BMCR 2010.01.10

Ovid Revisited: The Poet in Exile

, Ovid Revisited: The Poet in Exile. London: Duckworth, 2008. xii, 292. ISBN 9780715637838. £25.00 (pb).

Il volume di Jo-Marie Claassen, il cui titolo vuole essere un omaggio, come chiarisce l’Autrice stessa nella Prefazione, all’ Ovid recalled di Wilkinson edito nel 1955, dal quale comunque dissente fortemente per la svalutazione dell’opera ovidiana dell’esilio, tratta un argomento cui la Claassen, professore di Latino a Stellenbosch fino al 2001, ha dedicato un ventennio di studi competenti e appassionati (l’acrostico Roma-amor stampato sulla copertina interna costituisce emblematica testimonianza di questa passione per lo studio della latinità), iniziati con la sua dissertazione del 1986, dal titolo Poeta, exul, vates: a stylistic and literary analysis of Ovid’s Tristia and Epistolae ex Ponto, e culminati poi nel volume di più ampio respiro del 1999 Displaced persons: The Literature of Exile from Cicero to Boethius edito a Londra per i tipi di Duckworth (il volume è recensito piuttosto favorevolmente su questa stessa rivista da G. Kelly: vd. BMCR 2001.12.21).

Come spiega la Claassen nella breve Prefazione sono qui ripubblicati con pochissime variazioni saggi e recensioni che hanno visto la luce in riviste scientifiche di ben otto diverse nazionalità, preceduti da un rapido schizzo biografico sull’autore: si trattava in origine di venti articoli e recensioni (l’elenco completo con i titoli originali e la sede della prima pubblicazione è fornito alle pp. XI-XII), che sono stati tagliati e rielaborati in modo da costituire la materia di sette capitoli, a loro volta articolati in brevi paragrafi, al fine di offrire una visione d’insieme della produzione ovidiana dell’esilio anche ad un pubblico di non specialisti.

Dopo una Introduction (divisa in 6 sezioni, pp. 1-28), che prende in considerazione il ‘fenomeno della popolarità continua’ di Ovidio nei secoli e illustra poi l’importanza della cronologia nella lettura delle poesie dell’esilio, fornendo un breve riassunto del contenuto delle elegie dell’esilio, i temi trattati sono, nell’ordine, i seguenti: cap. 1. Persons and personalities (che comprende i saggi: Error and the imperial household: an angry god and the exiled Ovid’s fate, e Ovid’s wavering identity: personification and depersonalisation); 2. Poetic nequitia : the constant factor (articolato in: Structure, chronology, tone and undertone: an examination of tonal variation, e A stylistic and literary analysis of Ex Ponto 3.3: Praeceptor amoris or praeceptor Amoris?); 3. Ovidius poeta (che comprende: Carmen and poetics: poetry as enemy and friend; Metre and emotion; Ovidian Lautmalerei); 4. Ovidian logodaedaly (The vocabulary of exile; Exsul ludens: punning and word play; Word-order and placement as a key to meaning); 5. Myth metamorphosed: Ovid’s use and re-use of mythology (articolato in 11 sottosezioni: Ovid, myth and intertextual allusion; Scholars’ time and poet’s themes; Myths featured in Tristia only; Tristia 2 and the catalogue of myths; More frequent figures; A pattern emerges; A new system of ornament?; Dominant themes and mythical identifications; The great omission; The singular myth; Statistical play); 6. Ad nostra tempora: Ovid today (che comprende Mutatis mutandis: the poetry and poetics of isolation in Ovid and Breytenbach, e Living in a place called exile’: the universals of the alienation caused by isolation). Infine una serie di recensioni a volumi recenti sull’esilio ovidiano, ripubblicate in un Excursus finale col titolo complessivo di Ovidian studies today (alle pp. 229-251).

Come si vede, la Claassen, muovendo dalla valutazione iniziale della considerazione del rapporto di Ovidio con l’imperatore e riflettendo sul significato più profondo da attribuire alla poesia di esule emarginato, si focalizza poi soprattutto su un’articolata disamina dell’ars ovidiana quale tecnica espressiva nel momento particolare dell’esilio, al fine di dimostrare come il traumatico evento biografico non abbia in alcun modo inficiato le capacità artistiche dell’autore, che peraltro lamenta invece a fini patetici l’impossibilità di gestire il lavoro tecnico dell’ars, il labor limae di ascendenza callimachea. Particolare attenzione viene prestata alle sfumature dialettiche ed espressive dettate dal suo humour onnipresente, alla sua raffinata competenza metrica e verbale, ai giochi di parole e, last but not least, all’ancora pervasiva presenza dell’immaginario mitico, che allusivamente si confronta con altri poeti e soprattutto con l’Ovidio del passato, che non aveva ancora subito la metamorfosi dell’esilio. Noto che sono riproposte in questa sezione anche alcune ipotesi esegetiche che ritengo difficilmente condivisibili, in quanto indimostrabili: per es. l’equivalenza prosodica di Livor, l’invidia personificata che tormenta l’esule, con nomi come Caesar e Livia fa supporre più volte (alle pp. 43, 87, 133) alla Claassen che quando Ovidio lamenta l’invidia dei contemporanei alluda cripticamente ad Augusto o alla sua sposa: una maggiore attenzione alle tematiche dell’ Ibis nel corso del volume avrebbe contribuito, a mio avviso, a mettere in luce la rispondenza di questo motivo ad una tradizione non solo callimachea (vd. p. 133), ma anche collegata a motivi della poesia giambica : basti ricordare le analisi di M.W. Dickie, The disavowal of invidia in Roman iamb and satire, Papers of the Liverpool Latin Seminar, III, ed. by F. Cairns, Liverpool 1981, pp. 183-208, delle quali ho tenuto conto nel discutere queste problematiche in ‘Le tentazioni giambiche del poeta elegiaco: Ovidio esule e i suoi nemici’, in R. Gazich (a cura di), ” Fecunda licentia” Tradizione e innovazione in Ovidio elegiaco, Atti delle giornate di studio. Università Cattolica del Sacro Cuore, Brescia-Milano 16-17 Aprile 2002, Milano 2003, 119-149, poi anche nel volume Il parto dell’orsa. Studi su Virgilio, Ovidio e Seneca, Bologna Patron 2008, pp. 79-101. Infatti tra i ‘tonal shifts’ dei quali si discute a pp. 55 ss. manca appunto quello dell’invettiva, intesa in termini di polemica letteraria sostanziata di modelli aggressivi, quali Archiloco o Ipponatte: per esempio le metafore agonistiche di cui si discute a p. 55 s. a proposito di Trist. 4, 9 si spiegano bene, a mio parere, in relazione ad un’ispirazione giambica.

