BMCR 2007.05.31

The Origin of the History of Science in Classical Antiquity. Peripatoi. Philologisch-historische Studien zum Aristotelismus, 19

, The Origin of the History of Science in Classical Antiquity. Peripatoi. Philologisch-historische Studien zum Aristotelismus, 19. Berlin: Walter de Gruyter, 2006. xii, 332. €98.00.

L’emergere della storia della scienza come disciplina autonoma nell’ambito delle riflessioni che gli antichi Greci svolsero su origini, elementi e forme di ciascuna attività umana: a questo tema è dedicata la monografia di Leonid Zhmud (d’ora in poi Z.) qui recensita. Essa si articola in otto capitoli più una introduzione (pp. 1-22) ed è in chiusura corredata di tre utili apparati, Sources (pp. 309-311), Bibliography (pp. 312-320) e General index (pp. 321-331). Alcune sezioni (quelle indicate a p. VIII) includono versioni rielaborate di articoli precedenti, senza tuttavia pregiudicare l’unitarietà del volume.

Lo spettro cronologico dell’indagine di Z. è compreso tra i racconti mitici, agli albori della letteratura greca, su dèi, eroi ed esseri umani distintisi come πρῶτοι εὑρεταί, e l’opera di erudizione scientifica (storie dell’aritmetica, della geometria, dell’astronomia), di Eudemo di Rodi, discepolo di Aristotele. Ma ciò non significa che il IV secolo a.C. costituisca il limite in basso della riflessione sulla storia della scienza greca. Tutt’altro: difatti, la monografia si apre con una panoramica sulla storiografia della scienza greca dal Rinascimento fino, grosso modo, al metodo storico-filologico di matrice positivistica del XIX secolo — materia, com’è evidente, amplissima e meritevole di una trattazione a sé stante, ma che necessariamente qui viene condensata nelle prime dieci pagine —, e si chiude con una rapida incursione nel ‘dopo Eudemo’. Il capitolo finale (“Historiography of science after Eudemus: a brief outline”, pp. 277-308), è dedicato alla nascita e sviluppo, a partire dal III secolo, della biografia filosofica e della dossografia scientifico-filosofica, con un’appendice, nell’ultimo paragrafo, sull’elaborazione che di questo genere letterario proposero gli Arabi contestualmente alle loro traduzioni delle opere di autori greci (la cosiddetta translatio artium, per cui cfr. pp. 297-308).

L’idea di fondo di Z. (anticipata già alle pp. 16 ss.) è che la storia della scienza, a partire dai discepoli diretti di Aristotele, ha un andamento, allo stesso tempo, ciclico e progressivo: ogni scienziato e filosofo, infatti, riceve in eredità dalla generazione a lui precedente problemi ormai risolti per i quali l’indagine dossografica impone un ripensamento critico, insieme ad altri ancora da risolvere, ma le cui possibilità di soluzione dipendono alla fine dall’effettivo stato delle conoscenze. Nella sezione che segue darò una breve informazione sui capitoli 1-7, mettendone in rilievo alcuni aspetti, limitatamente alla mia competenza.

Il primo capitolo (“In search of the first discoverers: Greek heurematography and the origin of the history of science”, pp. 23-44), è centrato sugli inizi della storia della scienza in Grecia prima del V secolo. Originariamente l’eurematografia non gode di uno statuto epistemologico autonomo e sue tracce si possono scorgere nella poesia epica, principalmente, ma non solo, nell’epica omerica ed esiodea. Ora, il contesto generale dell’epica determina molto spesso uno sconfinamento dell’eurematografia nella mitografia: infatti, in un mondo che si ritiene popolato da dèi ed eroi, diventa abbastanza naturale considerare questi come πρῶτοι εὑρεταί per eccellenza o, al contrario, elevare ogni ‘primo inventore’ al rango di divinità. Un processo di ‘laicizzazione’ della nozione di πρῶτος εὑρετής inizi soltanto quando i filosofi e gli scienziati greci oltre ad interrogarsi su chi fosse stato effettivamente il primo inventore di un oggetto, di un’arte, di una tecnica, si posero domande esplicite sull’origine delle singole conoscenze e abilità nonché sul modo in cui le si potesse trasmettere e insegnare. In tal modo, i Greci per primi ebbero chiara consapevolezza del significativo apporto allo sviluppo delle scienze e delle arti dato da altre civiltà, in particolare l’egizia e quelle del Vicino Oriente che lo stesso Erodoto nelle sue Storie tende a presentare come Kulturträger (pp. 34-43).

