documentario e scolastico (con esercizi di grammatica, lessicografia e matematica), in latino, greco e copto.

Aver, però, messo in rilievo la relazione tra il codice di Montserrat ed i papiri della collezione Bodmer è cosa che va più indietro di questo studio sull’ Hadrianus : ai riferimenti bibliografici bisognerà aggiungere uno studio di Paolo De Paolis, in cui si evidenzia come, in entrambi i casi, ci si trovi dinanzi a testimoni di pratiche didattiche ed interessi culturali di comunità cristiane dell’Egitto tardoantico, un

ambiente cristiano lontano dai circuiti ‘ufficiali’ della circolazione libraria, che provvedeva autarchicamente a riunire in un unico supporto librario testi di diversa natura).12

Leggere le differenti conclusioni di De Paolis e Gil e Tovar sull’identificazione del Dorotheus menzionato in due tabulae ansatae con indicazione di explicit del codice (è lo stesso di PBodm. 29?), induce ad una sospensione di giudizio, o piuttosto alla necessità di approfondire l’indagine.

Il Cap. II è una Linguistic description of the text (33-43), ripercorrendone particolarità ortografiche (i.e.: omissione dell’aspirata), fonetiche (i.e.: monottongazione del dittongo ae; confusione tra v e b; omissione della – m in fine parola; scempiamento consonantico), morfologiche (i.e.: fluttuazione dei generi; il grecismo Hadrianos a 1, 1 e 2, 2?), sintattiche (i.e.: preposizioni costruite con casi errati; povera sintassi verbale), ci si sofferma anche su peculiarità lessicali (i.e: l’accezione di paganus, su cui si veda 40; l’interessante predilezione di deportare a 1,9; 2, 11-12; 3,9 per relegare propria di età imperiale ma anche del lessico giuridico di Dig. 48, 19, 4, su cui si veda 41) che fanno approdare a conclusioni, oltre che sulla scarsa competenza linguistica del compilatore del testo, su elementi propri di specificità diatopiche e diacroniche del latino dell’autore e di uno scriba «careless and untidy» (42), nel tentativo di leggere in modo più complesso (e ‘parlante’) quelli semplicemente etichettati come ‘errori’.13

Le linee narrative vengono tracciate nel Cap. III, The plot of Hadrianus: Historical analysis (45-69), dalla gioventù dell’imperatore e al suo intrecciarsi con la sinistra figura di Recio Varo, un personaggio la cui storicità sembra verisimile (102) ma che indossa vesti da cinico, fisiche quanto morali, dalla barba alla ἀναίδεια, dalla bisaccia alla αὐθάδεια e che innesca reminiscenze delle biografie di Apollonio di Tiana, di Secondo, di Peregino, dei martiri cristiani (50-51). Acutamente gli editori mostrano al lettore come corruzioni testuali possano inficiare l’analisi della trama narrativa e di dati più propriamente storici (è il caso del patrimonio di Varo, 46; o del tipo di tributo rimesso a Colonia, 57-60: un reditum perennis fluminis ? o un reditum ripariensem o ripensem ?), fusi a elementi topici della retorica (è il caso della Ringkomposition della trama, che molto ha di διηγήματα mitologici) ed esemplari ( clementia e liberalitas di Adriano, ed iniziative populiste ascrivibili piuttosto a Traiano e la cui esemplarità avrebbe potuto riflettersi sul successore, 103-105; o la menzione di un’isola Lycaonia che quasi livella l’esilio di Varo alla passio di Sant’Eugenia, 46-48).

Mettere in rilievo gli elementi più problematici del testo (ma intriganti agli occhi tanto del paleografo e papirologo quanto dello storico e dello storico della letteratura e lingua latina – c’è da sottolinearlo), l’innegabile sapore aneddotico degno di «popular folktales» (71) più che di fabulae Milesiae ed il gioco antitetico tra l’esemplarità morale dell’imperatore e la negatività di Recio Varo è focus dell’articolazione dei Literary remarks on the tale of Hadrian (71-78) del Cap. IV, naturale premessa al Cap. V, Hadrian in literature: myth and reality (79-105).

Quest’ultimo è un capitolo di particolare importanza: l’ Hadrianus di Montserrat viene messo in parallelo con tre testi di evidente matrice scolastica, che lasciano trasparire come le province di lingua greca dell’Impero abbiano mantenuto un vivo ed esemplare ricordo dell’imperatore Graeculus ( HA Hadr. 1, 5): le Hadriani Sententiae degli Hermeneumata,14 l’ Altercatio Hadriani cum Epicteto e la Vita Secundi. La presenza nell’ Hadrianus anche del testo di una lettera dell’imperatore al Senato apre agli editori una riflessione sul genere dell’epistolografia apocrifa, fino a toccare la questione non soltanto relativa alla lettera di Adriano alla madre della quattordicesima delle Sententiae degli Hermeneumata, ma anche quella dell’epistola (in greco! e di dubbia autenticità) dell’imperatore ad Antonino Pio del PFay. 19 (P. Chicago O.I. inv. 8349 = P.Bacchias 7: un esercizio scolastico o l’inizio di una biografia sotto forma epistolare?15).