Al fine di chiarire ulteriormente gli aspetti della tecnica poetica di Ovidio esule, la Claassen fornisce in appendice due utili Tavole, una dedicata alle statistiche sul lessico ovidiano della poesia dell’esilio (pp. 261-264), l’altra a ‘The Pattern of Myth in the Tristia and Epistolae ex Ponto’ (pp. 265-283): quest’ultima appare la più interessante, perché ci mette in grado anche di ‘visualizzare’ e di quantificare in termini statistici come i temi mitici cari all’Ovidio romano siano ancora ben presenti e vitali nell’Ovidio tomitano.

Come si evince dall’articolata e complessa griglia tematica, che emerge dai titoli dei capitoli e dei paragrafi che ho voluto prima riprodurre per esteso proprio per dimostrarne la ricchezza e la sottile tessitura argomentativa, il volume ripropone una linea interpretativa della Claassen studiosa ovidiana, che ben conosciamo, e che ha conquistato legittimamente un suo spazio nella critica ovidiana del nostro tempo; prevale un approccio anche emozionale e simpatetico all’opera del poeta ed una valutazione, che tende a marginalizzare l’indagine filologica ed intertestuale a tutto vantaggio di quella intratestuale, come mi sembra di poter emblematicamente dedurre dalle parole che chiudono una recensione al volume di commento al primo libro delle ex Ponto, curato da Gaertner. Sostiene infatti la Claassen a p. 245: “I mantain, however, that Ovid also imbued his work with the urgency of intensely-felt personal experience and that analysis of such emotional content is a legitimate, worthwhile -and necessary- critical exercise.”

Comunque il mio compito in questa recensione non mi sembra tanto quello di delineare l’approccio critico della Claassen quanto di valutare le caratteristiche complessive di un volume nel quale vengono riorganizzati studi già precedentemente editi: la Claassen nella Prefazione sostiene che quest’opera ha lo scopo primario di rendere accessibili materiali presenti in sedi disparate e soprattutto di offrirli “in a palatable form, also for non specialists, with a minimum of references to the secondary material”. In quest’ottica divulgativa è senz’altro apprezzabile la presenza costante di traduzioni latine, ma mi lascia perplessa l’assenza di una Bibliografia, anche molto ridotta, ma comunque sistematicamente elencata in calce al volume. Le citazioni bibliografiche presenti qua e là nel corso delle trattazioni appaiono desultorie e non rispondono ad un preciso criterio, cosa importante, a mio parere, per un’opera che si ponga anche un fine divulgativo e quindi, si auspica, propedeutico per avviare a studi più sistematici ed approfonditi: l’indice finale alla voce Authors (‘critical, modern’: p. 285) vede infatti accostate personalità critiche molto diverse e studi, non solo ovidiani, di importanza e carattere piuttosto eterogeneo. Per fare un solo esempio, un’omissione rilevante, in un volume in cui tanto spazio viene offerto ai fenomeni fonolinguistici, mi sembra che sia costituita dall’assenza dello studio di J. Wills, Repetition in Latin poetry: figures of allusion, Oxford -New York 1996, dove il lettore trova materiali di confronto con molti altri autori latini, a dimostrazione che la poetica ovidiana si sostanzia di una tradizione latina complessa, ricca ed articolata.

Del resto la stessa Claassen mi sembra comunque ben consapevole (vd. p. IX) che i capitoli 3 e 4, quest’ultimo tecnico fino dal titolo (‘Ovidian logodaedaly’), non possono certo considerarsi consoni ad un approccio di taglio divulgativo: in questo caso l’assenza dell’apparato ‘erudito’, costituito dalle note, provoca a mio parere due conseguenze negative, perché priva, da un lato, i testi dei necessari aggiornamenti bibliografici, così importanti e numerosi per un autore studiato come Ovidio, dall’altro rende la valutazione dei fenomeni linguistici limitata sul piano dell’intertestualità a causa dell’asistematicità e della sporadicità di riferimenti ad altri autori antichi. Le note servono appunto, a mio avviso, per permettere una duplice possibilità di lettura: il lettore ‘comune’ si limiterà al testo, il lettore ‘impegnato’ àricorrer erà anche alle note per ottenere dimostrazione e documentazione di quanto affermato nel testo.

Pur con qualche riserva che ho evidenziato, il volume si raccomanda comunque per l’ampio spettro di argomenti trattati, per la sensibile lettura di molti luoghi ovidiani, per l’attenzione verso i fenomeni linguistici, per la convinzione, che condivido pienamente, che Ovidio esule non sia poeta solo monotono e monocorde.