A partire dalla seconda metà del V secolo la riflessione di filosofi e scienziati sul concetto di τέχνη (definita sulla base delle seguenti quattro caratteristiche: utilità, rispondenza a un scopo prestabilito, specialismo, trasmissibilità per insegnamento, cfr. p. 46 s.), determina ricadute importanti anche nel campo della ricerca eurematografica. Tra le τέχναι prese in esame nel secondo capitolo (“Science as τέχνη : theory and history”, pp. 45-81), spiccano la medicina e la matematica. Per quanto riguarda la prima, Z. si sofferma (pp. 54-60) sui capitoli 3-12 del trattato ippocratico De vetere medicina, dove la storia di quest’arte (e in modo particolare della dietetica) viene tendezialmente fatta coincidere con la storia del progressivo incivilimento umano. Per la matematica, invece, Z. prende in esame il Περì μαθημάτων del pitagorico Archita (pp. 60-65; 71-73). Entrambi questi testi possono essere a buon diritto considerati come modelli ante litteram della moderna Kulturgeschichte. Ma la loro somiglianza non si limita a questo soltanto. Infatti, l’autore ippocratico e Archita sono sostanzialmente d’accordo sul medesimo punto, ossia sulla superiorità di un metodo di ricerca ( ὁδός) basato piuttosto sulla τέχνη che non sulla τύχη (cfr. e.g. Hipp. VM 12,2; e le osservazioni di Z. a pp. 67-70). Un simile pensiero, tuttavia, non è estraneo ad altri sofisti del V secolo e, sia pur con ulteriori sviluppi, ricorre più tardi anche in Isocrate, le cui idee su civiltà e barbarie Z. espone nella parte finale del capitolo (pp. 71-81).

Il terzo capitolo (“Science in the Platonic Academy”, pp. 82-116), è integralmente dedicato all’immagine della scienza in Platone e nella sua scuola. Qui, notoriamente, per la prima volta la scienza non è più vista come pura τέχνη, ma come ἐπιστήμη ed è il metodo matematico ad essere assunto come modello critico-conoscitivo. Un altro fatto rilevante per l’organizzazione delle scienze, verificatosi all’interno dell’Accademia, è che discipline quali l’aritmetica, la geometria, l’astronomia, la teoria musicale, fino ad allora considerate soltanto τέχναι, vengono adesso organizzate sotto la categoria generale di μαθήματα per l’esattezza e la chiarezza che le caratterizzano. Furono, però, gli immediati successori di Platone (Speusippo, Senocrate, Filippo di Opunte), a dare sistemazione all’ultima fase, quella matematizzante, del pensiero del maestro, accentuandone soprattutto l’influenza pitagorica. Ciononostante, l’orientamento generale dell’Accademia è piuttosto verso la ricerca scientifica che non l’indagine storiografica, tanto che le fonti sulla storia delle discipline matematiche nella scuola di Platone sono ad essa posteriori: la Storia dell’Accademia di Filodemo, trasmessaci dal PHerc. 1021, in cui Platone viene presentato come ‘architetto delle scienze’ (pp. 87-89) e il Catalogo dei geometri, scritto probabilmente all’interno di un circolo neoplatonico (cfr. al riguardo le notizie fornite da Z. nel paragrafo 3 del quinto capitolo), che ricostruisce sub specie Academiae la storia della matematica (pp. 89-104).