Se elementi linguistici riconducono ad espedienti testuali di IV secolo (si veda la Peregrinatio Etheriae o Itinerarium Aegeriae) e la copia non può essere paleograficamente e codicologicamente datata prima che a questo stesso arco cronologico, Gil e la Torallas Tovar avanzano la possibilità che l’originale – di cui il testo di Monserrat non sarebbe che una versione abbreviata – sia di fine II-inizi III secolo (102-103).

Dopo una serie di chiarimenti sui criteri editoriali (107-108) e la non secondaria puntualizzazione relativa al ricorso in sede di restituzione testuale ad una serie di «plagulae chartaceae» (107) di Roca-Puig, dell’ Hadrianus è data una trascrizione diplomatica (109-116), corredata di un apparato nel quale vengono segnalati gli emendamenti al testo tradito, emendamenti che vengono, invece, riportati in sede dell’edizione vera e propria (117-120); segue, poi, una traduzione in lingua inglese, con note di commento storico, linguistico e letterario (121-126).

Il volume è corredato di un Index of Latin Words (127-133), di una Bibliography (135-143), divisa tra Abbreviations (135) e References (136-143) e di undici tavole a colori in ottima risoluzione, di cui le prime sette sono le pagine del manoscritto contenenti l’ Hadrianus (foll. 162 r -165 v) e le restanti tre le già menzionate lettere dell’archivio di Roca-Puig.

Notes

1. Da Carisio è nota un’opera Ad divum Hadrianum di Annio Floro, in cui l’imperatore viene denominato appunto poematis dilector; si veda K. Barwick, Flavii Sosipatri Charisii Artis grammaticae libri V, Lipsiae, 1964 2, 66, 11; 177, 13.

2. Si veda Carisio, 271, 10-18 Barwick, cit.

3. Si confronti Prisciano nelle sue Institutiones, GL III 547, 12; sui gusti letterari e sulla propensione per studi grammaticali di Adriano si confronti anche HA Adr. 14, 8; 16, 18; 20, 2. Alla questione si fa cenno in M. De Nonno, Et interrogavit Filocalus. Pratiche dell’insegnamento ‘in aula’ del grammatico, in L. Del Corso – O. Pecere (edd.), Libri di scuola e pratiche didattiche. Dall’Antichità al Rinascimento. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Cassino, 7-10 maggio 2008), Cassino 2010, 190-191 n. 66.

4. Prime – ed uniche a me note – riflessioni sul testo dell’ Hadrianus sono state presentate da J. Velaza, Hadrien, personnage littéraire: à propos de P. Monts. Roca III al XII e Colloque International de l’Histoire Auguste (Nancy, 2-4 juin 2011); ringrazio l’autore per avermi passato in lettura il testo, benché inedito.

5. S. Torallas Tovar – K.A. Worp, To the Origins of Greek Stenography. P.Monts.Roca I, Barcelona 2006 (15-24); è cosa precisata dagli stessi Gil e Torallas Tovar (18 n. 1). Si veda MP 3 2752.1 = LDAB 552.

6. MP 3 2921.1 = LDAB 552.

7. MP 3 2998.1 = LDAB 552; per aggiornamenti bibliografici, si veda ora sull’ Alcesti : Alcestis Barcinonensis

8. MP 3 2998.11 = LDAB 552.

9. LDAB 552.

10. MP 3 2916.41 = LDAB 552.

11. MP 3 2161.1 = LDAB 3030. Resta di riferimento A. Wouters, The Chester Beatty Codex AC 1499. A Graeco-Latin Lexicon on the Pauline Epistles and a Greek Grammar, Leuven – Paris 1988.

12. P. De Paolis, Cicerone nei grammatici tardo antichi e altomedievali, «Ciceroniana» 11 (2000), 46 n. 25.

13. Sarà di giovamento inquadrare le particolarità linguistiche dell’ Hadrianus non soltanto nella sfera del ‘latino tardo’, ma anche nella complessa dimensione rintracciata da J.N. Adams, The Regional Diversification of Latin 200 b.C. – a.D. 600, Cambridge 2007.

14. In merito si aggiunga almeno G. Flammini (ed.), Hermeneumata Pseudodositheana Leidensia, Monachii et Lipsiae 2004.

15. MP 3 2116 = LDAB 1078.