BMCR 2007.08.55

Galien. Tome I. Introduction générale. Sur l’ordre de ses propres livres. Sur ses propres livres. Que l’excellent médecin est aussi philosophe. “Collection des Universités de France”

, , , Galien.. Collection des universités de France, Série grecque ; v. 402, 450, 471, 499, 526. Paris: Belles lettres, 2000-2016. volumes 4-6 : illustrations ; 20 cm.. ISBN 9782251005560. €75.00.

Ultimo, in ordine di pubblicazione, dei tre tomi finora apparsi per la progettata riedizione di tutto Galeno nella Collection des Universités de France, quello qui di seguito recensito costituisce in realtà il primo dell’intera opera e per questo, oltre all’edizione critica di De ordine librorum suorum (pp. 1-127), De libris propriis (pp. 129-234) e Quod optimus medicus (pp. 235-314), comprende una corposa introduzione generale (pp. VII-CCXXXVIII), ripartita a sua volta in tre capitoli di lunghezza diseguale: Biographie pp. VII-XC, Histoire du texte pp. XCI Le corpus galénique aujourd’hui pp. CCXXX-CCXXXVIII. Curatrice del presente tomo è Véronique Boudon-Millot (d’ora in poi B.-M.), firmataria insieme a Jacques Jouanna del medesimo progetto di riedizione1 e che ha già dato prova di sé come editore galenico con il tomo II (edizione di Ars medica e Protrettico), con cui nel 2000 si aprì la serie Belles Lettres relativa a questo autore. Informerò dapprima sui singoli capitoli di cui si compone l’introduzione, per poi discutere brevemente l’edizione dei tre scritti galenici.

La difficoltà di tracciare una biografia di Galeno — ad oggi ancora un desideratum della filologia classica (cfr. p. VII s.) nonostante che negli ultimi cinquant’anni siano stati pubblicati utili contributi: quello di G. Sarton del 1954, quello di L. García Ballester del 1972, quello di O. Temkin l’anno successivo, quello di P. Moraux del 1985 e, più recentemente, nel 2003 quello di H. Schlange-Schöningen — consiste non tanto nella disponibilità di fonti, quanto piuttosto nell’analisi critica di ciascuna di esse. Galeno stesso, infatti, seguendo una moda ormai largamente diffusa ai suoi tempi, ci ha lasciato nel De libris propriis un’autobiografia culturale e, in generale, della sua vita si sa molto perché le sue opere abbondano di notizie e particolari aneddotici. Tuttavia, accanto a questo “Galien raconté par lui-même” si deve considerare anche quello riflesso dalle fonti antiche (Alessandro di Afrodisia, Ateneo), tardo-antiche (Oribasio con tutta la schiera dei medici epitomatori, Eusebio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo), bizantine (Teodoreto di Ciro, Giorgio Sincello, Giorgio Monaco, Fozio, il lessico di Suida, Giovanni Tzetzes nonché un paio di epigrammi dell’Antologia Palatina), ed arabe — in parte raccolte da B.-M. in un’opportuna appendice di testimonianze alle pp. LXXX-XC —, le quali propagarono nel corso dei secoli l’eco della fama del medico pergameno. Ora, sceverare in tanta messe di dati ciò che è autentico da ciò che invece è distorto per effetto del peso della celebrità, è compito arduo tanto da indurre B.-M. a limitarsi ai soli avvenimenti della vita e della carriera di Galeno per i quali si può stabilire con qualche esattezza una data: la nascita nel 129 d.C. (pp. χι a tal riguardo B.-M. accoglie la datazione più comune contro la proposta di Walsh di fissarla al 130);2 l’ambiente familiare (pp. χ gli anni della prima formazione in patria, formazione completa e al tempo stesso eclettica così in filosofia come in medicina (pp. χχι l’apprendistato medico durato quasi un decennio, dal 149 fino al 157, durante il quale Galeno viaggiò molto per seguire i corsi dei più importanti professori del tempo, da Smirne dove insegnava Pelope, medico di orientamento ippocratico e discepolo di Numisiano, a Corinto alla scuola di Numisiano stesso che, forse, il nostro non riuscì a conoscere, essendo quegli nel frattempo morto, fino ad Alessandria dove dava lezioni Eracleiano, figlio di Numisiano (pp. χχχιι l’incarico di medico dei gladiatori, ricoperto in patria dall’estate del 157 all’autunno del 161, secondo la cronologia di Ilberg,3 dal settembre del 158 all’agosto del 161, secondo i calcoli di Walsh (pp. χλ il primo soggiorno romano dal 162 al 166, preceduto e seguito da alcune missioni scientifiche in Siria, Palestina, Cipro, Lemno e Licia (pp. χλ il precipitoso rientro a Pergamo e il secondo soggiorno romano a partire dal 169 in qualità di medico personale di Commodo e successivamente di Marco Aurelio (pp. λχ gli ultimi anni di vita e la morte, avvenuta intorno al 215 o, con maggiore probabilità, nel 216 (pp. LXXV-LXXX).