Con il quarto capitolo (“The historiographical project of the Lyceum”, pp. 117-165), si entra nel vivo di questa monografia: lo sviluppo che alla storia della scienza impressero Aristotele e la prima generazione dei suoi allievi, Eudemo, Teofrasto, Aristosseno e Menone. Z. illustra per prima cosa la classificazione aristotelica delle scienze ( ἐπιστῆμαι) e delle attività intellettive ( διάνοιαι) in tre grandi gruppi, πρακτικαί, ποιητικαί e θεωρητικαί, quale risulta dal libro E della Metafisica (pp. 122-125); quindi, passa ad esaminare il progetto storiografico del Liceo, concernente non solo la ἱστορία in senso stretto (si pensi alla Costituzione di Atene e agli altri progetti di Costituzioni, discussi a pp. 138 ss.), ma anche altre discipline come la matematica, la fisica, la teologia. È, infatti, da questa ricerca sull’origine o ἀρχή di alcune dottrine e, più in generale, di ambiti disciplinari che successivamente, con la seconda generazione di peripatetici, viene a organizzarsi la dossografia (Z. prende qui in esame lo scritto di Teofrasto Φυσικῶν δόξαι e la Collezione medica di Menone, pp. 140-146). In generale, la storiografia della scienza peripatetica si caratterizza per 1) ordinamento sequenziale di tipo cronologico; 2) riferimenti, di volta in volta, al πρῶτος εὑρετής; 3) iniziale tendenza alla distinzione tra le diverse scuole filosofiche.

I capitoli dal quinto al settimo riguardano la figura di Eudemo di Rodi come storico rispettivamente della geometria, dell’aritmetica e dell’astronomia. La materia del quinto capitolo (“The history of geometry”, pp. 166-213), è organizzata su due piani: quello prettamente filologico, dove vengono esaminati sia i frammenti di Eudemo di Rodi relativi alla geometria (pp. 169-179) che il Catalogo dei geometri (pp. 179-190; di esso Z. discute la storia del testo insieme alle diverse ipotesi circa il suo autore, propendendo infine per Porfirio, cfr. 186-188); e quello storico-filosofico; la seconda parte del capitolo (pp. 191-209), infatti, è una storia per problemi della geometria greca da Talete a Eudemo.

Il sesto capitolo (“The history of arithmetic and the origin of number”, pp. 214-227), riguarda un altro scritto di Eudemo, la Storia dell’aritmetica, noto unicamente grazie a una citazione di Porfirio (pp. 214-218); Z. prende in esame anche un frammento de L’aritmetica di Aristosseno citato da Stobeo (pp. 218-224). L’autore ricostruisce il percorso di sviluppo dell’aritmetica che, originariamente legata alle necessità quotidiane del ‘far di conto’, solo successivamente avrebbe adottato la coppia invenzione – imitazione come paradigma didattico-metodologico suo proprio (pp. 224-227).

Il capitolo settimo (“The history of astronomy”, pp. 228-276), illustra la storia dell’astronomia come descritta dall’omonima opera di Eudemo. Essa, infatti, benché tramandataci solo in frammenti da cinque autori della tarda antichità, il più autorevole dei quali è Simplicio, riesce a dare sufficientemente conto dei due principali indirizzi della ricerca astronomica fino a quel momento: quello riconducibile alle indagini dei filosofi e scienziati della Ionia (pp. 238-249), e l’altro influenzato dal pitagorismo (pp. 255-267), cui si deve l’elaborazione di alcuni modelli matematici utili sia per spiegare i movimenti dei corpi celesti che per un più preciso computo degli anni e del ciclo delle stagioni.

In conclusione, si può solo manifestare apprezzamento per il lavoro di Z.; l’abbondante messe di notizie e dati discussi ne fanno un utile strumento per gli studiosi di scienza greca, nei suoi aspetti storico-filosofici come pure strettamente filologici.