Come afferma B.-M. all’inizio del capitolo di Histoire du texte, uno studio d’insieme della tradizione manoscritta di Galeno è ambizione smisurata per diversi motivi: la vastità del corpus galenico che con i suoi più di 440 trattati, autentici e non, da solo rappresenta un ottavo di tutta la letteratura greca superstite da Omero fino al II secolo d.C.; la conseguente impossibilità di racchiuderlo tutto in un unico e autosufficiente libro-biblioteca, come nel caso dell’ Ἑξηκοντάβιβλος di Ippocrate; il carattere proteiforme della sua trasmissione che annovera manoscritti greci, escerti e riscritture in enciclopedie mediche greche e bizantine, versioni nelle lingue orientali (siriaco, arabo, ebraico, armeno), versioni latine dall’arabo prima ancora che direttamente dal greco, edizioni a stampa; la disponibilità di edizioni critiche non ancora per tutte le opere e, ça va sans dire, di una documentazione a volte lacunosa sul piano filologico-codicologico.4 Ciononostante la sintesi di B.-M. riesce di indubbia utilità e per la dovizia di informazioni bibliografiche e perché, sia pur a grandi linee, ripercorre l’intera storia del testo: dallo scrittoio di Galeno (alle pp. χξιι.-M. spiega come lavorava Galeno, soffermandosi, in particolare, su scrittura stenografica e tecnologia libraria del volumen, fattori che influenzarono la produzione del testo), attraverso i secoli ιιι periodo in cui la circolazione del testo oltre che dalle enciclopedie, è attestata da uno sparuto gruppo di otto papiri, per lo più di contenuto medico-filosofico e farmacologico, fino alle scuole di Alessandria, importante centro di studi filologici, filosofici e medici anche sotto la dominazione araba, e di Ravenna, avamposto di cultura e civiltà greco-bizantina in Occidente; da Bagdad a Costantinopoli dove tra i secoli XII e XV gangli della trasmissione del corpus sono scuole e circoli di lettura e scrittura come quello di Ioannikios (pp. CLXXIV-CLXXXI) e di Demetrio Angelo (pp. ξχξιιι passando per il Medioevo latino e le sue traduzioni (pp. ξχξιχ dai codici greci copiati nel secolo di Bessarione (pp. CLXXXVIII-CXCIII) alle edizioni a stampa del Rinascimento (pp. CCX-CCXVIII) fino agli editori e interpreti dell’età moderna (pp. CCXVIII-CCXXIX).

Il breve capitolo con cui si chiude l’introduzione generale, mira a fare il punto sui principali strumenti e risorse di cui si avvale oggi la filologia galenica.

Passiamo adesso all’edizione dei tre opuscoli. Al De ordine librorum suorum (= OLS) e al De libris propriis (= LP) è riservata un’unica Notice (pp. 3-84) perché a trasmetterci questi due opuscoli bio-bibliografici, una sorta di companion a Galeno scritto dall’autore stesso, sono i medesimi codici greci: l’Ambrosiano gr. 659 del secolo XIV e il Vlatadon 14 del secolo XV, bella scoperta a Salonicco nel gennaio 2005 di Antoine Pietrobelli. Alla Notice seguono il Conspectus siglorum, il testo con traduzione a fronte, le Notes complémentaires, per OLS rispettivamente alle pp. 85-86, 88-102, 103-124, per LP alle pp. 131-133, 134-173, 175-234. La novità sostanziale di questa edizione di OLS e LP rispetto alla teubneriana di Iwan Müller del lontano 1891 sta nel recupero di due porzioni di testo, corrispondenti alle pp. 94,14-98,1 e 152,18-156,11 dell’edizione di B.-M., cadute in lacuna nel manoscritto milanese, ma fortunatamente preservate dal codice tessalonicese. Tuttavia, ciò che di nuovo per OLS ora si legge grazie al Vlatadon 14, in almeno un paio di luoghi, per com’è tràdito, non è affatto perspicuo e richiede qualche emendamento: cfr. p. 96,17-18; 96,24 Ἅπαντα -97,1 λαβοῦσιν. Inoltre, la lettura delle parti di OLS e LP finora rimaste inedite risulta alquanto difficoltosa per le frequenti lacune del Vlatadon stesso, solo in parte sanabili con l’ausilio della traduzione araba di Hunain ibn Ishaq: per es., p. 97,3 Καὶ – 9 οἰκέταις; p. 155,8-10.

Tra gli scritti protreptici di Galeno, il Quod optimus medicus è senz’altro quello che, con chiarezza e brevità, meglio ne dichiara gli ideali e illustra la concezione che egli ebbe dell’ippocratismo. L’operetta prende di mira i medici “moderni”, i quali solo formalmente si dichiarano ammiratori e seguaci di Ippocrate, ma nella pratica trascurano la λογικὴ θεωρία insieme all’arte della prognosi, peccando pure in chiarezza espositiva. La Notice delle pp. 237-278, oltre a dare una serie di informazioni generali sul trattato (collocazione all’interno del corpus galenico, data di composizione, titolo originario così come attestato nei manoscritti greci e nella tradizione araba, analisi e contenuto), dedica quasi una trentina di pagine alla storia della tradizione, sintetizzata nello stemma di p. 279. Dalle ricognizioni di B.-M. risulta che l’intera tradizione greca riposa sul solo codice Laurenziano 74.3 del XII secolo sul quale furono variamente esemplati e gli apografi Vaticano Urbinate gr. 67 del XIV secolo, Marciano gr. App. Cl. V 4 e Parigino gr. 2164, entrambi del XVI secolo, e, per il tramite di un esemplare di stampa perduto, l’edizione principe Aldina del 1525. Al Conspectus siglorum (p. 281 s.) seguono il testo con traduzione (pp. 284-292) e le note (pp. 293-314) che forniscono gli essenziali chiarimenti sul piano critico-testuale, esegetico, storico-antiquario, filosofico-dottrinario.

Due righe ancora sulle scelte editoriali. In generale, B.-M. difende con senso della misura lezioni e passi espunti già dai precendenti editori; nei casi di piccole lacune della tradizione greca, sanabili con l’ausilio della traduzione araba, B.-M. ha deciso di integrare direttamente nel testo le parole mancanti con una retroversione dall’arabo; invece, nei casi di lacune molto più ampie la soluzione adottata è di indicare nel testo greco tra parentesi uncinate la lacuna e riportare, sempre tra parentesi uncinate, la traduzione francese della pericope corrispondente in arabo. In conclusione, il giudizio su questa nuova fatica galenica di B.-M. è (a parte una svista di cui sotto) quello di un’edizione critica condotta con sapienza, dottrina ed equilibrio.

Refusi nel testo greco: p. 96,19 ὕστερόν; p. 143,18 αῦθις; p. 148,15 κεφαλὴν; p. 152,22 ὑπερῶαν. Qualche parola in più per il caso di p. 144,13 ἐξελελεγχθῆναί : così, informa l’apparato critico, legge il Vlatadon e così stampa B.-M. a testo; l’Ambrosiano ha ἐξελεγχῆναί, mentre l’Aldina ἐξελεγχθῆναί. Ora, la lezione del Vlatadon è morfologicamente inaccettabile: un infinito aoristo passivo non può avere raddoppiamento di perfetto; e per di più il raddoppiamento di perfetto richiederebbe una eta al posto della terza epsilon della parola (l’infinito perfetto sarebbe ἐξεληλέγχθαι). Naturalmente la forma ἐξελελεγχθῆναί è priva di attestazioni (cfr. TLG). Si tratta evidentemente di un banale errore di diplografia. A fugare il sospetto di feticismo nei confronti del testimone manoscritto ritrovato e a provare che ἐξελελεγχθῆναί è davvero una svista dello scriba sarebbe bastata una discussione in una nota a parte.

Notes

1. J. Jouanna – V. Boudon, Présentation du projet d’édition de Galien dans la Collection des Universités de France, BAGB 1993, pp. 101-135.

2. J. Walsh, Date of Galen’s Birth, Annals of Medical History 1 (1929), pp. 378-382.

3. J. Ilberg, Wann ist Galenos geboren, Sudhoffs Archiv 23 (1930), pp. 289-292.

4. Ad es., nel Corpus Medicorum Graecorum di Berlino, dal 1914 ad oggi, di Galeno sono stati pubblicati appena diciannove volumi cui se ne devono aggiungere altri otto, quattro del Supplementum e quattro del Supplementum Orientale, nonché ulteriori sette in corso di preparazione; sulla storia di questa iniziativa editoriale cfr., da ultimo, J. Kollesch, Das Berliner Ärztecorpus. Eine Herausforderung für die Klassische Philologie, in C.W. Müller – Ch. Brockmann – C.W. Brunschön (edd.), Ärzte und ihre Interpreten. Medizinische Fachtexte der Antike als Forschungsgegenstand der Klassischen Philologie, München – Leipzig 2006, pp. 7-13.